GLI SPAZI DI LIBERTA’ SI APRONO, NON SI CHIUDONO!

Se non fosse che la polizia può venire a sgomberarci da un momento all’altro, ci verrebbe quasi da esultare a vedere il "volantino" del Magnifico Rettore dell’Unical sui tavoli della mensa. Comunità universitaria, socializzazione, democrazia, utopia: le nostre parole storiche ci vengono rivoltate contro dall’alto di chi è convinto di avere tutto da insegnare. Abbiamo poco da imparare da chi si inventa improvvisamente un Centro degli Studenti da autogestire, dopo che per cinque anni ci siamo fatti il culo per trasformare un dipartimento usato come magazzino in uno spazio sociale per gli studenti, senza una lira da parte dell’amministrazione, ma solo grazie all’autofinanziamento e all’autogestione. Non esiste autogestione che non sia autodeterminata: l’Assemblea di Gestione è l’organo supremo che decide sulla vita dello spazio, è aperta a tutti e tutte, le decisioni non si votano a maggioranza, se necessario, si discute fino all’alba. Ma nell’Azienda Unical che immagina il rettore non c’è tempo per discutere, tutto deve quadrare e rientrare nelle regole imposte, è meglio che a decidere siano meno persone possibili, "democraticamente elette" da chi mette una croce sul nome di una persona che neanche conosce. E infatti è lui, solo contro l’indecisione di tutti, a volere la fine del Filo Rosso, e ha architettato con incredibile destrezza il pretesto dell’inagibilità, di uno spazio che viene quotidianamente curato e lucidato più di molti altri nell’ateneo. Nessuno ha mai pensato di dichiarare inagibili i Palazzi Martire, dove vivono centinaia di studenti, e i soffitti crollano, e le condizioni igienico-sanitarie non sono certo delle migliori, vista la mancanza periodica e prolungata di acqua. E le Maisonnettes, che dopo più di vent’anni cadono a pezzi, e gli studenti vivono con topi e scarafaggi in casa? E i dipartimenti-bunker del Polifunzionale, corrosi dal tempo e dall’incuria? E i primi cubi costruiti, che hanno i muri già sfondati, l’intonaco crolla, e mancano aria e luce naturale? E i capannoni dove la gente continua a fare lezione nel fango, al caldo torrido e il freddo gelido? Che agibilità e qualità della vita può mai esserci in queste strutture?

Questo mostro di ponte, che apre uno scenario post-atomico sulle dolci colline di Arcavacata, è la negazione totale della cultura mediterranea, del tempo e dello spazio meridiani, di qualsiasi socialità. La gestione La Torre rappresenta bene il compimento del modello dell’Università-Azienda, dove tutto è governato da leggi economiche, bilanci, competizione, e dove le imprese dettano forme e contenuti della conoscenza. Si parla di "high tech" e poi, se uno studente democraticamente non eletto (e ce ne sono più di ventimila) vuole viaggiare su internet, deve chiedere il favore a qualche dipendente.

Noi rappresentiamo al momento la contraddizione più stridente di questo modello di università. Abbiamo messo in pratica l’autonomia della conoscenza da qualsiasi legge economico-aziendale, l’amore per un sapere fine a se stesso, a servizio della comunità, e slegato da logiche di mercato. Ci siamo inventati, con tutte le contraddizioni del caso, un percorso di formazione che passasse attraverso l’assunzione diretta di responsabilità, il coinvolgimento e l’aggregazione di tutta la comunità universitaria nella discussione, proposta, e risoluzione dei problemi. Abbiamo scelto forse la strada più tortuosa, quella della democrazia partecipativa e non rappresentativa, convinti che chiunque ha qualcosa da dire, da comunicare, da socializzare, da ascoltare, da imparare. Il confronto orizzontale e dialettico con chiunque, con le mille sfaccettature della società, fuori dai ruoli, insieme alle letture collettive, ai dibattiti, ad assemblee logoranti, rischi e scelte inevitabili, tutto questo è la nostra scuola, la nostra università. E non ha un valore monetizzabile o di scambio, ma solo un valore d’uso. E’ condivisione, non fruizione.

