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FIAT 1980: QUELLA MATTINA DAVANTI AI CANCELLI

Molto prima della fine dei 40 giorni di sciopero alla FIAT, molto prima della manifestazione dei "40.000" capetti e fascistelli vari, si poteva sentire l'odore della sconfitta.

Quella mattina davanti ai cancelli, cadeva l'ultimo baluardo della lotta contro la ristrutturazione capitalistica in nome della difesa del posto di lavoro, della "rigidità" operaia, del lavoro sicuro.
La società era cambiata, la produzione era cambiata e mentre ci si consumava in uno sciopero assai poco efficace contro i licenziamenti, altri già si accanivano per fare a pezzi il nostro reddito, la nostra dignità, la nostra forza ed i nostri diritti.
Da quei giorni in avanti e stato tutto un susseguirsi di fabbriche chiuse, licenziamenti, ristrutturazioni, ecc...
Non una lotta significativa in difesa del posto di lavoro è stata vinta!
Nonostante ciò ancora oggi qualcuno continua a riproporre come centrale la solita improduttiva battaglia resistenziale in difesa del posto di lavoro, come se nulla fosse accaduto.
Quanti sacrifici ci sono stati chiesti in nome della difesa del posto di lavoro e della lotta contro la disoccupazione?
A giudicare dai risultati, tutti questi sforzi pare che siano finiti per ingrossare ben altre tasche, ed allora perché continuare a farsi invischiare in questa perdente logica lavorista?
Una cultura, quella lavorista, che ha ottenuto come unico risultato quello che oggi pur di lavorare si è disposti a fare qualunque cosa ! Non è forse il caso di cambiare obiettivi e strategia?

DISOCCUPIAMO LE STRADE DAI SOGNI

Ogni epoca, si sa, macina buona parte delle certezze che hanno caratterizzato l'epoca precedente.

Le prime vittime dell'attuale passaggio epocale sono rappresentate dalla caduta del mito della piena occupazione e di quello del lavoro sicuro. La disoccupazione in tutta Europa si attesta intorno al 12% (ben al di sopra di quella considerata strutturale del 5/6 %) e le caratteristiche del lavoro cambiano radicalmente: mentre continuano a diminuire i lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, aumentano i lavoratori flessibili, intermittenti, precari, autonomi, ecc.
Questa sostanziale modificazione del lavoro, non nasce però dal nulla ed è originata da una serie di cause di carattere strutturale, che necessitano quantomeno di essere sinteticamente ricordate:

