La semireclusione *** ***
Io e Nicola
Il tempo
Vorrei poter dire "abbiamo litigato per una notte e poi ci siamo addormentati vicini" vorrei poter dire "abbiamo litigato per ore", ma noi non abbiamo notti e non abbiamo ore. Anche litigare è un lusso da liberi che hanno tutto il tempo che vogliono, mentre per noi il tempo è sempre limitato e sapersi salutare, comunque bene, significa non passare notti insonni.
A noi è vietato il fine giornata, la sera, il momento di rilassamento e riflessione.
Il poco tempo che ci possiamo dedicare fa amplificare le aspettative e le risposte si caricano di tutto il peso della solitudine della notte e di tutte le altre ore del giorno.
La domenica pomeriggio dipingiamo, andiamo a teatro o al cinema, facciamo i dolci, rimettiamo a posto casa. È l'unico momento che dedichiamo interamente a noi. Si concentrano in queste poche ore tutti gli appuntamenti saltati durante la settimana.
Ho le mestruazioni molto dolorose ed in quei momenti ho gran bisogno di compagnia. Mi chiedo quando questo dolore imparerà a seguire i giusti tempi. Dal mercoledì al lunedì dalle 12,40 alle 15,45. Se vuole essere un male più veloce può prendermi per mezz'ora a colazione o per un'oretta a cena.
Leggo molto. Quasi mai davanti a Nicola. Il tempo da passare con lui prevede solo attività da fare insieme. Le azioni di una vita ordinaria davvero non ci appartengono.
Nicola è uscito dalla doccia, dopo essersi asciugato per prima cosa si è rimesso l'orologio e ha detto "sono l'uomo orologio".
Nicola dice "ho sempre l'orologio con me: siamo attaccati"
Nicola fuori, fuori dal tempo
È arrivato il carnevale anche quest'anno. Non per Nicola, non lo sapeva, del carnevale non ricordava più nulla. Mi ha un po' stupito spiegare ad un quarantenne quanto dura il carnevale, l'esistenza del giovedì grasso ...
Rimane sempre stupito del fatto che tutti gli altri aspettando i mezzi pubblici non si mettano a fare "su e giù" ma se ne stiano tranquillamente seduti. Anche Lodovico è piuttosto stupito quando vede i detenuti della cooperativa "fare le righe" nella sala grande quando sono nervosi.
Lascia aperta la porta del frigorifero.
Specialmente i primi tempi camminava molto distante dalle pareti, si teneva distante da tutti gli oggetti della casa.
Abbiamo trascorso un pomeriggio da mia cugina, stavamo decidendo cosa fare insieme, ma era impossibile capire cosa volesse fare Nicola: andavamo troppo in fretta perché riuscisse a prendere una qualsiasi decisione.
Il martedì
Finché vivevo a Latina il martedì
era per me un giorno molto allegro perché era il giorno del mercato
dell'usato, un mercato che mi piace molto. Ora questo giorno ha cambiato
completamente aspetto.
Già dal lunedì sera sento un "brivido blu" per la schiena.
II loro martedì
Mario bada che nessuno gli porti via la parte del giornale con i programmi televisivi: guarderà la TV. Non vuole fare ginnastica perché, mi ha confidato, non vuole fare la vita da carcerato e se ne sta solo in cella.
Gino, me l'ha detto con una faccia triste, si annoia.
Mangiare
Verso la fine della pausa pranzo chiedo spesso: "Cosa mangeremo stasera?". E alla fine della cena chiedo: "Cosa mangiamo domani a pranzo?". Ogni tanto chiedo: "Cosa vuoi per colazione?". Lo vedo solo nelle pause per mangiare. Chiedergli cosa mangeremo è 1'inizio di una nuova attesa.
Mangiare ci dà la possibilità d'incontrarci e ci limita il tempo per le nostre possibilità di vita.
Martedì. Ho fatto colazione leggendo, ho pranzato leggendo e mi sono fatta invitare a cena da mia cugina Lucia. Con Nicola divido soprattutto i momenti in cui si mangia. Questo ci impone 1'articolo 21. E questi sono i momenti più terribili della sua assenza.
Oggi martedì. Ho pensato spesso cosa gli preparerò domani.
Il mangiare ci fa incontrare ed è così radicato che non mangiamo i giorni che non ci incontriamo.
Io in carcere?
Ho fatto miei i ritmi che il carcere mi impone: ho fame alle 12,30 e alle 19,30, mi sveglio la mattina alle 7,50 (ora in cui Nicola arriva a casa).
