Prigionieri del nulla, guerrieri fuori legge
Laura Bogliolo
29 gennaio 2002
Senza accusa o status giuridico. Di sicuro afghani per cittadinanza o fede, senza più barba e capelli, con la tuta arancione dei condannati a morte, una gabbia 2,8 m per 2,4 per cella, occhiali neri alla Blues Brothers, cuffie isolanti per riflettere meglio, mascherina alla bocca per non inghiottire le mosche che proliferano sui secchi usati per i bisogni e ''camera con vista'' su un cartello scritto in arabo collocato sulle torrette dei cecchini. Indica la direzione della Mecca, la guida per la preghiera. Sono i prigionieri della base di Camp X Ray nella baia di Guantanamo, a Cuba. Il bottino americano di quasi cinque mesi di guerra all'Afghanistan, il covo di Al-Quaeda, l'Internazionale del Terrore responsabile dell'11 settembre. Centocinquantotto detenuti. Membri di Al-Quaeda? Talebani? Questo gli Stati Uniti ancora non lo hanno deciso. Una cosa è certa. Non sono ''prigionieri di guerra'', di quell'operazione bellica definita dagli Usa ''Libertà duratura'', nella quale, come in ogni ''non-guerra'' che si rispetti, sono entrate in vigore le clausole delle alleanze militari, il Patto del Nord Atlantico e l'art. 5, quello dell'obbligo di mutua assistenza in caso di attacco contro uno degli Stati firmatari. E le madri dei militari italiani lo sanno bene. Guerrieri fuori legge. Il segretario della difesa Usa Donald Rumsfeld lo ha detto chiaramente. Ai prigionieri di Gauntanamo non verrà riconosciuto lo status di ''prigionieri di guerra''. Ai giornalisti durante la visita al campo ha dichiarato che la guerra al terrorismo richiede ''nuovi modi di pensare, nuovi concetti''. George Bush l'ha già fatto. Il 18 gennaio ha coniato per i prigionieri afghani il termine ''combattenti fuori legge'', espressione sconosciuta al diritto internazionale, quello scritto dalla comunità internazionale sui tavoli dell'Onu o delle conferenze post belliche. Beati gli americani, in grado di riscrivere norme e codici sovranazionali senza tanto discutere e perdere tempo. Tutta invidia per gli europei, sull'orlo di una crisi di nervi per la riforma delle istituzioni comunitarie. Imparino dagli Usa. Una frase del capo dello Stato e la storia viene riscritta.
Camp X-Ray, tra marines, cheesecake e polli
Un'isola in un'isola. Off-limits. Accesso riservato ai voli delle forze militari
Usa. Cuba, baia di Guantanamo, Camp X-Ray. Cartelli con la scritta ''Mecca''
sulle torrette dove stazionano i cecchini. Indicano ai prigionieri la direzione
verso cui pregare, cinque volte al giorno. Indossano una tuta arancione, quella
dei condannati a morte, maschera, cuffie, occhiali neri, guanti. I marines
della base assicurano che si tratta della normale attrezzatura riservata ai
prigionieri durante i trasferimenti in aereo. Kevin Wright, americano, esperto
di giurisdizione penale, dichiara che in tali casi vengono usate manette e
non occhiali o cuffie. Le organizzazioni umanitarie parlano, invece, di privazioni
sensoriali.
Occhi: occhiali neri. Secondo fonti della base i prigionieri sono così
vicini che con lo sguardo potrebbero comunicare e darsi segnali per organizzare
una rivolta.
Orecchie: cuffie isolanti. Il motivo: misure standard per prigionieri trasportati
in aerei militari.
Bocca: maschera per evitare il diffondersi di malattie respiratorie. I medici
della base visitano i prigionieri all'arrivo e decidono se mantenere o meno
la mascherina.
Mani: larghi guanti. Perché? Per motivi di sicurezza: impediscono i
movimenti e limitano i tentativi di liberarsi dalle corde che annodano polsi
e caviglie. Per motivi comfort: riparano dalla bassa temperatura che si raggiunge
in volo. Barba e capelli: rasati a zero prima di lasciare l'Afghanistan. Prevenzione
contro la diffusione di malattie. Si sussurra che i prigionieri possano farsela
ricrescere alla base.
