Verso la regionalizzazione del sistema scolastico?
di Corrado Mauceri, Comitato Scuola della Repubblica

In questi giorni, mentre i governatori del Nord rivendicavano più ampi poteri alle Regioni in materia di scuola, sanità, immigrazione ecc., alla Camera dei Deputati si è svolto un dibattito sulla riforma della Costituzione per certi aspetti singolare, ma soprattutto grave.
Appare sempre più evidente difatti che la maggioranza di governo ha ormai abbandonato ogni suo progetto politico e culturale di riforma istituzionale e, muovendosi nella logica di contendere al Polo l'elettorato moderato, continua a muoversi sul terreno del Polo; critica le rivendicazioni regionalistiche e localistiche del Polo e della Lega e nel contempo alla Camera, in sede di riforma costituzionale, formula proposte sostanzialmente analoghe, ancorché con qualche contraddizione.
La maggioranza di governo, difatti, dopo avere contestato al Polo che l'istruzione pubblica per la sua funzione istituzionale deve mantenere la sua natura statale, ha approvato alla Camera un testo che mantiene allo Stato una competenza legislativa limitata alla "determinazione dei principi fondamentali" e demanda alle regioni ogni altra competenza legislativa in materia e l'esclusiva competenza regolamentare ed amministrativa.
In sostanza lo Stato avrebbe una competenza limitata alla definizione delle linee generali dell'ordinamento scolastico; tutti gli aspetti specifici e soprattutto i curriculi, l'organizzazione della scuola, la gestione del personale, ecc. saranno di competenza regionale; ovviamente le regioni potranno delegare tali competenze agli Enti Locali; il disegno della Lega potrà essere in tale modo realizzato grazie al governo di centro-sinistra!
A parte l'impraticabilità di una tale scelta (se non si modifica anche l'art. 33 che prevede gli esami di Stato e quindi la gestione statale dell'istruzione), è molto grave il significato politico di essa; la regionalizzazione del sistema scolastico significa difatti che l'istruzione pubblica perderebbe il suo ruolo di funzione essenziale di uno Stato democratico per la formazione democratica dei cittadini; l'istruzione non sarebbe un diritto di cittadinanza, come tale omogeneo nei suoi contenuti di fondo, ma diventerebbe un servizio pubblico alla persona e, come tale, affidato alle istituzioni più vicine agli interessati.
Un rapporto della scuola con il territorio e la realtà sociale che la circonda senza dubbio è importante e l'autonomia scolastica dovrebbe favorire tale forma di opportuna interazione; ma Regioni ed Enti Locali non possono sostituirsi allo Stato che, per il ruolo dell'istruzione pubblica, deve garantire a tutti i cittadini una formazione culturale comune, indipendentemente dal luogo di residenza.
Se dovesse essere confermata la modifica recentemente approvata dalla Camera, l'istruzione pubblica perderebbe il suo carattere statale e nazionale per acquistare un carattere "pubblico in senso lato" fino a comprendere, grazie al principio della sussidiarietà, anche l'istruzione privata alla quale già è stato riconosciuto, con la legge di parità, la natura di servizio pubblico.
Quarant'anni di governi democristiani non sono riusciti (grazie all'opposizione della sinistra) a mettere in discussione il ruolo istituzionale della scuola statale, ci sta riuscendo la maggioranza di centro-sinistra con i ministri di sinistra!
Il testo di riforma costituzionale è stato recentemente approvato dalla Camera con il voto contrario del Polo che, ovviamente, preso atto del cedimento della maggioranza, pretende sempre di più; difficilmente tale testo sarà approvato in questa legislatura; in ogni caso però esso rappresenta un ulteriore cedimento culturale e politico della sinistra di governo; è necessario che la scuola e le forze che ancora credono nella funzione istituzionale della scuola statale riescano su questo tema a dare una risposta forte ed unitaria.

 

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