NAZIONI UNITE (ONU)

Patto internazionale dei Diritti Civili e Politici

Distribuzione RISERVATA

(si divulga per decisione del Comitato per i Diritti Umani-Gennaio '98)

CCPR/C/61/D577/1994

9 gennaio 1998

Originale: spagnolo

COMITATO PER I DIRITTI UMANI

61º periodo di sessione dal 20 ottobre al 7 novembre 1997

SENTENZA

Comunicazione Nº 577/1994

Presentata da: Rosa Espinoza de Polay

Vittima: Victor Alfredo Polay Campos

Stato in causa: Perù

Data della comunicazione: 5 marzo 1993 (comunicazione iniziale)

Data dell'approvazione della sentenza: 6 novembre 1997

Il 6 novembre 1997, il Comitato per i Diritti Umani approvò la sentenza, emessa in base al contenuto del paragrafo 4 dell'articolo 5 del Protocollo Facoltativo, rispetto alla comunicazione Nº 577/1994. Il testo della sentenza figura nell'annesso del presente documento.

Annesso

(All'esame della presente comunicazione parteciparono i seguenti membri del comitato: Sr. Nisuke Ando, Sr. Prafullachandra N. Bhagwati, Sr. Thomas Buergenthal, Sra. Christine Chanet, Lord Colville, Sr. Omran El Shafei, Sra. Elizabeth Evatt, Sr. Eckart Klein, Sr. David Kretzmer, Sr. Rajsoomer Lallah, Sra. Cecilia Medina Quiroga, Sr. Fausto Pocar, Sr. Martín Scheinin, Sr. Danilo Tuerk y Sr. Maxwell Yalden).

SENTENZA DEL COMITATO PER I DIRITTI UMANI EMESSA IN BASE AL CONTENUTO DEL PARAGRAFO 4 DELL'ARTICOLO 5 DEL PROTOCOLLO FACOLTATIVO DEL PATTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI E POLITICI -61º PERIODO DI SESSIONE-

rispetto alla Comunicazione Nº 577/1994

Presentata da: Rosa Espinoza de Polay

Vittima: Victor Alfredo Polay Campos

Stato in causa: Perù

Data della comunicazione: 5 marzo 1993 (comunicazione iniziale)

Data della decisione sull'ammissibilità: 15 marzo 1996

Il Comitato per i Diritti Umani, creato in virtù dell'articolo 28 del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici, riunito il 6 novembre 1997, avendo concluso il suo esame della comunicazione Nº 577/1994 presentata al Comitato per i Diritti Umani dalla Signora Rosa Espinoza de Polay in nome del coniuge, Victor Alfredo Polay Campos, in accordo al Protocollo Facoltativo del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici, avendo tenuto conto di tutte le informazioni che gli sono state presentate per iscritto dall'autore della comunicazione e dallo Stato in causa,

Approva il seguente:

Sentenza in base al contenuto del paragrafo 4 dell'articolo 5 del Protocollo Facoltativo

1. L'autrice della comunicazione è Rosa Espinoza de Polay, cittadina peruviana residente a Nantes (Francia). Presenta la comunicazione in nome del marito, Victor Alfredo Polay Campos, cittadino peruviano attualmente detenuto nella base navale del Callao, Lima (Perù). Afferma che è vittima di violazioni da parte del Perù del paragrafo 1 dell'articolo 2 e degli articoli 7, 10, 14, e 16 del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici.

I fatti esposti dall'autrice.

2.1. Il marito dell'autrice è un dirigente del Movimento Rivoluzionario "Tupac Amaru" (MRTA). Il 9 giugno 1992 fu arrestato a Lima. Il 22 luglio fu trasferito alla prigione "Miguel Castro", situata a Yanamaio, vicino a Puno, a 4000 m di altitudine. Si afferma che le condizioni di detenzione in questa prigione sono inumane. L'autrice afferma che durante un periodo di nove mesi suo marito rimase isolato 23 ore e mezza al giorno in una cella di 2 m di lato, senza elettricità ne acqua. Non gli permisero di scrivere a nessuno ne di parlare con nessuno e solo poteva uscire dalla sua cella una volta al giorno per trenta minuti. L'autrice afferma, inoltre, che la temperatura nella prigione oscilla tra gli zero e i meno cinque gradi, e che l’alimentazione è carente.

