Milano, 14/11/91
COMITATO DI AUTODIFESA
DEGLI IMPUTATI DEL LEONCAVALLO

Abbiamo sempre ritenuto che la sentenza del processo al Leoncavallo sarebbe stata una sentenza politica e come tale precostituita. Secondo questa lettura, le motivazione del ricorso in appello non si limitano alla sola sfera processuale, nell'intenzione di snellire una pena da tutti valutata come pesante, ma rappresentano il tentativo di opporsi a cio' che potrebbe diventare un pericoloso precedente per tutti.

L'impianto delle motivazione nella sentenza del processo al Leoncavallo si basa sull'ipotesi di concorso morale, in una sua variabile che ci pare di poter definire quantomeno anomala, se non addirittura capovolta. In soccorso agli elementi assai labili a disposizione della pubblica accusa, insufficente a dimostrare la compartecipazione degli inquisiti ai reati loro ascritti, e' l'assenza di una presa di distanza, di una dissociazione, a costruire l'elemento primo di colpevolezza.

E' logico che da queste premesse la sentenza poi' allora muovere da una lunga serie di presunzioni e supposizioni, giustificate dal solo "comportamento morale" dell'imputato.

Come argomentato nelle motivazione del ricorso in Corte d'Appello dai difensori, la Corte non ha affatto dimostrato che la presenza di tutti e 24 gli imputati nel centro fosse determinata da un accordo precedente, e quando tenta di dimostrare il contrario e' costretta a ricorrere ad alementi presunti come una non dimostrata "soffiata" sulla data dello sgombero. Non c'e' infatti alcuna prova della partecipazione individuale degli inquisiti ad un'ipotetica riunione, ne' di chi fosse a conoscenza della presenza di bottiglie incendiarie (distrutte senza alcuna perizia il giorno dopo lo sgombero), ma viene ribadito che la scelta del'arresto fu determinata solo dalla loro presenza, come tale innegabile, sul tetto del centro sociale.

L'opporsi ad una tale sentenza si riempie dunque di connotati politici che non investono piu' solamente la sfera processuale, perche' significa contrastare il clima "emergenziale" istaurato (anche se apparentemente si discute sull'eliminazione di quegli istitui che l'hanno caratterizzato), in cui non e' la condotta materiale a venir giudicata, ma l'identita' psicologica, morale e sociale dell'individuo, prima ancora di quella politica, come se essa rappresentasse l'"anticamera" del reato. Il diritto assume in questo modo il potere di modificare culturalmente le identita' individuali, prima ancora della repressione materiale dei comportamenti giudicati incompatibili.

Bisogna infine chiedersi perche' il Collegio abbia sentito l'esigenza di concedere la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n.1 c.p.
In primo luogo e' servita a contenere gli effetti di una sentenza pesantissima e precostituita.
Sono da ricordare a questo proposito l'archiviazione del processo alle forze dell'ordine ed all'immobiliare, e la totale mancanza di neutralita' del Collegio nella valutazione delle testimonianze rese dai testi forniti dall'accusa e dalla difesa.
Riguardo all'aspetto piu' politico la concessione dell'art, 62 ha espresso la volonta' di leggere quello che sono i centro sociali in un modo che non ci rispecchia assolutamente.
Non viene infatti ammessa la possibilita' di una "cultura diversa" ed i frequentatori dei centri sociali vengono dipinti come dei soggetti con grossi problemi familiari e d'integrazione, andando cosi' a sminuire quello che e' il significato del nostro agire politico.
Ed e' proprio rispetto al discorso dell'integrazione che la sentenza sembra suggerire quelli che sono e saranno i modi e i luoghi compatibili, auspicando l'appoggio economico e morale delle autorita' comunali per quei centri che "come il Leoncavallo sono utili per evitare che il senso di rivolta e la virtuale carica di violenza dei giovani disadattati li indirizzi verso la comune criminalita' o l'uso degli stupefacenti".
Si ha come la sgradevole sensazione che la concessione di quest'articolo rappresenti un bel taglio di forbici sulla nostra complessita' nei punti in cui risulta piu' funzionale al potere.

COMITATO DI AUTODIFESA DEGLI IMPUTATI DEL PROCESSO 16 AGOSTO
MILANO, LEONCAVALLO