  1. L'automazione della produzione - La comparsa della prima macchina sulla terra e la progressiva riduzione del lavoro umano - L'introduzione di macchinari sempre più sofisticati in grado di sostituire buona parte del lavoro meccanico svolto precedentemente dall'uomo;
  2. L'allargamento della forbice sovrapproduzione sottosviluppo - Molto si produce, ma poco si può vendere a chi non ha nemmeno i soldi per mangiare - L'aumento esponenziale delle capacità produttive del capitale, attraverso la produzione di una quantità sempre maggiore di merci in tempi sempre più rapidi, in totale contrasto con le limitate possibilità dei mercati di assorbire solo una parte di ciò che viene prodotto;
  3. I limiti ambientali - Lo sviluppo della produzione e il declino del pianeta - La continua espansione delle capacità produttive del capitale si scontra inoltre con invalicabili limiti ambientali. Dal progressivo esaurimento delle attuali risorse disponibili, siano esse materie prime o fonti energetiche, al continuo aumento dell'inquinamento, che già oggi mina fortemente l'intero eco sistema del pianeta e che superati certi limiti finirebbe per innescare irreversibili meccanismi di autodistruzione;
  4. La necessità di produrre in tempo reale - Per guadagnare bisogna saper vendere - Ogni merce per essere scambiata con denaro ha bisogno di compiere il suo ciclo, ossia di essere venduta. Ogni prodotto che rimane invenduto finisce infatti per aumentare i costi e ridurre i guadagni anche di ciò che viene acquistato. Nasce da qui la necessità di produrre solo quella qualità e quella quantità di merci che possono essere assorbite dal mercato. Per questo, oggi, le aziende maggiormente competitive sono quelle che sanno: vendere tutto ciò che producono, anticipare le oscillazioni dei mercati, adeguare in tempo reale la propria produzione alle esigenze ed alle continue fluttuazioni dei mercati (produzione in tempo reale: "Just in Time");
  5. La globalizzazione - Essere ovunque ed apparire imprendibili - La possibilità di una azienda di produrre, competere e vendere ovunque, ben al di là di qualunque confine. Provate a pensare quante sono le multinazionali che hanno la loro Direzione in Europa, il loro comparto produttivo in qualche paese del terzo mondo, dove la manodopera costa meno, ed i loro mercati in qualunque angolo del pianeta dove sia possibile fare buoni affari;
  6. L'entrata in produzione della comunicazione - Così lontani così vicini, l'informazione è potere - Per produrre globalmente è infatti necessario mantenere una rigida comunicazione tra i diversi comparti produttivi, i centri direzionali ed i mercati, che sono dislocati in punti diversi del pianeta. Inoltre per produrre in tempo reale è indispensabile un continuo flusso di informazione tra mercato e produzione e tra produzione e mercato. La gestione della comunicazione è quindi indispensabile per analizzare i mercati, indirizzarli, aprirne di nuovi e poi di nuovo modificare in continuazione la produzione, utilizzando maggior o minor manodopera (flessibilità), in funzione delle mutabili richieste dei mercati. La comunicazione è dunque una parte integrante, indispensabile, della produzione;
  7. L'estensione della fabbrica al territorio - In principio fu la fabbrica, poi l'intera società venne messa in produzione - La produzione globale, in tempo reale, automatizzata, informatizzata, non conosce confini, la sua sopravvivenza è vincolata alla necessità di conquistare continuamente territori, spazi e mercati, reali e virtuali. La fabbrica quindi non ha è più alcuna centralità ed è solo uno dei tanti luoghi che concorrono ad una globale produzione, le sue mure si sono ormai estese all'intera società, mettendoci tutti in produzione;
  8. Lo sfruttamento dei muscoli e dei cervelli ed i mille diversi soggetti produttivi - Il moderno sfruttamento del terzo millennio - Se all'interno della fabbrica veniva sfruttato soprattutto il lavoro muscolare dell'operaio, quasi come se fosse un meccanico ingranaggio della macchina di produzione, oggi, nell'epoca della sussunzione reale del lavoro al capitale, sono molti i soggetti che concorrono ad una globale produzione di merci materiali ed immateriali. Siamo tutti soggetti produttivi, si potrebbe dire! Un popolo di produttori/consumatori/comunicatori, composto da: lavoratori dipendenti (privati e pubblici), autonomi, intermittenti, precari, flessibili, disoccupati, pensionati, studenti, operatori informatici e/o del settore della comunicazione, ricercatori , addetti ai trasporti, lavoratori dei servizi, operatori di marketing, ecc. A questa moltitudine di soggetti diversi viene costantemente chiesto di vendere al capitale oltre che i loro muscoli anche i loro cervelli, di mettere a disposizione la loro intelligenza, creatività e competenza, compartecipando al processo produttivo (ovviamente dimenticandosi poi di distribuire gli utili tra tutti);
  9. La crisi della legge del valore - L'epoca del guadano e del dominio totale - Se prima per calcolare il guadagno (plusvalore) contenuto all'interno di una merce era sufficiente misurare il tempo di lavoro in più (pluslavoro) svolto da ogni singolo lavoratore, oggi, questo non è più possibile, almeno per tre motivi essenziali:
    1. la notevole riduzione e la tendenziale scomparsa del lavoro umano, progressivamente sostituito dalle macchine, ovviamente, limitatamente alla meccanica produzione di merci materiali e soprattutto nei paesi a capitalismo avanzato;
    2. l'introduzione di mille altri soggetti produttivi, oltre l'operaio di fabbrica, indispensabili per garantire la produzione e la vendita delle merci, di cui occorre tener conto se si vuole calcolare il guadagno (plusvalore) ed il costo finale di un prodotto;
    3. l'impossibilità di utilizzare come strumento di misura del guadagno (plusvalore) il tempo, visto che ormai non vengono sfruttati più solo i nostri muscoli, ma anche il nostro cervello ed è ovvio che la genialità di un'idea e la sua efficacia in termini di miglioramento della produzione e vendita delle merci non è misurabile dal tempo.
IL LAVORO NON CI RENDE MICA BUONI, CI FA COSE CHE POI CHIAMANO PERSONE
Il lavoro, si sa, non ci rende né liberi né felici.