2.2. Il 3 aprile 1993, Victor Alfredo Polay Campos fu giudicato nella prigione di Yanamaio da un così detto "tribunale di giudici senza volto" stabilito in rispetto alla legislazione antiterrorista. Si tratta di giudici che si coprono il volto per garantire il loro anonimato e impedire che si trasformino in obiettivi dei membri attivi di gruppi terroristi. Il Signor Polay Campos fu condannato all'ergastolo; si aggiunge che l'accesso all'assistenza scritta e la possibiltà di preparare la difesa furono severamente ristrette. Benché l'autrice non specifichi il delitto o i delitti per cui suo marito fu condannato, dalla documentazione si deduce che fu per il delitto di terrorismo aggravato.

2.3. Il 26 aprile 1993 fu trasferito alla prigione della base navale del Callao, vicino a Lima. In questo contesto, l'autrice aggiunge il ricordo del periodo in cui si vide Victor Polay Campos esposto e rinchiuso in una gabbia. L'autrice sostiene che durante il viaggio da Yanamaio al Callao suo marito fu vittima di percosse e scariche elettriche.

2.4. L'autrice afferma inoltre che suo marito permane rinchiuso in una cella sotterranea nella quale penetra la luce del sole solo per 10 minuti al giorno da una piccola apertura sul tetto. Durante il suo primo anno di prigione gli furono proibite le visite di amici o parenti e non poté scrivere a nessuno. Furono autorizzate solo due visite del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

2.5. In quanto al requisito dell'esaurimento dei ricorsi interni, l'autrice afferma che l'avvocato di suo marito ricorse contro la sentenza ma che la sala di appello del Tribunale confermò la decisione adottata in prima istanza. L'autrice afferma inoltre che l'avvocato, Dr. Eduardo Díaz Canales, fu incarcerato a sua volta nel giugno 1993 per l'unica ragione di difendere suo marito, e che da allora infatti "tutto è paralizzato". Il 3 giugno 1994 la madre del Signor Polay Campos presentò a nome di suo figlio un ricorso di tutela davanti al Tribunale Costituzionale in relazione con questi maltrattamenti. Il ricorso fu respinto, secondo quanto segnala l'autrice, senza precisare la data.

2.6. Il 3 agosto 1993 l'Assemblea Costituente del Perù ristabilì la pena di morte per atti di terrorismo. L'autrice teme che questa nuova disposizione si applichi con effetto retroattivo al marito e che, di conseguenza, lo si condanni a morte.

2.7. L'autrice non indica se la stessa questione è stata sottomessa ad altra istanza di investigazione o soluzione internazionale. Nonostante questo, il Comitato ha avuto conoscenza di un’altra comunicazione che concerne il marito dell'autrice che fu sottoposto alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani e che fu registrato in essa con il Nº 11.048, anche se non è in corso di esame attualmente.

La denuncia

3. L'autrice afferma che la situazione descritta evidenzia che suo marito fu vittima di violazioni da parte del Perù del paragrafo 1 dell'articolo 2 e degli articoli 7, 10, 14 e 16 del Patto.

Informazioni e osservazioni dello Stato in causa e commenti dell'avvocato

4.1. In un esposto del 1º febbraio 1995 lo Stato in causa chiese al Comitato che desistesse dall'esaminare la comunicazione, osservando che l'autore era stato giudicato in accordo con la legislazione relativa ad atti di terrorismo, con un totale rispetto dei suoi diritti umani. Lo Stato aggiunse che l'autore riceve un trattamento corretto da parte delle autorità penitenziarie, come si è potuto osservare nelle visite periodiche fatte dai delegati del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

4.2. In quanto ai supposti maltrattamenti di cui fu oggetto il marito dell'autrice, lo Stato in causa afferma inoltre, in una nota verbale in data 1º febbraio 1995, che fu visitato dai delegati della Croce Rossa e il 20 dicembre 1994 dal pubblico ministero del distretto e un medico forense. Nessuno di essi riscontrò segni di maltrattamenti sul Signor Polay Campos, e le contrazioni muscolari e la tensione emotiva di cui soffre sono considerati sintomi normali dell'incarceramento.

4.3. In una nuova esposizione di data 21 marzo 1995 lo Stato in causa afferma che l'autrice non ha presentato nessun argomento nuovo ne discute l'esposizione dello Stato in causa. Tuttavia lo Stato in causa non considera ne rifiuta specificamente gli argomenti dell'autrice riguardo al fatto che suo marito fu maltrattato e torturato.