I giorni della settimana non sono più diversificati come un tempo. Non ho un sabato o la domenica, esiste solo il martedì e tutti gli altri giorni, che sono uguali tra loro.
Gli orari che mi detta il carcere per vedere Nicola sono difficili da conciliare con gli orari di un possibile lavoro. Ci penso spesso con angoscia.
Il martedì mi rovina anche il lunedì sera, lo fa diventare eccezionale e non riesco a godermi la vita ordinaria con Nicola.
Ogni volta che riesco a fare qualcosa di ordinario con lui, come andare in birreria o fare una passeggiata o andare al cinema, è una grande soddisfazione.
Il lavoro
Ricominciare a "vivere" o vivere?
Giovanni è triste, sta per uscire, ma fuori non ha un suo mondo.
Da quando lavora fuori le unghie dei piedi e delle mani gli crescono molto più rapidamente. È successo anche a Tonino.
Dopo un po' che era in articolo 21 Nicola si è scoperto a non fare più il nodo alle lenzuola.
Nicola, la prima volta che si è ritrovato in un cinema con le luci spente e il grande video davanti ha avuto uno smarrimento.
"Certo, anche i rapporti di amicizia sono molto difficili in articolo 21", dice Maurizio, "gli amici vorrebbero uscire con me, ma i miei orari non sono i loro, i miei orari non sono quelli di un libero, così mi cercano per un po', poi si stancano".
Parole oscure
Viviamo sul limite massimo di una barriera e non è strano che non sempre i nostri linguaggi siano intelligibili all'altro.
Noi due e gli altri
Più volte ci siamo chiesti se dirlo ai vicini. Ho paura di spaventare la vecchina di novantadue anni della porta accanto. Ho paura di spaventare la signora sola che la sera si barrica in casa perché "c'è tanta gente cattiva in giro".
Chi invece sa, tende a torturarmi. Mi fanno le domande o le considerazioni più truculente, che non hanno il coraggio di dire a Nicola. Come ad esempio Bernardo che presentandomi alla sua ragazza ha detto: "il suo compagno è un killer".
È difficile che riesca a presentare Nicola alle persone che ci vengono a trovare per trascorrere una serata. Ieri sera, scherzando, ipotizzavamo che questo mio amore fosse solo frutto della mia immaginazione. Mi ha fatto pensare. Le persone in carcere in qualche modo sono delle persone invisibili, chiedersi se effettivamente esistano non è poi così strano.
"Nooooo Nicola non è in carcere, se la sta spassando con due biondone in un bel locale". Questo dicono le persone care che mi vengono a trovare per farmi sorridere dell'assenza di Nicola.
Gli errori di valutazione degli altri:
Il luogo comune vuole che tutto sommato il partner della persona che rientra in carcere la sera viva un senso di tranquillità legato al fatto di non poter essere certo tradita!
Per un po' di tempo ci siamo detti che andava a fare le "notti brave". Si lamentava prima o poi gli sarebbe venuta la cirrosi epatica a bere così tutta la notte ... cerchiamo sempre di ridere delle sue assenze notturne.
È importante salutarsi bene la sera o la notte diventa davvero troppo lunga.
Ieri ho accompagnato Nicola al carcere. Mi è sembrato molto piccolo rispetto al muro di cinta che, invece, era davvero molto alto.
Sorrido dicendomi che Nicola preferisce Franco e Maurizio, suoi compagni di cella, a me. Del resto ha passato molte più notti con loro che non con me.
Di sera Nicola, in un momento non determinato da noi, va in un posto, a me ignoto, dal quale non possiamo comunicare.
Alle nove, mi ritrovo sola a casa. Trascorro tutta la notte da sola fino quasi verso le otto.
Lavare i piatti in realtà è un lavoro che nella nostra divisione dei compiti toccherebbe a lui. Spesso li lavo io, di sera, pur di guadagnare qualche minuto in più di tenerezze.
Una notte ho fatto un grande ritrovamento sul cuscino era rimasto un capello di Nicola. Quella notte lì mi è sembrata di viverla insieme a lui.
Tra i miei sogni c'è quello di poter passare una notte in carcere con lui. Ho pensato anche a mille piani, assolutamente fallibili, sul come riuscirci.
La sera quando non fa troppo freddo lo accompagno al carcere. Vedo Nicola cambiare atteggiamenti man mano che ci avviciniamo. Lo vedo diventare più distaccato.
La sera più triste è quella della domenica. Stare tanto tempo insieme mi fa rilassare e distaccarci diventa terribile.
La sera quando si inizia a preparare per andare via mi comincio a lamentare, ho scoperto che mi aiuta molto, è un rito che mi permette di affrontare il distacco infatti quando non lo faccio il passaggio mi sembra inspiegabile, e dopo mi sento proprio sola.