Dalla catena di montaggio ad oggi, sono notevolmente cambiate le caratteristiche e le categorie del lavoro, ma ciò che sicuramente non è scomparso è lo sfruttamento. Anzi, se prima si "accontentavano" di sfruttare solo i nostri muscoli, oggi sfruttano anche i nostri cervelli.

E per conquistare i nostri cervelli ed ottenere la nostra compartecipazione le provano tutte: dagli aumenti salariali legati alla produttività dell'azienda unitamente al ricatto occupazionale (se l'azienda va bene ti concedono qualche briciola d'aumento, se va male rischi il licenziamento), all'illusione di poter decidere tempi e modi di produzione attraverso il lavoro autonomo (salvo poi scoprire che si è costretti a scannarsi con altri lavoratori per accaparrasi una commessa, vendendosi a prezzi sempre più bassi e condizioni sempre peggiori), alla qualità totale (in cui si premia il suggerimento del lavoratore per migliorare il ciclo produttivo), alla promessa di far carriera, agli incentivi economici, ecc.
Quando faticosamente si trova un lavoro, questo risulta essere tutt'altro che sicuro, anzi spesso è precario, privo di qualunque tutela, sempre più flessibile, per rispondere all'esigenza di produrre in tempo reale, utilizzando maggior o minor manodopera a secondo delle mutabili richieste del mercato.
Insomma nonostante le innovazioni tecnologiche il lavoro anche in questo fine millennio assomiglia sempre più ad un infernale girone dantesco, in cui ognuno compete con l'altro a livello globale.
In nome dell'ottenimento di un lavoro si finisce quindi per vendersi al prezzo più basso al miglior offerente, in una inarrestabile corsa al ribasso!!

LIBERARSI DAI FANTASMI DEL PASSATO - LIBERARE LE ASPIRAZIONI SUL FUTURO
Ogni trasformazione epocale, si sa, produce sempre i fantasmi dell'epoca precedente.

Per trasformare lo stato di cose presenti è invece necessario cogliere le innovazioni e ridefinire in maniera adeguata strumenti di intervento ed obiettivi da realizzare.
Continuare a contrapporre: all'aumento della disoccupazione l'impossibile raggiungimento della piena occupazione, alla flessibilità della manodopera la rivendicazione di un posto di lavoro sicuro, alla complessità dell'odierno modello di produzione capitalistico l'inattuale, inesistente, centralità operaia, significa rimane intrappolati nelle certezze del passato, relegando il proprio agire politico al massimo alla testimonianza e/o all'eterna resistenza.
Non ci interessa la politica basata sui fantasmi del passato, vogliamo conquistare il futuro, un futuro migliore!
In ogni caso, noi non abbiamo nessun problema ad appoggiare anche battaglie resistenziali, soprattutto quando si tratta di difendere diritti calpestati, ma porre questo come elemento centrale, strategico, del proprio intervento politico, ci pare assolutamente inattuale e controproducente.
Alla lotta per il lavoro noi preferiamo quella per contrastare la potenza distruttiva dei moderni globali sfruttatori, per liberarci dalla schiavitù/sfruttamento del lavoro direttamente o indirettamente subordinato, per liberare la potenza creativa del lavoro, per avere più tempo da dedicare a noi stessi ed alle attività umane, per sviluppare creatività, intelligenza e cooperazione fuori e contro il comando e lo sfruttamento capitalistico.
Per questo vogliamo cominciare ad aprire una battaglia, come sta accadendo in Francia e in Germania, per un reddito di cittadinanza!