5. L'autrice formulò commenti su questo esposto ma non apportò nuove prove.

Decisione del Comitato sull'ammissibilità

6.1. Nel suo 56º periodo di sessione, nel marzo 1996, il Comitato esaminò l'ammissibilità della comunicazione. Osservò che un assunto concernente il Signor Polay Campos era stato presentato alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani, registrato nell'agosto del 1992 come assunto 11.048, ma che la Commissione aveva segnalato che non aveva previsto di preparare nessuna comunicazione su questo assunto nei prossimi 12 mesi. In queste circostanze, il Comitato considera che l'inciso a) del paragrafo 2 dell'articolo 5 del Protocollo Facoltativo non gli impedisce di esaminare la comunicazione.

6.2. In quanto alla denuncia per la quale il Signor Polay Campos è stato torturato e maltrattato, in violazione degli articoli 7 e 10 del Patto, il Comitato considera che i fatti presentati sembrano effettivamente suscitare questioni relazionate al Patto, e in particolare con i suoi articoli 7 e 10.

6.3. In quanto alla denuncia per la quale si possa applicare retroattivamente la pena di morte al Signor Polay Campos, non c'è alcuna prova che le disposizioni della nuova legge peruviana, che amplia l'ambito di applicazione di questa pena, siano applicate retroattivamente in questo caso. Di conseguenza, il Comitato considera che questo allegato sia inammissibile in accordo all'articolo 2 del Protocollo Facoltativo.

6.4. Il Comitato prese nota che l'autrice aveva formulato accuse dettagliate sul regime di detenzione di suo marito e sulla presunta incompatibilità nel procedimento incoato davanti al tribunale militare speciale e l'articolo 14. Il comitato prese nota della posizione sostenuta dallo Stato in causa sul motivo per cui nel giudizio penale contro il Signor Polay Campos si sono seguiti i procedimenti stabiliti dalla vigente legge antiterrorista del Perù. Il comitato incluse alla conclusione che doveva esaminare questa questione in quanto al suo fondamento.

6.5. Di conseguenza, il 15 marzo 1996 il Comitato dichiarò che la commissione era ammissibile. In particolare, si chiese allo Stato in causa che fornisse al Comitato copie delle note pertinenti i delegati del Comitato Internazionale della Croce Rossa riguardo alle loro visite al Signor Polay Campos, così come quelle del pubblico ministero del distretto e del medico che visitò e esaminò il Signor Polay Campos il 20 dicembre 1994, e le note delle visite seguenti. Si chiese allo Stato in causa che fornisse al Signor Polay Campos trattamento medico adeguato nel suo luogo di detenzione. Inoltre, si chiese allo Stato in causa che facilitasse al Comitato informazioni dettagliate sul funzionamento dei tribunali speciali stabiliti in virtù della legislazione antiterrorista del Perù e sulle attuali condizioni di detenzione della vittima.

Osservazioni dello Stato in causa in quanto al fondamento

7.1. In tre comunicazioni di data 27 agosto, 12 e 18 novembre 1996 lo Stato in causa fornì copia di alcune delle note informative sollecitate dal Comitato, unite con informazioni sul trattamento medico dispensato al Signor Polay Campos e le sue attuali condizioni di detenzione. Tuttavia, non dice nulla sulle condizioni di detenzione del Signor Polay Campos nella prigione Castro Castro di Yanamaio, ne dei supposti maltrattamenti di cui fu oggetto durante il trasferimento da Yanamaio alla prigione di massima sicurezza della base navale del Callao.

7.2. Lo Stato in causa segnala che si presentarono documenti riguardanti il Signor Polay Campos quando fu trasferito alla base navale del Callao. Uno era una nota informativa sullo stato psicologico, datato 22 luglio 1992 in Puno, (vicino alla prigione di Yanamayo) in cui si qualificano come normali la salute e lo stato apparente della supposta vittima; l’altro era documentazione del Signor Polay Campos preparato da un dipartimento del Ministero di Giustizia.

7.3. In quanto alla salute del Signor Polay Campos, lo Stato in causa invia di tre note informative. La prima, di data 26 aprile 1993, concludeva che la salute e il suo stato apparente erano normali (valutazione generale: ... sveglio ... orientato nel tempo-spazio e persona. Un po' ansioso, non riferisce nessuna molestia). Segnalava inoltre che il Signor Polay Campos non presentava cicatrici o altri segni di maltrattamento ("... pelle e annessi: nessun segno di lesioni primarie e secondarie").

