Milosevic ha bisogno ancora di guerra per proseguire la pulizia etnica del Kosova.
La Nato acconsente.

Il tentativo del premier russo Primakov di raggiungere un cessate il fuoco nei Balcani è fallito. Milosevic ha avanzato proposte per l’immediato che, nella logica della guerra tra Federazione Jugoslava e Nato, erano totalmente inaccettabili per le potenze occidentali. La Nato a sua volta non solo ha prevedibilmente rigettato le posizioni di Milosevic, ma ha rialzato la posta militare, promettendo ancor più bombardamenti su Serbia e Montenegro.

In Kosova vi sono migliaia di morti, decine di migliaia di dispersi e centinaia di migliaia di profughi - il Quartier Generale della Nato proclama "tutto procede secondo i nostri piani e i nostri obiettivi".

Solo all’ombra delle bombe Nato Milosevic poteva effettuare l’attuale offensiva contro il popolo del Kosova: perché ha permesso l’isolamento totale della Federazione Jugoslava, perché gli ha permesso di cancellare tutte le voci dell’opposizione in Serbia, perché ha riguadagnato prestigio a livello popolare, perché le sue truppe prima demotivate e con tassi di diserzione elevatissimi, oggi hanno ritrovato morale e coraggio nella battaglia contro i kosovari, perché le vittime serbe delle bombe Nato serviranno a dare dignità ai macelli che ordina nel Kosova.

In cambio Milosevic ha offerto non poco: ha dato l’opportunità agli USA di riaffermare la propria leadership, ha dato alla Nato una scusa per esercitare il suo potere e giustificare la sua esistenza e infine ha dato alla Russia l’opportunità di agire come se fosse più importante di quello che è.

La Nato acconsente. Da giorni l’Esercito di Liberazione del Kosova richiede la fornitura di cibo via aerea nelle sue zone liberate, dove si ammassano i profughi. Inutilmente. Da una settimana c’è un quasi totale black out informativo su quanto sta avvenendo in Kosova. L’intelligence delle potenze occidentali, pur conoscendo quanto sta avvenendo grazie ai loro sistemi satellitari, acconsentono al black out tacendo su tutto.


L’unica strada è l’interruzione immediata, incondizionata dei bombardamenti della Nato sulla Federazione Jugoslava - senza subordinare il cessate il fuoco della Nato ad una riapertura delle trattative che oggi possono servire solo a legalizzare la pulizia etnica, l’appoggio senza condizioni al movimento di resistenza kosovaro e l’immediata apertura delle frontiere per ospitare i profughi kosovari.

Comitato di solidarietà con il Kosova - 31 marzo 1999

 

No ad accordi di "pace" contro il popolo del Kosova. Estratti da una dichiarazione di Adem Demaci, ex portavoce dell'Esercito di Liberazione del Kosova (UCK), dimessosi da tale carica per protestare contro la firma da parte albanese degli accordi Rambouillet - Pristina, 15 marzo 1999

Non voglio pensare che tutti questi uomini e donne provenienti da tutto il mondo vogliano farci del male; non voglio né dire né pensare che tutte queste personalità politiche, artistiche e scientifiche albanesi desiderino fare del male a noi, il popolo ridotto in schiavitù degli albanesi del Kosova, quando ci suggeriscono, consigliano e chiedono di firmare il documento proposto dal Gruppo di contatto nel castello medievale francese di Rambouillet.

Tutti questi uomini e donne indubbiamente desiderano il nostro bene, ma lo desiderano sulla base dei loro interessi, del loro punto di vista e della loro posizione. Tutte queste persone sono buone e desiderano il nostro bene dal punto di vista della Francia, della Germania, dell'Italia e della Russia. Vi sono diversi punti di vista anche tra gli stessi albanesi, che dipendono dalle posizioni e dagli interessi differenti che hanno persone diverse.