REDDITO DI CITTADINANZA: UNA CHIAVE PER APRIRE MILLE PORTE
Avevo un lavoro, forse, ma di sicuro non avevo una lira.

In una situazione come quella attuale, caratterizzata dalla competizione al ribasso tra lavoratori, dai continui ricatti occupazionali, dalla richiesta di flessibilità della manodopera e dalla transitorietà del lavoro, non vi può essere risposta più appropriata, se non quella di slegare la garanzia di un reddito dal lavoro.
Una proposta, questa, utile sia per migliorare le condizioni di chi lavora, aumentando il loro potere contrattuale, che per garantire la sopravvivenza ad ogni essere umano.
Una proposta capace di rimettere in discussione l'attuale modello di sviluppo neoliberista, con lo sguardo e l'orizzonte rivolti verso il futuro e non persi nei fantasmi del passato.
E' nostra intenzione quindi aprire una battaglia politica partendo dalla rivendicazione di un reddito di cittadinanza!
Reddito di cittadinanza perché tutti/e hanno diritto a poter vivere dignitosamente, per il fatto stesso di esistere, indipendentemente dal fatto di possedere o meno un lavoro.
Reddito di cittadinanza come base minima per frenare la pretesa della flessibilità totale che caratterizza la produzione a livello mondiale, facendoci competere uno contro l'altro, in una continua corsa al ribasso caratterizzata da paghe sempre più misere e condizioni di lavoro e di vita sempre peggiori.
Reddito di cittadinanza per aprire un nuovo ciclo di lotte, per parlare più seriamente di riduzione d'orario di lavoro a parità di salario e senza flessibilità, per superare le divisioni tra lavoratori ed aumentare la loro forza contrattuale, siano essi lavoratori dipendenti, autonomi, precari, intermittenti, ecc.
Reddito di cittadinanza per progettare un altro futuro ed avere tempo per poterlo fare, per dare spazio a quanti credono necessario sviluppare schemi altri di produzione rispettosi della terra sulla quale viviamo e della qualità della nostra vita.

Come in un complesso computer, il reddito di cittadinanza può offrire la possibilità di aprire una serie di accessi, di porte.

LA PRIMA PORTA
L'inalienabile diritto a vivere dignitosamente.

La fissazione di un tetto minimo di 25 milioni all'anno, garantito a tutti/e, attraverso un sussidio che integri il reddito individuale fino al raggiungimento di questa cifra.
Un sussidio elargito a disoccupati, pensionati, lavoratori precari, autonomi, ecc. che risultino effettivamente al di sotto della soglia minima fissata in 25 milioni all'anno.

LA SECONDA PORTA
L'accesso ai servizi pubblici.

L'elargizione di una carta verde, che garantisca il diritto all'accesso gratuito ai servizi, il non pagamento delle utenze (mezzi di trasporto, luce, gas, esenzione da ticket sanitari, ecc.) e la fissazione di un canone di affitto sociale (al massimo il 10% del reddito realmente percepito e non lordo) per garantire il diritto ai servizi ed alla casa a tutti coloro che risultino al di sotto del tetto annuo di 30 milioni. Non è certo un caso se oggi in Italia l'età media di coloro che continuano a vivere in famiglia si è notevolmente alzata ( circa 30 anni).

LA TERZA PORTA
La gestione dei servizi.