7.4. La seconda nota informativa fornita dallo Stato in causa si rimette al giudizio della visita che il pubblico ministero del distretto e di un esperto forense fecero al Signor Polay Campos il 20 dicembre 1994 (si veda il paragrafo 4.2 sopra). Segnala che il Signor Polay Campos soffre realmente di contrazioni muscolari dovute principalmente alla tensione psicologica provocata dalle sue condizioni di detenzione. Afferma inoltre che il Signor Polay Campos ha dolori al braccio sinistro, che devono essere trattati con farmaci (Piroxican). La nota informativa afferma che la tensione emotiva a cui è stata sottoposta la vittima richiede la prescrizione di calmanti che gli permettano di conciliare un sonno riparatore, anche se l'ideale sarebbe un trattamento psicologico prolungato. Per il resto, il Signor Polay Campos è stato trovato in buono stato di salute e gli esami clinici realizzati non rilevano nessun segno di pressione o maltrattamenti fisici. Il Signor Polay Campos confermò che riceveva visite mediche ogni due settimane e che nella ultima occasione gli si prescrisse Piroxican; confermò inoltre che ogni volta che aveva problemi di salute era visitato da un dottore e riceveva la medicazione adeguata. Inoltre ricevette il trattamento ai denti di cui aveva bisogno.

7.5. La terza nota informativa, redatta in una data non specificata del 1996, inoltre conclude che la salute del Signor Polay Campos è normale (buono stato generale, lucido, orientato nello spazio-persona e nel tempo comunicativo, entimico asintomatico - peso 76 kg.) e che non si riscontravano segni che stesse perdendo la vista, come sosteneva sua madre ("visione e campo visuale conservati..."). Quest'ultima nota informativa includeva un riassunto di tutte le visite mediche e una lista dei medicamenti prescritti per il trattamento del Signor Polay Campos. Lo stato in causa ripete che dal suo trasferimento alla base navale del Callao, Victor Polay Campos ha ricevuto visite mediche approssimativamente ogni due settimane e tutte le volte che la sua situazione lo ha richiesto. Ha ricevuto e continua a ricevere attenzione psichiatrica e dentale.

7.6. Lo Stato in causa ripete che il Signor Polay Campos ha ricevuto inoltre visite regolari di delegati del Comitato Internazionale della Croce Rossa, che hanno confermato le informazioni sulla sua salute preparate dai dottori della base navale del Callao. Aggiunge che mai ha ricevuto informazioni scritte da delegati della Croce Rossa, poiché le visite al Signor Polay Campos hanno un carattere confidenziale. Secondo una lista inoltrata dallo Stato in causa, il Signor Polay Campos fu visitato dai delegati della Croce Rossa in 21 occasioni tra l'inizio di dicembre 1993 e la fine di agosto del 1996; da questa lista si apprende che il tempo più lungo trascorso tra due visite fu di tre mesi e 28 giorni (tra il 25 ottobre 1994 e il 22 febbraio 1995).

7.7. In quanto alle attuali condizioni di detenzione di Victor Polay Campos, lo Stato in causa inoltra le seguenti informazioni sui suoi diritti:

-30 minuti al giorno di passeggio o di attività sportive nel patio della prigione;

-una visita al mese della durata di trenta minuti dei famigliari;

-3 ore alla settimana per sentire cassette in un walkman;

-lavaggio dei vestiti una volta alla settimana;

-taglio dei capelli una volta ogni 2 settimane;

-3 pasti al giorno;

-accesso a libri e materiali di lettura;

-e possibilità di scambiare corrispondenza con i famigliari;

7.8. Lo Stato in causa non da informazioni sul giudizio di Victor Polay Campos e nemmeno sui procedimenti generali seguiti dai denominati "tribunali di giudici senza volto". Si limita a inviare una copia della opinione giuridica del Procuratore della Repubblica Supremo, di data 21 aprile 1993, nella quale si conclude che la sentenza dettata dalla Sala Speciale del Tribunale Superiore di Lima (il 3 aprile 1993) è valida, poiché è conforme a tutti i requisiti processuali. Il Tribunale Supremo ratificò questa conclusione il 24 maggio 1993. Lo Stato in causa conferma che la sentenza della Sala Speciale del Tribunale Superiore di Lima è stabilita e che non risulta che in nome di Victor Polay Campos si sia inoltrato un ricorso di revisione della sentenza.

Esame della questione quanto al fondamento

8.1. Il Comitato per i Diritti Umani ha esaminato la presente comunicazione prendendo in considerazione tutte le informazioni che gli sono state inoltrate dalle Parti in causa, come prevede il paragrafo 1 dell'articolo 5 del Protocollo Facoltativo.

