Sporca guerra                                                                         8


PER UNA LOGICA DI PACE E DEI DIRITTI SOCIALI E DEMOCRATICI NEI BALCANI

Foto serbia 2 (aereo).gif (52170 byte)Martedì 23 marzo sono cominciati i bombardamenti della Nato su Serbia, Montenegro e Kosovo. Una vera catastrofe per tutta l’area dei balcani e per tutte le persone impegnate tutti i giorni nella difesa e nel promuovimento dei diritti sociali e democratici. Una vera catastrofe perché alla fine ha vinto la logica della guerra sulla logica di una soluzione pacifica concordata tra le popolazione interessate, la logica del nazionalismo etnico su quella del rispetto dei diritti sociali, culturali e democratici di tutte le comunità, la logica degli interessi imperialisti europei e americani su quella dello sviluppo economico e sociale della regione balcanica.


Perchè opporsi ai bombardamenti della Nato?

I bombardamenti dell’alleanza atlantica sono inaccettabili. Non solo per il carico di morte che portano, ma anche perchè nonostante la retorica delle potenze occidentali, rafforzano la logica nazionlista nella regione innescando una spirale di violenza di cui non si vedono sbocchi. Gli attacchi Nato hanno per esempio rafforzato il regime di Milosevic, che ha proclamato lo stato di guerra. Questo permette al regime di sopprimere gli ultimi spazi di vita democratica ancora esistenti nel paese. Si pensi alla chiusura della radio B92, fra le poche indipendenti. Inoltre, Milosevic può ora passare per una vittima riunendo attorno a sè anche i critici più feroci del regime.

foto serbia 4(missili per titolo).gif (34907 byte)Ma i bombardamenti hanno anche accelerato la pulizia etnica in Kosovo perpetuata dalle milizie paramilitari serbe, dai reparti speciali della polizia e dall’esercito jugoslavo. Il kosovo si sta trasformando in un enorme campo di concentramento. L’afflusso di profughi verso i paesi confinanti ne sono la testimonianza.

Un’altra triste conseguenza dei bombardamenti consiste nello spostamento delle forze politiche del campo albanese su posizioni vieppiù nazionaliste e militariste. Preoccupanti sono in questo senso le notizie dell’eliminazione fisica di alcuni dirigenti moderati kosovari.

Gli attacchi della Nato non raggiungono quindi gli obiettivi conclamati dai guru dell’alleanza: fermare i massacri e neutralizzare Milosevic. Cecità o strategia calcolata ? Vi è sicuramente da parte degli Stati Uniti e dei paesi Europei una strategia di penetrazione nella regione balcanica per controllarne e sfruttarne le risorse. Vi deve essere un calcolo, in particolare da parte degli Stati Uniti anche nei confronti della costruzione europea. Quale è ancora poco chiaro. Vi è infine l’attribuzione di nuovi compiti alla Nato che diviene con questa guerra il vero gendarme del mondo sostituendosi all’Onu.

Opporsi agli attacchi Nato è dunque prioritario, senza però difendere un regime nazio-nalista, quello di Milosevic, della peggior specie.

Repressione in Kosovo

Milosevic ha assunto il potere in Serbia alla fine degli anni ’80 con una campagna politica basata sulla difesa dei Serbi in seno alla federazione jugoslava e sulla soppressione dell’autonomia del Kosovo. Nel 1989 l’autonomia della provincia, abitata per il 90% da albanesi, è abolita. Foto serbia 1.gif (131104 byte)Le scuole albanesi sono chiuse (dalle elementari all’università), i lavoratori albanesi del settore pubblico licenziati, e tutte le istituzioni rappresentative sono soppresse. Gli albanesi riuniti in seno alla lega democratica del Kosovo, cominciano una lunga lotta pacifica per riacquistare i propri diritti (ma chi li sosteneva allora?). La lotta armata dell’Uck assume legittimità solo dopo il massacro degli albanesi di Drenica nel febbraio 1998, perpetuato da milizie paramilitari serbe. Il mese precedente il partito fascista serbo di Seselj era entrato a far parte del governo jugoslavo di Milosevic. Da quel momento s’innesca la spirale della violenza e l’Uck da gruppuscolo minoritario si trasforma in organizzazione di massa. Le responsabilità del regime autoritario jugoslavo sono quindi innegabili, ma la spirale della violenza ha rafforzato i nazionalismi nei due campi. Chi si ricorda ancora che gli studenti di Belgrado sono scesi in piazza nel 1996 per rivendicare elezioni democratiche, proprio nel momento in cui le tensioni nazionaliste erano ai minimi storici? Ancora una volta nessun sostegno da parte di quanti oggi sono feroci partigiani dell’intervento armato!

Le responsabilità dell’Occidente

Le responsabilità dell’occidente sono quindi enormi nell’acutizzarsi delle tensioni. Alla fine degli anni ’80 l’emergenza di stati nazionalisti e autoritari non era scontata. La politica del fondo monetario internazionale nei confronti della Jugoslavia aveva alimentato le tensioni nazionalistiche. Chi doveva pagare il prezzo delle politiche d’austerità in seno alla federazione? Da qui l’emergenza di direzioni politiche nazionalistiche sostenute puntualmente secondo interessi specifici dai paesi imperialisti. Così la Germania pronta ad investire massicciamente in Slovenia e Croazia riconosce l’indipendenza delle due repubbliche senza che ne siano interpellate democraticamente la minoranze serba di Croazia nella Krajina. Riconosciuta l’indipendenza agli uni perché negarla ad altri? La spirale dei nazionalismi contrapposti è così innescata. A questa dinamica si sovrappone la chiusura sempre più netta da parte dell’Europa nei confronti degli immigrati, che sostengono economicamente le famiglie nel loro paese. Si pensi alla politica dei tre cerchi in Svizzera e al restringimento del diritto d’asilo. L’Europa si spacca di nuovo e i balcani sono gli esclusi, i loro popoli i nuovi barbari!

Se l’Europa avesse dato aiuto al posto di imporre politiche d’austerità, se avesse preteso attraverso un conferenza internazionale sui balcani per la concessione di diritti democratici, culturali, sociali a tutti i popoli della regione, al posto di sostenere in ordine sparso i singoli nazionalismi, se avesse aperto le frontiere e ventilato la possibilità d’integrazione in seno a un’Europa sociale e anti liberista, al posto di chiudere dogane e costruire nuovi muri, forse i conflitti balcanici si sarebbero potuti evitare.

Ora è quasi troppo tardi e i rischi di un’estensione del conflitto alla Macedonia, all’Albania o alla Bosnia sono reali. Per questo è necessario mobilitarsi per la fine dei bombardamenti e della repressione serba in Kosovo, ma anche per l’organizzazione di una conferenza internazionale che discuta dei diritti di tutti i popoli dei balcani e per l’accoglienza dei rifugiati indipen-dentemente dalla loro origine culturale, il loro statuto, o la loro età.