Nell'Epoca dello sfruttamento globale, anche i servizi sociali sono diventati un Business, su cui guadagnare.
L'introduzione del cosiddetto terzo settore, risponde esclusivamente a criteri di razionalizzazione capitalistica ed abbattimento dei costi nella gestione dei servizi.
Spesso le cooperative e fondazioni no-profit, sono in realtà strutture approfit, che elargiscono servizi scadenti a costi sempre più alti e costringono gli "operatori" del settore a lavorare in condizioni pessime e con paghe bassissime.
Eppure molti sono coloro che vi lavorano in buona fede, mossi da una spiccata sensibilità ad affrontare gli umani problemi.
A questa disastrosa gestione dei servizi, noi vorremo contrapporre mille altri progetti, realmente no-profit, capaci di rivendicare servizi sociali realmente efficaci, con costi contenuti per gli utenti e rispettosi dei diritti e dei salari di chi dovrebbe lavorare per realizzarli e farli funzionare.
Non una battaglia ideologica contro il settore no-profit, ma una battaglia reale capace di imporre la realizzazione di progetti concreti, con le caratteristiche sopra citate, anche attraverso l'accesso ai meccanismi di quei finanziamenti pubblici e privati che per ora vengono spartiti tra i vari approfittatori.

LA QUARTA PORTA
La ricaduta in termini di diritti per chi lavora.

Quanti sarebbero disposti ad accettare di lavorare per quattro soldi, in condizioni tremende, se vi fosse un reddito garantito?
La scomparsa del principale ricatto, che oggi costringe molte persone ad accettare qualunque condizione pur di lavorare, non può che riaprire la strada al rilancio di energiche battaglie, capaci di rivendicare maggiori diritti ed aumenti "salariali", indipendentemente dalla categoria lavorativa di appartenenza (precari, dipendenti, autonomi, ecc.) ed in contrapposizione alla concezione capitalistica della flessibilità.

LA QUINTA PORTA
L'automazione e la riduzione dell'orario di lavoro.

La battaglia sul reddito di cittadinanza ci offre lo spunto per rilanciare un ciclo di lotte per la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e senza flessibilità, non tanto perché in questo modo sia possibile ottenere la piena occupazione, ma perché così facendo si può cominciare ad avere più tempo da dedicare a noi stessi ed alle attività umane.
Tutto ciò ci rimanda ad un uso diverso della tecnologia, per diminuire la fatica umana e liberarci dalla schiavitù/sfruttamento del lavoro direttamente o indirettamente subordinato e non per aumentare i profitti di pochi a discapito di tutti.

LA SESTA PORTA
La sfida del terzo millennio.

Noi vorremmo poter utilizzare il tempo liberato dallo sfruttamento del lavoro, per produrre forme di cooperazione sociale, capaci di connettere le diverse intelligenze, capacità, creatività e competenze in maniera orizzontale, per costruire progetti funzionali ai bisogni degli esseri umani, rispettosi della terra sulla quale viviamo e della qualità della nostra vita e non asserviti al profitto.
Vorremmo poter decidere noi, dal basso in maniera orizzontale, cosa produrre, quando produrlo e come produrlo, nella consapevolezza che ciò non potrà che scontrarsi con coloro che il potere continuano ad amministrarlo dall'alto, ossia con il dominio capitalistico ed i suoi perversi, globali, disastrosi meccanismi.

RIOCCUPIAMO LE STRADE D'EUROPA
Fare come in Francia, se vi sembra poco...

I nostri fratelli e le nostre sorelle francesi e tutti/e coloro che stanno seguendo l'esempio del movimento degli choumers, dimostrano che i tempi sono finalmente maturi per lanciare una battaglia Europea per il reddito di cittadinanza.
E' giunto finalmente il momento di usare la chiave del reddito di cittadinanza per aprire le porte, di spostare nuovamente il nostro orizzonte in avanti, di abbandonare gli inutili fantasmi del passato, di disoccupare le strade dai sogni, o forse sarebbe meglio dire dagli incubi metropolitani, e di riempirle di nuovo di gente, in un turbinio di lotte, lanciati verso il terzo millennio!!

Buon lavoro a Tutti/e!!

Paolo del CENTRO SOCIALE LEONCAVALLO