IN GABBIA PERCHÉ LIBERI!

- tratto da un articolo del Corriere della Sera di Fabrizio Gatti -



Sul Corriere di domenica 6 febbraio si leggeva un articolo di Fabrizio Gatti, un giornalista che si è improvvisato extracomunitario e clandestino per raccontarci la quotidianità dei trattenuti nel centro di permanenza temporanea di via Corelli, in Milano. Fabrizio scriveva infatti di essersi fatto passare per cittadino rumeno senza permesso di soggiorno, indicando l'iter burocratico, previsto per chi viene trovato senza i documenti necessari per il soggiorno in Italia, che conduce in Corelli (minacce e schiaffoni). La legge 40/98 non lo prevede eppure, nell'entrare in via Corelli, oltre ad essere sottoposti alla schedatura, con presa di impronte digitali e foto segnaletica (come perfetti criminali), i fermati vengono sottoposti a "minacce e schiaffoni" dalle forze di polizia.
Questo, infatti, è ciò che è successo a Fabrizio in uno dei fermi subiti prima di essere deportato in Corelli. Eppure si è sempre stati molto ben attenti a dichiarare che queste persone, i fermati, sono pur sempre cittadini liberi, non sono rei, e godono dei diritti Costituzionali che tutti conosciamo benissimo (forse non proprio tutti, almeno per quel che riguarda gli agenti che hanno fermato Fabrizio).
Una volta dentro il giornalista ha potuto verificare le condizioni in cui "gli ospiti" del centro sono costretti a vivere; non mi dilungherò nei dettagli, limitandomi a riportare che i container ove vengono alloggiati i trattenuti sono gli stessi del terremoto in Irpinia, ossia di 20 anni fa, che al massimo possono essere utilizzati come raccoglitori di immondizia da mandare al macero. Gli odori sono insopportabili e, date le dimensioni degli stessi alloggi, è impossibile non diffondere la sporcizia ovunque, aumentando le condizioni disumane in cui sono costretti.
E i diritti inviolabili? Fari sempre accesi durante la notte, niente tende, i rumori dei camion della vicina tangenziale, gli odori fetidi; non credo queste siano le condizioni previste per centri che debbano accogliere numerosi uomini e donne, anche se sprovvisti di permesso di soggiorno.
All'interno del centro ci sono tre telefoni a scheda, ma solo uno di questi funziona. Da quel che racconta Gatti c'è anche un distributore di bevande, che però eroga solo acqua calda zuccherata. La notte qualcuno riesce ad appartarsi nella penombra, dato che non è possibile trovare un angolo dove stare in intimità per fare l'amore. Ma i più poveri non possono permettersi nemmeno questo. Spesso le donne restano incinta in questi rapporti occasionali, beneficiando, così, della disposizione che impedisce di trattenere e rimpatriare donne gravide; ma quei bambini non vedranno mai la luce, poichè le loro madri, non appena escono dal centro, corrono nel primo ospedale per interrompere la gravidanza.
Come si può legittimare ancora un centro simile; che valore ha la promessa fatta dagli esponenti del Governo quando dicono che il centro sarà chiuso in previsione di un nuovo centro che garantisca le condizioni di vita all'interno in rispetto dei diritti; possono questi Diritti essere "differiti", e per quanto tempo? La Costituzione, la Carta Internazionale, i Trattati sanciscono i diritti inviolabili e le garanzie dell'uomo, il GOVERNO NE STABILISCE I TEMPI.


"(Giuliano De Simine)"