Cina                                                                                             2


40 ANNI DALLA REPRESSIONE DI LHASA,10 ANNI DAL MASSACRO DI TIEN AN MEN

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Il 10 marzo del 1959 le truppe del così detto Esercito del Popolo cinese aprirono il fuoco sui pacifici manifestanti scesi in piazza a Lhasa, capitale del Tibet, per chiedere agli occupanti cinesi di andarsene. Quel giorno il sangue scorse nelle vie di una nazione fino a dieci anni prima pacifica al punto di non aver quasi bisogno di esercito e polizia. Vennero massacrati a migliaia; chi rimase in vita subì l’ira degli occupanti cinesi che si manifestò con incarcerazioni di massa, torture, distruzione dei monasteri, fucilazioni.

Il 10 marzo è una delle date più tristi della storia dell’umanità, in cui il totalitarismo degli stati fascisti de facto si impose sulle giuste rivendicazioni dei popoli. E’ una data da ricordare, così come vogliamo ricordare i numerosissimi anonimi eroi morti nelle strade di Lhasa, di cui molti erano monaci Buddhisti.

Ma i cinesi sbagliarono allora, come sbagliano oggi, pensando che soffocando nel sangue la rivolta dei popoli oppressi si potesse fermare la lotta per la giustizia e la libertà: in Tibet anche i giovani nati e cresciuti sotto la propaganda cinese, oltre che i monaci e gli anziani che hanno vis-suto il Tibet di pace prima dell’invasione, manifestano la loro insofferenza per la nazione occupante. Questo sconcerta le autorità cinesi che, come tutti i regimi che pensano di avere in mano la chiave della verità sociale, erano convinti di cancellare ogni idealismo tibetano nel giro di una generazione.

La profonda dignità del popolo Tibetano, le radici culturali e la speranza di vedere tornare H.H. Dalai Lama in Tibet, donano forza alla resistenza tibetana, sempre pacifista anche se determinata.

Nel contempo in Cina il malcontento verso la politica del " Socialismo di mercato " attuata dalla dirigenza cinese del Partito Comunista cresce costantemente. Sono ormai più di 160.000.000 i disoccupati cinesi dovuti al neoliberismo comunista attuato negli ultimi anni per attrarre capitali esteri, in prevalenza investimenti di multinazionali occidentali.

Ma non sono unicamente i disoccupati a patire la fame; contadini e pensionati non hanno migliori prospettive e lo manifestano indicendo varie manifestazioni nel Paese, perlopiù represse sanguinosamente.

Non è una novità, infatti, che l’Esercito del Popolo non si faccia scrupoli nell’aprire il fuoco anche nei confronti dei connazionali di etnia Han, come dimostrato esattamente 10 anni orsono in occasione del massacro avvenuto nella piazza principale di Pechino, piazza TienAnMen, quando l’Esercito del Popolo si è dimostrato l’Esercito del Potere massacrando il Popolo.

Il 4 giugno del 1989 fu un’altra data triste nella storia dell’umanità.

Lo stesso Stato fascista che ordinò il massacro di Lhasa 40 anni orsono, e che attua ancora una feroce repressione colonialista nel Tibet, ordinò ai carri armati dell’Esercito del Potere l’intervento contro gli studenti e i cittadini che chiedevano riforme democratiche.

Tutti noi ricordiamo le tragiche immagini di piazza TienAnMen. Sicuramente l’imma-gine a cui inconsciamente facciamo riferimento pensando alla TienAnMen è quella dell’anonimo eroe che da solo è riuscito a bloccare la colonna di carri armati parandosi davanti ad essi, con apparente tranquillità.

Quell’immagine deve farci riflettere su come sia possibile fermare i giganti con la volontà; anche un gigante fascista di nome Cina.