Rouge, 14 aprile 1999

CHE COSA NASCONDE L'IMPREPARAZIONE UMANITARIA ?


Se niente era stato preparato per accogliere i rifugiati kossovari è perché la ragione umanitaria non era la prima ragione della guerra scatenata dalla Nato in Yugoslavia. Ancora oggi, i deportati sono ostaggi di considerazioni geopolitiche che non sono le loro. Dimmi come prepari una guerra e ti dirò quali obiettivi persegui.

L'intervento aereo delle forze della Nato non è stato, secondo le affermazioni ufficiali, deciso che per ragioni umanitarie: proteggere, in Kossovo, la comunità albanese…
Ma, se fosse stato questo il caso, come spiegare che nessuna misura d'accoglienza era stata pianificata, che nessun dispositivo fisico era stato stabilito alle frontiere prima dei bombardamenti, che l'invio dei soccorsi non era stato organizzato e negoziato con i paesi limitrofi molto prima che cominciasse il terribile esodo dei deportati? Come è possibile che la Nato, Washington e i governi europei coinvolti abbiano così minuziosamente preparato l'armada militare - tutti i mezzi d'attacco - ma abbiano ignorato fino a questo punto i dati umanitari - tutti i mezzi d'aiuto alle popolazioni deportate ?
Era prevedibile e previsto che Milosevic avrebbe risposto all'offensiva della Nato accentuando la repressione in Kossovo, che la guerra avrebbe provocato così direttamente o indirettamente importanti spostamenti della popolazione. L'ampiezza stessa dell'esodo non aveva niente di inimmaginabile, poiché vi sono precedenti storici ( a cominciare da quello dei palestinesi nel 1948, dopo la costituzione di Israele ).
Ma ad ogni modo, niente era stato preparato. Niente. Il dispositivo umanitario non è stato debordato dalla massa dei deportati; semplicemente non esisteva. Si conosceva la decomposizione dello stato albanese e l'ostilità verso la causa albanese del governo macedone era evidente. Malgrado tutto ciò fosse noto, prevedibile e previsto, l'intervento umanitario non è cominciato che dopo l'intervento militare. Quando il disastro umano era già diventato realtà alle frontiere.

Come credere che sia in causa solo la cecità di chi ha fomentato la guerra? Come non pensare che gli obiettivi realmente perseguiti dalla Nato, Washington e l'UE spieghino in buona parte l'incredibile incuria dei soccorsi? Che in realtà l'intervento sia stato pensato in funzione di obiettivi geostrategici che non hanno che lontani rapporti con la sorte dei kossovari? Che quello che è prima di tutto in gioco, agli occhi dei belligeranti è la divisione della nuova Europa tra l'Est e l'Ovest e il rapporto di forze tra potenze? Non è per questo che la dimensione umanitaria è stata così superbamente ignorata?

Già a Rambouillet, il diritto all'autodeterminazione dei kossovari era stato negato dalle potenze. Oggi, i nostri governi decidono, nel caos più completo, della sorte dei deportati al posto delle persone interessate; e soprattutto in nome di priorità geopolitiche che sono loro largamente estranee.
Rifugiati, in Macedonia, sono inviati con la forza in Turchia con una fretta tale che le famiglie si trovano separate. Washington, preoccupata della polveriera regionale, propone di portarne…. nell'isola di Guam, in fondo al Pacifico. Jospin e Chirac invocano, in un primo tempo, l'obiettivo prioritario del ritorno per rifiutare qualsiasi accoglienza sul suolo francese - ed ecco i media che invocano, in questo caso, l'ombra di Chevènement e la sua caccia ai sans-papiers.

Al di là dei discorsi, il disastro umano in Kossovo prepara l'intervento terrestre delle potenze e la spartizione del paese. E' almeno ciò che si può temere. Se Chirac e Jospin tengono tanto alla vittoria dei kossovari, perché hanno cominciato a respingere, a Rambouillet, il diritto all'autodeterminazione? E perché non hanno preparato in tempo l'accoglienza alle frontiere dei deportati?

Una comunità kossovara che si stabilisca in Francia, in buone condizioni, può aiutare molto, anche sul piano militare, la resistenza kossovara a continuare la lotta per il diritto al ritorno. Può costituire una retroguardia sociale che assicura alla resistenza una certa indipendenza nei confronti dei governi occidentali. L'accoglienza non è, in questo caso, contraddittoria con l'obiettivo annunciato. E poi, come rifiutare ai rifugiati che lo chiedessero, dopo il trauma che hanno vissuto, il diritto d'asilo sul territorio francese?
Permettere ai deportati di decidere del loro futuro, significa anche contribuire a riunire le condizioni dell'autodeterminazione del Kossovo. Cosa che non vogliono i governi occidentali.

Pierre Rousset