Per-messo posso uscire?
Quando è in permesso lavora molto di più di quando non lo è. Mi ha confidato che gli piace davvero di più.
In comune Nicola e Giovanni, durante i permessi, hanno il desiderio di fare un bagno.
In quest'ultimo permesso Nicola poteva rientrare alle 24. Alle 22 ha esultato: "Ho superato il muro delle dieci". Per tutta la serata ha fatto commenti per il numero delle persone che vedeva in giro.
Ovviamente, anche se l'orario di rientro era state prolungato, il meccanismo dell'orario non era diverso. Siamo entrati in pizzeria e siamo rimasti solo perché non c'era tanta fila. Con la macchina non ci siamo allontanati molto: avevo paura di perdermi. Abbiamo fatto tutto con un occhio all'orologio.
Il permesso, almeno per noi due, va saputo amministrare. Per non essere troppo doloroso alla fine, deve essere più eccezionale possibile. L'illusione di un vita "normale" è troppo dolorosa quando finisce.
La notte comunque, più di ogni altra cosa, è il tempo in cui il carcere ci sovrasta. La notte in permesso non fa eccezioni. Si può essere svegliati in qualsiasi momento e bisogna essere sempre all'erta a rispondere al citofono. Veramente a qualsiasi ora della notte.
Ad un certo punto si è tolto l'orologio che gli avevano regalato e si è rimesso quello di sempre che segna le ore, i minuti, i secondi. Il permesso era finito.
Nicola in permesso può guidare l'automobile cosa che gli è vietata quando è in articolo 21. Così nascono delle situazioni davvero paradossali delle quali penso che convenga provare a ridere. Nicola sarebbe potuto tornare dal permesso guidando la macchina, ma subito dopo non sarebbe potuto uscire in articolo 21 guidando come era arrivato.
Mi ha raccontato di essere tornato in carcere, alla fine del permesso, con un passo tranquillo. È riuscito subito dopo in articolo 21. Il passo era totalmente cambiato, molto più veloce.
Chi è il mio compagno?
Distacco
Ho imparato a sdoppiarmi nell'attesa di Nicola. Una parte di me aspetta, una parte segue le sua vita. È importante per godermi dopo la sua presenza non caricare d'aspettative il suo arrivo.
Attesa
Vivo sola o con Nicola?
Lo spazio
Quando ho raccontato a Nicola com'era la casa che avevamo affittato gli ho detto: "Una camera piccolina, cucina e bagno". Quando l'ha vista mi ha strillato che per come l'avevo descritta sembrava una cella, è l'unico che la trovi una bella casa.
Casa nostra è così piccola che davvero non riesco a considerarla una casa. Ma per Nicola non è niente male.
Vedere ma non toccare
Paura di sbagliare
Erano le sette di mattina, la guardia nel far uscire Nicola fa un po' di rumore col chiavistello. Marco si alza sul letto e urla "Nicola perché non mi hai svegliato?". Si era dimenticato che era domenica e non poteva uscire.
Una sera per chissà quale motivo non è passato l'autobus delle nove. Ha cominciato da allora ad uscire di casa alle nove meno un quarto. Mi ha chiesto di rimanere a guardare se il pullman delle nove passa ancora o non c'è più. Mi sono chiesta se si fiderà delle mie prove. Paura. Ansia.
La sera quando arriva a Rebibbia mi telefona, dietro a quella telefonata di buona notte c'è il messaggio tranquillizzante che è arrivato in tempo. La paura ha preso anche me.
Franco mi raccontava " Quando ero in carcere, vivevo una situazione di stress diversa da quella che vivo oggi. Da quando ho iniziato ad uscire in articolo 21, ho cominciato a fare attenzione agli orari. Gli orari mi stringono. Sento in continuazione il bisogno di dormire perché lo stress da orari mi fa lavorare troppo il cervello. Quando finalmente di sera potrei dormire non riesco ad addormentarmi perché mi rimane il chiodo fisso degli orari".
Nicola ha fatto un sogno. Il sole lo tradiva, stava su alto nel cielo, ad indicare il pieno giorno mentre l'orologio segnava mezzanotte. Deve rientrare in carcere alle 20. Quattro ore di ritardo, si chiede se è proprio mezzanotte, cerca un telefono per chiedere l'ora esatta. Ma sono tutti occupati. Fa l'autostop per arrivare subito in carcere. Ma nessuno gli dà un passaggio.
Quando finirà?