Il luogo. Centosessanta celle di detenzione. Un gabbia di 2.8 metri per 2.4
metri. Il tetto è una lamiera di ferro ondulata. Per i bisogni c'è
un secchio. Per dormire un materassino di gommapiuma. Lo stile gabbia da canile
nasce dall'esigenza tempo. Facili e veloci da costruire in attesa della costruzione
di una prigione di mattoni. I lavori di costruzione non sono ancora iniziati.
Neanche la data è stata fissata.
ll kit del Talebano cubano. Una coperta, due secchi (uno per l'acqua, uno
per i bisogni), una bottiglia (1/4 litri), due tute arancioni, un paio di
infradito (made in China), due asciugamani (uno per asciugarsi e uno su cui
inginocchiarsi durante le preghiere), un flacone di shampoo (ma capelli e
barba non ci sono più), una saponetta, una copia del Corano (ma ancora
non è stata distribuita. Gli Usa sono indecisi. Quale è la versione
giusta delle cinque per i prigionieri?), dentifricio, spazzolino senza manico.
Il cibo. Tre pasti al giorno ''culturalmente appropriati'': pane, crema al
formaggio, aranciata, una bottiglia d'acqua, un panino a colazione. Due barrette
di cereali, una bottiglia d'acqua, burro d'arachidi, un pacchetto di patatine,
uva secca a pranzo. Budino di riso, fagioli, pane, acqua a cena.
La giornata: colazione, visita del medico, pranzo, esercizi, l'ora della lettera,
cena. Le organizzazioni umanitarie parlano di condizioni disumane, di gabbie
per polli, di violazione dei diritti umani. Quel che è certo è
che lo scambio culturale c'è stato. I Talebani imparano a mangiare
come i tanto odiati newyorkesi. I marines vanno a lezione di arabo per capire
se vengono insultati dai detenuti e decidere quali punizioni applicare.
Guerra per la civiltà, legge di inciviltà
Terroristi, stranieri, prigionieri di guerra. Gli Stati Uniti possono scegliere.
Il problema è la ''non-scelta''. Nessun crimine è stato ancora
imputato ai prigionieri di Guantanamo. Kevin Wright, esperto di giurisdizione
penale, dopo aver visitato il campo ha dichiarato che ''il trattamento giuridico
riservato ai detenuti non può essere equiparato a quello applicato
ai detenuti delle prigioni americane. Secondo il sistema giudiziario Usa chi
viene arrestato deve o essere accusato di un crimine o rilasciato''. Se sono
terroristi e quindi accusati di ''crimini internazionali'' dovrebbero essere
incriminati davanti ad un giudice e non ad una commissione di tre ufficiali
senza diritto di appello come richiesto da Bush. Se stranieri devono essere
sottoposti alle regole del diritto internazionale privato. Se prigionieri
di guerra devono essere inquadrati in tale status e poi imprigionati o rimpatriati
alla fine del conflitto. Possono dichiarare, se interrogati, solo il loro
nome, grado e numero di matricola. Ma il Pentagono non vuole definirli ''prigionieri
di guerra'' perché i prigionieri di guerra non possono essere interrogati
e fotografati. Gli interrogatori servono per stanare la rete terroristica
che tanto ha resistito all'attacco della potenza militare più forte
del mondo e dei suoi alleati. Le foto hanno un ruolo altrettanto importante
nella guerra dei media: dimostrare il bottino di tanti bombardamenti. Intanto
nessuna traccia di Osama e del mullah Omar forse alla guida di un Harley Davidson
per le dune del deserto saudita. L'anomalia. ''Mai nella storia in una guerra
uno Stato ha avuto prigionieri trasportati in aereo, ma questo non lascia
liberi gli Usa di usare metodi che violano i diritti umani'', ha dichiarato
Eugene Fidell, presidente dell'Istituto nazionale di Giustizia Militare.