Per questa assunzione diretta di responsabilità ci siamo trovati a dover fronteggiare, da soli nel deserto, situazioni veramente pesanti, causate, oltre che dalle contraddizioni della società di cui l’università non è esente, dall’abbandono e dalla trascuratezza dell’amministrazione, che ha scaricato le proprie responsabilità di gestione sull’esistenza di uno spazio sociale, come se l’illegalità di uno spazio occupato-liberato possa mai essere paragonata a quella della malavita. Abbiamo lottato quotidianamente per arginare dinamiche estranee e a volte soffocanti, ma è fuori da ogni logica e giustizia pensare che questo sia un problema del Filo Rosso e non dell’Università tutta.

"Per la nostra università si apre una nuova stagione", l’Autonomia Didattica, e il rettore apre l’asta ai docenti, sbandiera finanziamenti, invita le imprese a stanziarsi nel Campus. Si gioca una partita che non può lasciare indifferenti, nè studenti nè docenti: è in discussione oltre a un modello di formazione, la vita stessa del Campus. Che cosa ne sarà dei locali della Tarantelli, della Centrale, di Fisica, Filologia? La nostra università è piena di spazi inutilizzati o sottoutilizzati, e di stanze chiuse. Da un anno l’Albergo Bologna aspetta di essere riempito di contenuti, e il massimo che il rettore ha saputo proporre è stato un distaccamento del rettorato e una sala-convegni, come se l’Aula Magna non bastasse.

Il Filo Rosso non è solo uno spazio sociale, è una comunità errante, in movimento, che contamina e si contamina: mille personalità lo hanno attraversato, chi per cinque anni, chi per cinque minuti, nessuno è rimasto indifferente. Chi è rimasto ha imparato a usare il computer, a scrivere un volantino, a fare teatro, a dipingere una parete, a discutere, a incazzarsi, a lottare per i propri diritti, a organizzare concerti e manifestazioni, a vivere con poco, ad imparare… Il Filo Rosso è servito a tutto questo perché è uno spazio sociale autogestito, e non un impersonale centro degli studenti, gestito dal rettore o dal consiglio degli studenti. E’ una diversità politica che va riconosciuta e rispettata.

La nostra proposta per rientrare nella "legalità", che forse ad oggi non tutti conoscono, e alla quale La Torre ha opposto il pugno di ferro, è stata la seguente:

    1. co-gestione degli spazi del Filo Rosso (380 metri quadri, non 500) da parte delle quattro associazioni informali (teatro, musica, editoria, artigianato, eventualmente formalizzabili) più una già legalmente costituita (Ass. Cult. Entropia), che attualmente sono attive all’interno dello spazio;
    2. apertura totale dello spazio (così come è già) a tutte le proposte e le iniziative culturali, purchè discusse e decise collettivamente nell’Assemblea di Gestione;
    3. mappatura del Polifunzionale e proposte collettive sul riutilizzo delle aree abbandonate da parte delle associazioni degli studenti;
    4. se è prevista una ristrutturazione dello spazio, siamo disposti ad uscire dai locali per il tempo necessario ai lavori, previa assegnazione alle suddette associazioni.

Se ad una proposta razionale, alle mediazioni, ai sudori, il magnifico ha deciso di rispondere con la repressione, trasformando un esperimento di autogoverno unico nel panorama universitario italiano in un mero problema di ordine pubblico, non c’è più nulla da aggiungere: lo spazio democratico del dialogo è stato soppresso da una sterzata fascista. Dopo vent’anni dal blitz di Dalla Chiesa, la violenza repressiva della polizia tornerà ad abbattersi sulla cittadella universitaria. Useremo i nostri corpi contro botte e manganelli, a difesa di uno spazio, di un’idea di libertà, di un’Utopia che l’esperienza ci ha insegnato a desiderare e perseguire con ogni mezzo necessario.

Qualunque gesto di solidarietà è ben accetto. Chiediamo a chiunque senta propria questa causa per un motivo o per un altro, di inviarci adesioni al documento. Oltre alla presenza quotidiana nello spazio, sono previsti due momenti assembleari allargati: uno martedì 6 alle 10:30 nell’Aula Circolare promosso da un arco di associazioni, su vivibilità, sicurezza e Polifunzionale; l’altro giovedì alle 18:00 con i docenti.

 

SPAZIO SOCIALE OCCUPATO AUTOGESTITO FILO ROSSO

www.ecn.org\filorosso

filorosso@ecn.org

tel. 0984\404119

Arcavacata, 2/06/2000