Tre fogli che mi porto sempre in tasca riassumono la mia attuale condizione reclusiva. Tre fogli dattiloscritti, sui quali sono indicati gli orari che devo rispettare, i luoghi in cui ho l'obbligo di stare e le regole che devo seguire per muovermi: il mio piano trattamentale. Sono indicate anche le persone che posso incontrare, nonché i luoghi dove consumare il pranzo e la cena.
Questi fogli sono a tutti gli effetti il mio carcere. Ma questo carcere ha una peculiarità: è autorizzato anche da me. Mi spiego, i fogli che ho con me sono stati scritti e firmati sia da Direttore del carcere che mi ha in custodia, che dal Magistrato di Sorveglianza, quando vengono preparati seguono un iter abbastanza lungo all'interno degli uffici carcerari e alla fine mi vengono sottoposti per l'accettazione. Il punto è questo: io ho controfirmato questi fogli ed ho quindi sottoscritto un patto con l'istituzione di rispetto delle regole che vi sono indicate.
È indubbio che di fronte al piano trattamentale che ho sottoscritto io mi senta sdoppiato: una parte di me ha sottoscritto il patto, un'altra parte, però, a questo patto ci sta malvolentieri. Mi trovo quindi in una situazione di scissione.
La sera quando invito delle persone a cena, la parte di me alla quale piace conversare, appena finita la cena, si attarda davanti a un bicchiere di vino a parlare con gli altri commensali, discute chiacchiera, ma a un certo punto interviene l'altra parte di me che è guidata dai fogli, che ha interiorizzato il piano trattamentale, acciuffa la parte di me, che sta lì a chiacchierare, le mette il cappotto e la porta giù per le scale.
Riassumendo, una parte di me si attiene alle prescrizioni da me stesso controfirmate, l'altra, al contrario, se ne vorrebbe liberare. Una parte ha coscienza delle prescrizioni, vi si attiene e le segue fedelmente, le ha assolutamente interiorizzate, l'altra si comporta come mossa da una diversa coscienza, ha un'altra percezione della vita che è quella di piacere di stare con gli altri, della voglia di essere libero. Vivo in sostanza un'esperienza che potremmo definire di dissociazione, di scissione, forse dovuta alla condizione di semi reclusione.
Questa esperienza di dissociazione portata all'estremo può essere vista come una condizione di doppia personalità.
Di giorno vivo in un certo modo, di notte invece entro in un altro mondo e vivo in un altro modo. I due mondi sono incommensurabili, sono completamente diversi l'uno dall'altro. Al riguardo potrei portare molte considerazioni che ho raccolto osservando le altre persone che come me vivono questa condizione. Ci sono reclusi che quando escono dal carcere si cambiano d'abito e conducono la loro vita diurna vestiti nel modo più confacente al lavoro che fanno, alle relazioni familiari che hanno, quando rientrano in carcere invece, si cambiano d'abito, si vestono in un altro modo: tutto è cambiato attorno a loro e l'abito che avevano durante il giorno non è più consono alla nuova situazione. Ho notato, anche, come dentro al carcere alcuni parlino in modo completamente diverso da come fanno fuori. E potrei portare altri esempi per mostrare questo "essere doppio".
Il meccanismo di doppia vita, di doppia personalità non è autodeterminato ma è indotto dall'istituzione.
Di giorno ognuno di noi ha un lavoro, io mi occupo d'arte, altri miei compagni producono libri, lavorano in istituti di ricerca ... Di giorno conduciamo, conduco una vita accettata e accolta socialmente, ma quando la sera torno in carcere non sono trattato in base al lavoro, alla personalità che ho di giorno, ma vengo spogliato di tutto e trattato come un detenuto. Al rientro non sono più una persona che si occupa d'arte ... che vive nella società, sono obbligato a vestire un'altra personalità. Per questo dico che il tipo di esperienza che si fa somiglia molto all'esperienza della doppia personalità.
Anche la memoria, in base a questo meccanismo è doppia. Faccio un esempio.
Ho l'obbligo in quanto persona in art. 21, di prendere in giorno di riposo dal lavoro ogni settimana, quindi ogni martedì rimango in carcere. Il mercoledì quando posso nuovamente uscire, sia io che la mia compagna abbiamo il bisogno di ricostruire la memoria del nostro rapporto perché quel giorno in carcere funziona proprio da dimenticanza. Questa è una considerazione che abbiamo fatto dopo più di due anni di questa vita insieme.
In sostanza la semilibertà mi porta costantemente in un gioco di transe, ogni giorno, ogni settimana mi muovo tra linguaggi, personalità, memorie, mondi incommensurabili.
