CracK!!!
Notizie
allarmanti dei telegiornali sui miliardi che la borsa brucia ogni giorno.
Banche che saltano come birilli. Mutui, derivati e fallimenti. Cosa sta succedendo
per il credito e la finanza? E’ crisi vera, e una crisi di notevoli
dimensioni! Ma da dove nasce e dove ci porterà? (di Mommy) Reds - Ottobre
2008.
Tutto viene alla luce dalle vicende legate ai famosi e famigerati
mutui subprime negli USA.
In pratica, negli anni del boom edilizio (parliamo nei primi anni del duemila)
gli istituti di credito concessero con molta facilità ai propri clienti
i soldi necessari per acquistare la propria casa.
I mutui, di varii tipi e versioni, venivano concessi praticamente a tutti;
non solo ai clienti che le banche consideravano affidabili (cioè in
grado di restituire i soldi prestati), ma anche a chi si sapeva in anticipo
che “non se lo poteva permettere”. A questi ultimi, in particolare,
venivano concessi mutui che andavano a coprire anche l’importo totale
dell’immobile.
Questi mutui, definiti “subprime”, una volta concessi dalle bache,
venivano spesso “cartolarizzati”; ossia, cedevano il credito ad
altre banche in cambio di denaro fresco, con cui finanziavano nuovi mutui
e cosi via, alimentando una spirale senza fine.
Per consentire più agevolmente questi tipi di passaggi da banca a banca,
è intervenuta l’ingegneria finanziaria, che ha creato una serie
di prodotti contenenti questi mutui “particolari”.
Tutto sembrava scorrere bene e tutti sembravano guadagnarci: i clienti delle
banche (anche quelli più poveri) che avevano ottenuto il mutuo, le
banche che incameravano enormi introiti grazie alla concessione a pioggia
di crediti a privati e aziende, le società e le banche che collocano
i prodotti finanziari in borsa con guadagni a doppia cifra e dividendi distribuiti
agli azionisti, per non parlare poi dei dirigenti dei vari istituti di credito
che si sono visti crescere i propri compensi in poco tempo di 5/6 volte, e
le società di consulenza che (a pagamento) erano chiamate a dare un
giudizio sui vari soggetti che intervenivano nelle varie fasi delle manovre
finanziarie.
Ma nel 2007 inizia l’inversione di tendenza e si manifestano i primi
segnali di crisi.
Il meccanismo si inceppa nel momento in cui quei clienti a cui era stato concesso
“generosamente” il mutuo iniziavano a non pagare e a diventare
insolventi, cioè incapaci di restituire il prestito contratto con la
banca. Parliamo principalmente di lavoratori che vengono ridotti in povertà
ulteriore a causa della perdita del posto di lavoro o per altri motivi legati
alla crisi economica generale.
L’allargarsi di questa massa di soggetti insolventi ha fatto sì
che la credibilità e affidabilità degli strumenti finanziari
legati ai “mutui subprime” crollasero vertiginosamente, proprio
perché è apparso molto forte il rischio di non vedere restituiti
i soldi prestati.
Questa diffidenza del mercato si è poi allargata coinvolgendo tutto
il settore del credito specializzato nell’erogazione dei mutui.
Le prime banche a farne le spese sono state quelle degli USA, ma, immediatamente
dopo anche quelle della Gran Bretagna. In un primo momento, grazie all’intervento
dei Governi, che con i soldi dei contribuenti hanno coperto gli enormi debiti,
sono cadute solo le teste dei grandi dirigenti responsabili di queste temerarie
manovre finanziarie.
Ma successivamente le cose si sono complicate quando la crisi ha investito
anche le “banche d’affari”, cioè quelle isituzioni
che avevano contribuito a creare i prodotti derivati sui mutui e li avevano
distribuiti in tutto il mercato mondiale.
In un primo momento alcune banche storiche d’affari negli USA sono state
fatte fallire, perché sembrava che la presidenza USA , fedele alle
tradizioni repubblicane, non volesse essere troppo interventista soprattutto
in un settore delicato, appettitoso e strategico come credito e finanza.
Ma ad un certo punto, quando si è avuta la netta percezione della gravità
della crisi, il Governo USA (mettendo in soffitta tutte le teorie sul libero
mercato e sul liberismo finanziario) si è visto costretto ad intervenire
pilotando le altre banche d’affari verso allenaze con partner più
affidabili, o concedendo loro la possibilità di trasformarsi, cosi
da diventare banche tradizionali, con l’implicita possibilità
di ottenere accesso a fondi statali garantiti e alla raccolta diretta di denaro
fresco proveniente dai risparmiatori, al fine di non dipendere soltanto dal
denaro prestato da altri istituti di credito.
Un caso emblematico è quello che ha visto coinvolto il colosso americano
delle assicurazioni AIG (American International Group) fondato nel 1919 e
presente in 130 paesi.
Per superare la crisi AIG si era rivolta alle banche per avere un prestito
che gli consentisse di superare le difficoltà. Ma gran parte dei soggetti
a cui si è trovata a doversi rivolgere erano loro stessi in crisi (sono
le banche d’affari che fallirano o dovranno cambiare la loro struttura
per tirare a campare) pertanto la prospettiva del fallimento si presentava
molto seria.