Una guerra c'è stata e continua ad esserci. Le prove sono i morti,
le bombe, i profughi e i missili lanciati in Afghanistan. Era la guerra etica,
del Bene contro il Male, prima definita ''Giustizia infinita'' e poi ''Libertà
duratura''. Tutti pronti a punire gli uomini di Al-Quaeda responsabili di
atrocità, ma anche a liberare popoli repressi dalla tremenda legge
talebana. Non sarà che l'11 settembre ha distrutto anche la civiltà
della legge?
UsaGate, da Cuba a Enron passando per Gerusalemme
A colpi di Gate. Guantanamo, Enron e Gerusalemme. Le ultime pagine della storia
americana parlano di una coalizione presidenziale minacciata all'interno e
all'esterno. Il caso Guantanamo fa tremare il team di George W. Bush già
ammaccato per il caso Enron e il Cheney ammutolito. Il vice presidente americano
si rifiuta di parlare e aumenta le chance di una sfida legale del Congresso
nei confronti della Casa Bianca per chiarire come il presidente ha impostato
la sua politica dell'energia. Critiche all'amministrazione Bush anche per
la gestione della crisi in Medio Oriente. La politica dell'honest broker,
del mediatore imparziale, inaugurata dopo l'11 settembre, è fallita.
L'attentato alle Twin Towers aveva spostato l'asse della politica estera Usa.
Al primo posto la collaborazione con i paesi arabi moderati per la lotta al
terrorismo. E poi l'appoggio a Israele. Ma è stato un susseguirsi di
attentati palestinesi in Israele e Bush ha di nuovo lasciato carta bianca
al premier israeliano Ariel Sharon. Negli Usa è polemica tra il ministro
della difesa Rumsfeld, quello della giustizia Aschcroft e Colin Powell. Attento
alle reazioni degli alleati il segretario di Stato americano propone una strategia
diversa per il trattamento dei detenuti di Guantanamo. Ossia, considerare
caso per caso se si possa riconoscere ai detenuti lo status di ''prigionieri
di guerra''. L'opzione non piace a Bush che sceglie la linea dura e un po'
imprudente. Il polverone è stato alzato proprio dall'alleato numero
uno degli Usa.
La Gran Bretagna. Tony Blair è contrario a mandare al patibolo i detenuti
con passaporto inglese . Ancora più netta la posizione della Germania.
Il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer ha dichiarato che ''nella
lotta contro il terrorismo difendiamo anche i nostri valori''. Status di prigionieri
di guerra, quindi, e applicazione della Convenzione di Ginevra. La Francia
ha scoperto che ci sono anche sette connazionali a Guantanamo. Ha inviato
una delegazione a Cuba. Call to these private NZ escorts and ask for a discount.
Intanto fonti dell'esercito americano diffondono una notizia. Alcuni prigionieri
detenuti nella basemilitare statunitense di Guantanamo sono stati sorpresi
a nascondere dei sassi che avrebbero potuto usare come armi contro i soldati
americani. Non sarà l'inizio di un nuova Intifada?
Sì alla Convenzione, no allo status
08-02-2002 - La dottirna Bush è fallita. Gli Stati Uniti hanno riconosciuto
l'applicazione della Convensione di Ginevra sui detenuti di Guantanamo, ma
non sui membri di Al Quaeda. La decisione è stata presa dopo le polemiche
esplose a livello internazionale per il trattamento riservato ai prigionieri
dell'Afghanistan, per i quali il presidente Bush aveva coniato un nuovo termine
di diritto internazionale: ''guerrieri fuori legge'' e non ''prigionieri di
guerra''. Ai detenuti non è stato riconosciuto formalemente lo status
di ''prigionieri di guerra'', ma il sì all'applicazione della Convenzione
di Ginevra apre la strada alle garanzie di diritto internazionale dettate
dal trattato firmato in Svizzera nel 1949 (i detenuti saranno giudicati da
tribunali militari). Il riconoscimento della convenzione è, inoltre,
un monito degli Usa a chi catturi soldati americani, affinché venga
applicato loro il trattato.