Sono mesi che raccolgo frammenti di discorsi, frasi, atteggiamenti miei, di Nicola e di quanti vivono la nostra stessa condizione. Sicuramente fino a qualche tempo fa non sapevo assolutamente cosa significasse vivere un rapporto di coppia quasi interamente scansionato dal carcere. Immagino che sia stato per questo motivo che per lungo tempo mi sono imposta di non vedere la reclusione di Nicola e la mia. Ovviamente un'operazione di questo tipo non è durata a lungo. Una sera, un po' per caso un po' per gioco, ho cominciato a prendere appunti sulla mia vita, sulla vita di Nicola e di tutte le coppie che si muovono come noi su attimi "rubati" al carcere.
Raccogliere questi appunti è stato per me importante: ho imparato da me stessa, osservandomi, cosa significasse vivere con una persona semireclusa.
Il tempo scelto e il tempo concesso sono due tempi diversi. Avendo poco tempo concesso sono famelica di tempo scelto.
Con due mila lire Nicola vorrebbe pagarci
Con 100 lire ci compra un quaderno.
Tenta di usare il forno con poco successo.
Non sa dove infilare le carte telefonica.
Fa un po' il gradasso di fronte al videoregistratore.
Rimane pietrificato al supermercato quando deve pesarsi da solo la verdura.
Per chi è in articolo 21 c'è 1'obbligo di un giorno di riposo a settimana. Nicola ha scelto il martedì.
Normalmente canticchio sempre qualcosa, il martedì non canto niente.
Nicola si prende le mutande da casa: farà ginnastica.
Con Nicola divido soprattutto i momenti in cui si mangia. Questo ci impone l'articolo 21. E questi sono i momenti più terribili della sua assenza.
Nicola deve consegnare al carcere il suo intero stipendio, alla somma di denaro che consegna vengono detratte le spese per il mantenimento in carcere. Di ciò che ne rimane Nicola può prendere quasi tutto, ma con una limitazione: non più di 50.000 lire al giorno. Siamo stati fortunati, Nicola ha uno stipendio che riusciamo a recuperare interamente in un mese!
Per me, l'unità di misura dei soldi è diventata 50.000: conto sempre facendo dei mucchietti di questa quantità.
Nicola non va a lavorare come tutti gli altri (nemmeno si può dire che ci vada di malavoglia) per lui il lavoro è il carcere giornaliero.
Per uscire dal carcere, dice Nicola, c'è bisogno di un amore.
Devo dare la mobilità.
La matricola mi deve mandare una comunicazione.
Stasera mi devo ricordare di fare la domandina.
Mia madre mi disse che tutti mi avrebbero allontanato.
Ore 24. Non gli puoi telefonare e dirgli che
domani mattina non ti troverà a casa?
Ma se se n'è dimenticato basta che torna
in carcere e la riprende.
Per me ogni sera Nicola muore.
Sto contando i giorni al contrario in attesa di trascorrere un notte insieme a lui: andrà in permesso.
È arrivato un controllo alle due di notte.
Dice " Siamo semiliberi, semicarcerati semi ... semi tutto.
Primo comandamento NON DESIDERARE
Mai desiderare troppo niente che riguardi il carcere.
attendere
tendere i propri desideri
desiderare l'atteso
Attesa leggera
Attesa soffocante
detestabile
troppa
Amore che perdura l'attesa
nell'attendere, nel tendere
il desiderio dell'atteso.
Non so se sono una persona che vive da sola o in coppia. Se mi penso come una persona che vive da sola finisco col sacrificare del tempo che potrei passare assieme a lui. Se mi organizzo come una persona che vive in coppia ogni distacco diventa terribile.
Annamaria mi ha raccontato che quando ha conosciuto Tonino, viveva in una casa davvero molto brutta. Non piaceva a nessuno, a Tonino invece piaceva moltissimo.
Tonino quando era in articolo 21, dopo i primi momenti di felicità, cominciò a soffrire. Una delle sue sofferenze era quella di vedere la vita da liberi e di non poterla fare.
L'articolo 21 o la semilibertà chiudono i corpi in una trappola. All'aumentare belle "libertà" aumenta, di pari passo, la paura di perdere tutto.
Mi sono fatta aiutare a fare i calcoli per sapere
quando uscirà. Fra quattro anni. Però ho paura di contare alla
rovescia. Il tempo passa; ma io dico sempre fra quattro anni.
Fonte: testimonianze pubblicate su La semireclusione, Ricerca
sulle condizioni di vita delle persone detenute ammesse al lavoro esterno
o al regime di semilibertà. A cura di Federica Facioni. Sensibili
alle foglie, 1996.