8.2. Due questioni si pongono nel presente caso: in primo luogo, se le condizioni di detenzione del Signor Polay Campos e i maltrattamenti che ha suppostamente ricevuto suppongano una violazione degli articoli 7 e 10 del Patto e, in secondo luogo, se il suo giudizio davanti a un tribunale di giudici anonimi ("giudici senza volto") costituisce una violazione del paragrafo 1 dell'articolo 14 del Patto.

8.3. In quanto alla prima questione, il Comitato ha osservato che lo Stato in causa non ha inoltrato nessuna informazione sulle condizioni di detenzione del Signor Polay Campos nella prigione Castro Castro, in Yanamayo, tra il 22 luglio 1992 e il 26 aprile 1993, ne sulle circostanze del trasferimento alla base navale del Callao, ma ha comunicato informazioni sulle condizioni di detenzione della vittima durante la sua reclusione al Callao. Il Comitato considera di trattare separatamente i due periodi.

Detenzione dal 22 luglio 1992 fino al 26 aprile 1993 e trasferimento da Yanamayo al Callao

8.4. L'autrice ha denunciato che Victor Polay Campos è stato in regime di incomunicado dal suo arrivo alla prigione di Yanamayo fino al suo trasferimento al centro di detenzione della base navale del Callao. Lo Stato in causa non ha rifiutato questa denuncia e nemmeno ha negato che non gli si è permesso di scrivere a nessuno ne di parlare con nessuno, proibizione che era implicita data la impossibilità di avere un colloquio con un giudice a latere, e neanche che era rinchiuso 23 ore e mezza al giorno in una cella senza illuminazione e a temperature vicino al punto di congelamento. A giudizio del Comitato, queste condizioni equivalgono a una violazione del paragrafo 1 dell'articolo 10 del Patto.

8.5. L'autrice sostiene che suo marito ricevette percosse e scariche elettriche durante il suo trasferimento alla base navale del Callao e che in questa circostanza fu presentato ai mezzi di comunicazione rinchiuso in una gabbia. Anche se lo Stato in causa non ha risposto a questa accusa, il Comitato considera che l'autrice non ha sufficientemente circostanziato la sua accusa rispetto alle percosse e all'applicazione di scariche elettriche al Signor Polay Campos durante il suo trasferimento al Callao, di conseguenza il Comitato non adotta nessuna conclusione a questo rispetto in relazione agli articoli 7 e 10, paragrafo 1. Tuttavia, è indiscutibile che il Signor Polay Campos fu presentato in una gabbia alla stampa durante il suo trasferimento al Callao; questo a giudizio del Comitato costituisce un trattamento degradante, in contravvenzione dell'articolo 7, così come un trattamento incompatibile con il paragrafo 1 dell'articolo 10, poiché non si è rispettata la dignità umana del Signor Polay Campos in tanto e in quanto persona.

Detenzione nel Callao dal 26 aprile 1993 fino ad ora.

8.6. In quanto alla detenzione di Victor Polay Campos nel Callao, dal denunciante si apprende che non fu autorizzato a ricevere visite dai familiari durante l'anno seguente alla condanna, vale a dire, fino al 3 aprile 1994. Inoltre, non ha potuto nemmeno inviare ne ricevere corrispondenza. Conferma questa ultima informazione una lettera inviata dal Comitato Internazionale della Croce Rossa all'autrice, dove si indica che i delegati della Croce Rossa non poterono consegnare al Signor Polay Campos diverse lettere che gli scrissero i suoi famigliari durante una visita che fecero il 22 luglio 1993, visto che la consegna e lo scambio di corrispondenza erano vietate. A giudizio del comitato, questo isolamento totale del Signor Polay Campos per il periodo di un anno, come le restrizioni imposte alla corrispondenza tra lui e la sua famiglia, costituiscono un trattamento inumano nel senso dell'articolo 7 del Patto, e sono incompatibili con le regole del trattamento umano stabilite nel paragrafo 1 dell'articolo 10 del Patto.

