Rouge 14 aprile 1999

LE TRUPPE DELLA NATO NON DIFENDERANNO I KOSOVARI


In Kossovo, la pulizia etnica, per la sua ampiezza, negli otto anni di durata della guerra in Ex-Yugoslavia è senza paragoni. E' la conferma del carattere criminale del regime di Belgrado, ma è anche la dimostrazione che l'intervento della Nato, lungi dal proteggere i kossovari, li trascina anche nella tragedia.

Superati dall'afflusso di rifugiati e dal rischio di destabilizzazione dei paesi vicini, le grandi potenze non danno nessuna soluzione politica e militare per fermare i massacri e le deportazioni. Non sono capaci che di una risposta manitaria, d'altra parte ben al di sotto di quella che sarebbe necessaria. Di fronte a questa situazione, molti uomini e donne che non vogliono accettare il fatto compiuto dell'epurazione etnica, constatano l'inefficacia dei bombardamenti, richiedendo, in completa buona fede, l'impegno terrestre delle truppe della Nato per fermare i massacri e la deportazione dei kossovari.

Nato=sicurezza?

Noi condividiamo uno stesso punto di partenza: in questa guerra, la nostra solidarietà va agli albanesi del Kossovo. Ma noi ci opponiamo a un intervento delle forze della Nato. Non in nome di un "pacifismo" che lascerebbe le mani libere agli assassini, né per un riflesso primario che respinge per principio qualsiasi intervento militare in una situazione in cui si commettono crimini contro l'umanità. E' l'esperienza molto vicina dei drammi di questi ultimi anni che dovrebbe insegnare; mai la presenza di truppe dell'Onu o della Nato ha garantito la sicurezza delle popolazioni minacciate.

Nell'aprile 1994, quando comincia il genocidio a Kagali, "le nostre truppe", con quelle dell'Onu, erano sul posto, ma lasciano il paese dopo qualche giorno, senza fare il minimo gesto per impedire agli assassini di agire. Le "nostre truppe" torneranno due mesi dopo, con l'operazione Turquoise, a genocidio terminato, per salvare ed evacuare i responsabili del genocidio! Nel 1995, in Bosnia, le "nostre truppe" e i caschi blu si sono posizionati dopo aver lasciato fare la pulizia etnica, accontentandosi di contenere le ambizioni di Milosevic e Karadzic. Le "nostre truppe" erano sul terreno e hanno lasciato fare senza reagire, quando le milizie serbe hanno preso il controllo dell'enclave di Srebenica e hanno massacrato 10.000 bosniaci. E dopo gli accordi di Dayton, l'Onu non ha fatto niente per imporre il ritorno dei rifugiati. I nazionalisti serbi hanno ottenuto i loro territori etnicamente epurati, i bosniaci hanno ereditato un territorio striminzito, perché l'Onu ha considerato, fin dall'inizio, che la soluzione "realistica" passava attraverso l'accettazione della spartizione della Bosnia, spartizione impossibile senza una separazione delle popolazioni con il terrore.

Allora si può credere che oggi l'Onu si trasformerebbe per impegnarsi in un intervento che salvasse i kossovari? Dall'inizio, tutto indica il contrario. L'intervento della Nato è determinato da obiettivi politici che non sono questi. A Rambouillet, le potenze oggi in guerra hanno rifiutato l'autodeterminazione del Kossovo, la sua indipendenza, vogliono il disarmo dell'Uck e la costituzione di una polizia mista tra gli albanesi …e la polizia serba! Su un territorio che rimarrebbe governato da Milosevic. Anche dopo le deportazioni di massa di questa settimana, continuano a esigere dai kossovari che accettino di restare nella federazione yugoslava. Védrine l'ha detto di nuovo domenica : "L'indipendenza sarebbe un precedente pericoloso per tutta la regione. In ogni modo il problema non è urgente." Preparano già un'uscita politica dalla crisi a spese dei kossovari. Attraverso la mediazione di diplomatici russi, negozieranno con Milosevic, o il suo successore, ciò che nel loro intento non può essere che la spartizione del Kossovo. Milosevic avrà allora vinto la sua scommessa: realizzare la deportazione in massa degli albanesi, che i nazionalisti grandi-serbi sognano da anni, mantenere un Kossovo ridotto ma serbo.

Quale "stabilizzazione"?
Bisogna smettere di sognare, le truppe della Nato non sono le "nostre truppe", sono quelle delle grandi potenze, che agiscono sempre secondo le loro logiche di "stabilizzazione", patteggiate con i dittatori. C'è un solo esempio d'intervento militare delle grandi potenze per difendere un popolo? Per loro, gli spostamenti forzati di popolazioni non sono altro che "danni collaterali", un male necessario nel loro nuovo ordine mondiale: che i popoli determinino il loro destino, scelgano l'indipendenza e si battano per essa se lo vogliono, ecco la "destabilizzazione" che temono di più.

In Francia sorgono ogni tipo di proposte che si vogliono ragionevoli ma che rifiutano tutte il diritto all'autodeterminazione dell'insieme del Kossovo. Strateghi dei paesi anglosassoni propongono di creare un "protettorato" e di proclamare cinicamente una falsa "indipendenza" su una piccola parte del Kossovo che ratificherebbe la sua spartizione. Quilès suggerisce una "zona umanitaria protetta" da truppe sul terreno, su una parte del Kossovo, e da cui sarebbe escluso l'Uck. Si vede anche R. Hue e l'Humanité commentare con benevolenza questa proposta: non c'è da stupirsi perché se il PCF manifesta contro la Nato, si rifiuta di esigere nello stesso tempo l'autodeterminazione del Kossovo, e in questi otto anni di guerra in Ex-Yugoslavia, non ha mai manifestato contro la pulizia etnica in Bosnia.
Da parte della comunità albanese in Francia e di coloro che la sostengono, come il Comité Kosovo, si hanno dei dubbi sulla strategia della Nato, ma si nutrono illusioni richiedendo un intervento terrestre. In un dibattito su Le Monde (3 aprile) Francis Jeanson, vecchio dirigente delle reti di appoggio al FLN algerino e presidente dell'Associazione Sarajevo, del quale nessuno può mettere in dubbio l'impegno anti-imperialista, richiede questo intervento, ma si preoccupa: "Il più nefasto dei compromessi sarebbe di avallare, dopo l'esempio della Bosnia, la pulizia etnica a cui si abbandonano i serbi, prima di proporre la spartizione del Kossovo. " E' tuttavia tutta la politica della Nato che mira a questo compromesso, intervento terrestre o meno. L'Uck ha dichiarato venerdì: "O la Nato invia delle truppe terrestri o ci dà le armi per difenderci". E' la seconda ipotesi che bisogna prendere in considerazione. Bisogna dare i mezzi agli albanesi e alla loro organizzazione militare per riconquistare il loro diritto a vivere in Kossovo e per far ritirare le forze serbe.

Fermare i bombardamenti, imporre il ritiro delle forze serbe dal Kossovo, dare ai kossovari i mezzi per difendersi, autodeterminazione del Kossovo: su queste basi, uniamo la forza più ampia possibile.        

Alain Mathieu