Né spartizione, né protettorato.
Per un Kosova libero e indipendente!
I bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia sono cessati il 10 giugno, l'esercito e le forze di polizia del Ministero degli Interni della Federazione Jugoslava han terminato il ritiro dal Kosova il 20 giugno, ma niente è stato risolto in Kosova.
Continua la guerra, anche se di "bassa intensità". Forze paramilitari serbe sono presenti nelle regioni di Mitrovica, di Peja, di Malishevo, di Pristina - queste formazioni non sono state coinvolte dall'accordo di Kumanovo dello scorso 9 giugno, tra il comando Nato e l'esercito jugoslavo.
E soprattutto, i problemi che la diplomazia internazionale cercò a proprio modo di risolvere a febbraio a Rambouillet, oggi sono posti ancora negli stessi termini di allora.
Il nodo della "stabilizzazione politica" del Kosova è aggrovigliato come cinque mesi fa.
La Nato ha tuttavia raggiunto gli obiettivi principali che si proponeva. Sapeva perfettamente che il regime di Belgrado avrebbe lanciato un'offensiva spaventosa in Kosova, e non era affatto remota la possibilità che tale offensiva serba avrebbe militarmente coinvolto Macedonia ed Albania, trascinando i Balcani in una guerra generalizzata dagli sviluppi imprevedibili. L'intervento diretto della Nato ha evitato questa possibilità, "contenendo" il conflitto nei confini della Federazione Jugoslava. In più è riuscita a stabilire nel Kosova le proprie truppe, come richiedeva da febbraio, controllando direttamente gli sviluppi di questa regione tramite un sistema di vero e proprio protettorato gestito assieme all'ONU.
La Nato ha dovuto fare concessioni per poter arrivare a questi obiettivi: ha dovuto accettare il reingresso in scena dell'ONU e della Russia, e ha dovuto metter nel cassetto la richiesta di far firmare al governo jugoslavo il testo varato a Rambouillet. In più ha vissuto contrasti interni dilaceranti, con l'ascesa del peso relativo al suo interno dei paesi europei, in primo luogo della Gran Bretagna.
Il regime di Belgrado a partire da gennaio/febbraio di quest'anno ha puntato su una spartizione del Kosova. Una soluzione democratica del problema kosovaro - il rispetto dell'autodeterminazione di questa popolazione - sarebbe stata mortale per questo regime, che da sempre si regge proprio sull'oppressione generalizzata della popolazione albanese del Kosova in nome di un nazionalismo di potenza regionale. Ma sarebbe stata mortale per questo regime anche la farraginosa soluzione inventata a Rambouillet, sotto il titolo "ampia autonomia del Kosova nel rispetto dell'integrità territoriale della Federazione Jugoslava" e della Serbia. Per questo ha puntato le proprie carte sulla spartizione, andando a ridefinire tutto il quadro umano e nazionale del Kosova. Di qui la sua offensiva "ferro di cavallo" iniziata verso il 18-20 marzo.
Questa "ridefinizione" è stata ottenuta dal regime di Belgrado. Quasi 900.000 profughi albanesi espulsi dal Kosova, massacri generalizzati, ampie regioni totalemente distrutte, centri abitati minati in modo generalizzato, distruzione di tutti gli incartamenti civili (anagrafi, catasti, ecc.). La maggior parte dei profughi non potrà, per un lasso di tempo indefinito, rientrare nei propri paesi e nelle proprie città. L'ACNUR sta preparandosi per concentrare queste masse di profughi in campi organizzati nel sud del Kosova. D'altro lato si ha oggi la fuga in massa della popolazione serba kosovara, che il regime di Belgrado tenta di concentrare nel nord del Kossova.
Comunque sia, il Kosova non sarà più quello che era fino al febbraio del 1999.
Ma se questa "ridefinizione" è stata ottenuta da Belgrado, la spartizione non è stata realizzata. Non esiste una linea del fronte all'interno del Kosova con le truppe Nato che operano con una funzione di interposizione. Belgrado non è riuscita ad ottenere il suo obiettivo principale.