Gli albanesi che hanno perso tutto per la libertà del Kosova hanno un punto di vista e degli interessi propri riguardo al documento di Rambouillet. Gli albanesi che hanno un "capitale" politico o di affari hanno altri, differenti, punti di vista e interessi. Gli albanesi che vivono dell'assistenza della società umanitaria "Madre Teresa" hanno a loro volta altri e differenti punti di vista e interessi.

Quando insistiamo a esigere il nostro diritto alla libertà, sembriamo "gente che vuole darsi delle arie". Noi che ci rifiutiamo di essere schiavi non vogliamo imporci sulla scena politica o diventare "leader" o "padri della nazione". No, eliminarci dalla scena politica non è così semplice, e non so proprio come potrebbe cancellare il desiderio di libertà dai cuori del popolo oppresso.

Dobbiamo fare qualcos'altro. Dobbiamo insegnare al nostro popolo a usare la propria testa e a decidere per se stesso. Non potremo mai terminare questo compito, il compito più importante di tutti, se tappiamo la bocca al nostro popolo con la paura, la corruzione o l'inganno. Bisogna lasciare parlare il popolo. Bisogna lasciare che tali parole siano insulti o montature. Se qualcuno ritiene giusto insultare Adem Demaci, che lo faccia. Se qualcuno ritiene giusto inventare montature su Adem Demaci, che lo faccia. Vi chiedo di non tappare la bocca del popolo. La parola è il mezzo più facile, economico e rapido perchè un uomo entri in relazione con altre persone. La parola parla da sola e quindi è giusto che gli uomini mettano in campo i loro atti bianchi, neri o colorati. Se desideriamo il bene del nostro popolo dobbiamo ascoltare cosa dice. Coloro che non hanno la forza, che non desiderano sentire altre persone pronunciare parole amare, ma solo dolci, che non si occupino di affari pubblici e passino all'anonimato. La gente impara dai propri errori e quindi consentiamole di fare errori, se vogliamo che ascolti e faccia meno errori.

 

Non voglio essere un leader del popolo, che può essere corrotto, ingannato o impaurito. Sono stato e sarò di conseguenza pronto a morire per la libertà, perché in un clima di libertà è possibile crescere persone che non saranno corrotte, ingannate o impaurite.

Il 30 gennaio, a Skopje, il ministro degli esteri britannico Cook ci ha consegnato il documento-invito per la partecipazione alla conferenza che sarebbe dovuta iniziare a Rambouillet il 6 febbraio 1999. Voleva che confermassimo immediatamente la nostra partecipazione. Ciò veniva giustificato con la motivazione che se la delegazione albanese lo avesse fatto, avrebbe avuto un vantaggio rispetto alla delegazione serba. [Invece] il team del nostro ufficio ha lavorato sul documento e ci siamo recati sulle montagne. Lì abbiamo espresso la nostra posizione al Quartier Generale [dell'UCK]:

* Il documento rappresenta una piattaforma per un'autonomia "sostanziale", che diventerà immediamente solo culturale non appena le si togliera' il trucco. E’ inaccettabile per noi.

* Il referendum garantito dagli Stati Uniti non vi viene menzionato.

* L'UCK non viene menzionato, cosa che fa capire di conseguenza che si intende eliminarlo in quanto principale forza della lotta per la libertà e la conservazione della libertà.

* La composizione della delegazione albanese non potrà essere decisa dagli albanesi stessi, bensì dagli organizzatori della conferenza.

* E' un errore imperdonabile condurre negoziati con i rappresentanti del regime serbo, che esercita violenza, terrore e massacri sugli albanesi. Si tratterebbe della legalizzazione del diritto del regime serbo di imporci una soluzione politica uccidendo e terrorizzando gli albanesi, una soluzione che sarebbe a suo favore. Tali trattative si svolgerebbero con un coltello alla gola.

Sapete cosa è avvenuto dopo. Quindi, alza la testa Kosova, e rimuovi la gente incompetente dalla scena politica, se vuoi ottenere la vera libertà.