8.7. In quanto alle condizioni generali di detenzione del Signor Polay Campos nel Callao, il Comitato ha preso nota delle informazioni dettagliate dello Stato in causa sul trattamento medico che il Signor Polay Campos ha ricevuto e continua a ricevere, così come i suoi diritti in materia di svago, sanità, igiene personale, accesso al materiale di lettura, e corrispondenza con i suoi famigliari. Lo Stato in causa non ha fornito alcuna informazione sul fatto che il Signor Polay Campos resta in regime di "incomunicado" in una cella quadrata di due metri di lato e che a parte la sua ricreazione quotidiana vede la luce del giorno 10 minuti al giorno. Il Comitato esprime la sua grave preoccupazione riguardo a questi ultimi aspetti della detenzione del Signor Polay Campos. Il Comitato conclude che le condizioni di detenzione della vittima nel Callao, in particolare per quello che riguarda il suo isolamento durante più di 23 ore al giorno in una piccola cella e l'impossibilità di vedere la luce solare per più di 10 minuti al giorno, costituiscono un trattamento contrario all'articolo 7 e al paragrafo 1 dell'articolo 10 sul Patto.

Il giudizio del Signor Polay Campos

8.8. In quanto al giudizio del Signor Polay Campos e alla sentenza emessa il 3 aprile 1993 da un tribunale speciale di "giudici senza volto", lo Stato in causa non ha inoltrato nessuna informazione, nonostante la richiesta che gli era stata diretta a questo riguardo dal Comitato nella sua decisione sull’ammissibilità il 15 marzo 1996. Come già indicò il Comitato nelle sue comunicazioni preliminari il 25 luglio 1996 sul terzo bollettino informativo periodico e nelle sue osservazioni finali il 6 novembre 1996 sulla stessa comunicazione, i giudizi davanti a tribunali speciali costituiti da giudici anonimi sono incompatibili con l’articolo 14 del Patto. Non è possibile allegare a vantaggio dell’autrice che ha fornito scarse informazioni riguardo al giudizio del marito: di fatto, la stessa natura dei giudizi davanti a "giudici senza volto" in una prigione remota si basa sull’esclusione del pubblico dagli atti. In questa situazione, gli accusati non conoscono chi sono i giudici che li giudicano, e la possibilità che gli accusati preparino la loro difesa e parlino con i loro avvocati si scontra con ostacoli inaccettabili. Inoltre, questo sistema non garantisce un aspetto fondamentale di un giudizio giusto in conformità con l’articolo 14 del Patto: quello per cui il Tribunale deve tanto essere, quanto apparire essere indipendente e imparziale. Nel sistema con giudizi di "giudici senza volto", né la indipendenza né l’imparzialità dei giudici sono garantite, dato che il tribunale, stabilito ad hoc può essere composto da militari in servizio attivo. Secondo la opinione del Comitato, questo sistema non assicura affatto la presunzione d’innocenza, garantita nel paragrafo 2 dell’articolo 14. Nelle circostanze del caso, il Comitato conclude che sono stati violati i paragrafo 1, 2 e 3 (b) e (d) dell’articolo 14 del Patto.

9. Il Comitato per i Diritti Umani, attuato in virtù del paragrafo 4 dell’articolo 5 del Protocollo Facoltativo del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici, stabilisce che i fatti che gli sono stati esposti costituiscono violazioni dell’articolo 7 e del paragrafo 1 dell’articolo 10 del Patto per quanto riguarda la detenzione del Signor Polay Campos a Yanamayo, la sua esibizione pubblica rinchiuso in una gabbia durante il suo trasferimento al Callao, l’isolamento totale al quale fu sottoposto durante il primo anno della sua detenzione al Callao e le condizioni di detenzione a cui è sottoposto fino ad ora nel Callao; e dei paragrafi 1, 2 e 3(b) e (d) dell’articolo 14 per quanto riguarda il suo giudizio da parte di un tribunale composto da "giudici senza volto".

10. In conformità al comma a) del paragrafo 3 dell’articolo 2 del Patto, lo Stato in causa è obbligato a concedere al Signor Polay Campos un ricorso effettivo. La vittima è stata condannata in base a un giudizio che non si conforma alle garanzie basilari di un giudizio giusto. Il Comitato considera che il Signor Polay Campos debba essere posto in libertà, salvo che le leggi del Perù prevedano la possibilità di un giudizio che si compia con tutte le garanzie richieste dall’articolo 14 del Patto.

11. Tenendo conto che, nell’aderire in parte al Patto Facoltativo, lo Stato in causa riconobbe la competenza del Comitato per determinare se ci siano state o meno violazioni del Patto e che , in accordo all’articolo 2 del Patto, lo Stato in causa si è impegnato a garantire a tutte le persone che si trovano sul suo territorio o sottoposte alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel Patto e la possibilità di inoltrare un ricorso effettivo e applicabile se si prova che c’è stata una violazione, il Comitato desidera ricevere dallo Stato in causa, nell’arco di 90 giorni, informazioni sulle misure adottate per applicare la sentenza del Comitato.