Oggi in Kosova vi è un protettorato congiunto Nato/Onu. Questo non risolve il problema discusso a febbraio a Rambouillet: quale sarà la sistemazione politica del Kosova? L'indipendenza come viene reclamato dalla popolazione kosovara? "L'ampia autonomia nel rispetto dell'integrità territoriale della Jugoslavia"? La spartizione, con l'eventuale nascita di un mini-Kosova albanese indipendente?
Per il momento La Nato e l'Onu hanno deciso di "congelare" la situazione, rinviando al futuro qualsiasi decisione. L'evoluzione della situazione politica a Belgrado sarà una variabile importante nel futuro assetto del Kosova, del tutto indipendentemente da quello che penseranno e desidereranno i kosovari. Nel frattempo, è stato stabilito un protettorato dove alla popolazione kosovara non viene riconosciuto nessun diritto politico - l'amministrazione civile (prefetti, sindaci, ecc.) sarà composta esclusivamente da stranieri.
La "partita" sul futuro del Kosova, e sulle spalle dei suoi abitanti, continua.
All'interno del movimento nazionale kosovaro il settore che fa capo a Rugova è stato completamente discreditato. Non solo non ha avuto nessun ruolo nella difesa della sua popolazione, non solo è stato completamente assente all'interno del Kosova in questi tre terribili mesi, ma ha anche "flirtato" con i massacratori del proprio popolo, a partire da Milosevic. Se Rugova ha ancora un "capitale politico" questo gli deriva oggi solo dai rapporti con le capitali occidentali.
Il settore che fa capo all'UCK (Esercito di Liberazione del Kosova) ha invece in questi mesi combattuto strenuamente per difendere la popolazione kosovara, è riuscito a mantenere una propria rete organizzata all'interno del Kosova anche nei momenti peggiori, ed ha mantenuto un atteggiamento intransigente nei confronti del regime di Belgrado. Da questo gli deriva una popolarità sicuramente molto ampia tra i kosovari.
Ma a livello politico l'attuale leadership dell'UCK ha progressivamente rinunciato agli obiettivi del movimento nazionale albanese. Ha rinunciato nei fatti all'indipendenza del Kosova, accettando e magnificando il protettorato Nato/Onu, dove nessun diritto politico è riconosciuto ai kosovari. Ha appoggiato i bombardamenti Nato sulla Federazione Jugoslava. Alla fine ha firmato un atto unilaterale di disarmo e di autoscioglimento, decisione tanto più grave considerando che nulla è stato deciso sul futuro del Kosova, e che in ampie zone continuano ad operare formazioni paramilitari serbe. La leadership attuale dell'UCK ha cioè rinunciato a tutto quello per cui si era affermato l'UCK durante la primavera del '98: si è impegnata in una dichiarazione ufficiale a non essere più uno strumento di autodifesa della popolazione kosovara, e ha rinunciato nei fatti alla conquista dell'indipendenza.
Il Comitato di solidarietà con il Kosova continua a ritenere che solo la cancellazione delle oppressioni nazionali, solo l'autodeterminazione e l'autogoverno dei popoli, solo una giustizia che condanna fautori ed esecutori della pulizia etnica, solo tutto questo spezzerà la catena di sangue che ha insanguinato la Serbia e il Montenegro, ed insanguina ancora oggi il Kosova.
- No alla spartizione, no al protettorato. Kosova libero ed indipendente!
- Per un vero autogoverno in Kosova. Solo i diretti interessati, solo la popolazione kosovara, può decidere del proprio destino, riorganizzare il proprio paese, decidere sulle modalità della ricostruzione!
- Per un Kosova indipendente che abbia la possibilità di difendersi dal regime di Belgrado, con la costituzione di un vero esercito kosovaro. No al disarmo della popolazione kosovara! Via le truppe italiane e di tutti i paesi dal Kosova!
- Giustizia per tutte le atrocità commesse! Punizione per tutti i criminali di guerra!
Comitato di solidarietà con il Kosova
Milano, 26 giugno 1999