Pur non avendo AIG, la gloriosa storia di alcune e più importanti banche
d’affari, che ciò nonostante sono state lasciate fallire, ma,
in virtù delle sue dimensioni e delle sue ramificazioni, non solo nel
mercato nazionale, ma anche internazionale, il governo Bush, tradendo la sua
filosofia, interviene concedendo un prestito.
L’ottenimento dell’aiuto pubblico è stato sicuramente determinato
dalla preoccupazione del Presidente di non creare nell’opinione pubblica
la sfiducia e l’idea dell’inutilità nei confronti dell’intero
sistema delle assicurazioni (macchina, vita, casa, salute, ecc).
La crisi sembra superare l’Oceano e arrivare nel vecchio continente.
In realtà segnali c’erano già stati con il fallimento
mesi fa di una banca inglese legata al mondo dei mutui, ma è in questi
giorni, successivamente ai crolli americani, anche in europa l’onda
lunga della crisi è arrivata.
È saltata una grande banca della zona euro, con i governi del Benelux
costretti ad intervenire per evitare il crack; da mesi ci sono voci su un
colosso svizzero che sarebbe sul punto di crollare e anche in Germania il
governo della grande coalizione sta studiando un piano per salvare un istituto
di credito specializzato in erogazione di mutui.
E in Italia?
Il governo italiano è nella task force europea che preparerà
misure per risolvere eventuali crisi, per cui le autorità sono in allerta.
Draghi, governatore della banca d’Italia, Tremonti ministro dell’economia
e tutti i maggiori esponenti delle istituzioni economiche finanziarie sostengono
che la situazione in Italia è diversa; le banche sono solide e non
corriamo rischi.
Dichiarazioni analoghe a quelle che avevamo sentito prima negli Usa, poi in
Eurolandia!
La verità è che non esiste solo la crisi che stiamo conoscendo
ed è purtroppo vero che tutta la comunità finanziaria è
fortemente interconnessa, per cui quello che succede in un mercato, non può
non coinvolgere altri mercati e i primi scricchiolii si sono cominciati a
sentire anche da noi.
Il primo gruppo bancario è stato negli scorsi giorni colpito da forti
perdite in borsa sull’ondata di voci che vedono la banca coinvolta nelle
vicende di prodotti finanziari che la stampa si è subito apprestata
a definire tossici ( le famose creazioni finanziare che non verranno mai rimborsate
ai clienti ).
In giorni in cui tutti i mercati finanziari hanno sofferto, e il settore bancario
in particolare, il titolo Unicredito ha visto giorni nerissimi, con sospensioni
nelle contrattazione per eccesso di ribasso (il meccanismo creato dagli organi
di vigilanza della borsa per evitare speculazioni che possano artificialmente
penalizzare un titolo). E’ stato appurato che Unicredito ha il problema
di esposizioni con i soggetti e con i prodotti coinvolti nella crisi, ed è
di fatto una banca europea per dimensioni e numeri.
I manager della banca, però, si stanno muovendo con tutto il loro peso:
emissione di un prestito obbligazionario per miliardi di euro (la banca cioè
chiede soldi ai risparmiatori), comparsate in televisione dei propri vertici,
possibile vendita di settori del gruppo e infine un aumento di capitale (cioè
un aumento dei mezzi economici della banca).
Basterà questo?
Oltre alla crisi legata ai mutui subprime, e ai prodotti finanziari a questi
collegati è latente, sicuramente, in italia una crisi dei mutui tradizionali.
Si allarga anche qui il numero di clienti che non pagano, per le stesse ragioni
che abbiamo accennato sopra, e banche che non vedranno i soldi che hanno prestato.
Sarà inevitabile la rivalsa da parte delle banche sugli immobili, che
comunque non consentirà di compensare l’importo erogato, con
conseguenze pesanti sul patrimonio e la liquidità delle banche.
Questo lo scenario odierno, in continua e drammatica evoluzione.
Gli esperti hanno più volte richiamato lo specchio del 29; altri hanno
sottolineato le analogie, ma anche differenze con gli eventi che furono alla
basse della grande depressione.
È indubbio che si tratta della prima vera grande crisi globale del
capitalismo finanziario.
I governi europei e mondiali stanno cercando di capire come agire in modo
congiunto per salvare il salvabile riversando nelle casse dei principali istituti
di credito ingenti somme di denaro. La volontà di non lasciare il settore
del credito e della finanza in balia alle “semplici” regole e
logiche del mercato, indica con chiarezza qual è il vero ruolo delle
istituzioni statali: il comitato d’affari della classe dominante.
Lo hanno dimostrato gli USA: lo stato è intervenuto per salvare un
settore che è un ganglio vitale dell’economia. Dietro al paravento
della difesa dei risparmiatori, l’azione vera è stata rivolta
a far sì che le banche continuino ad essere il riferimento delle imprese
per i loro investimenti e i loro processi di ristrutturazione.
Sicuramente i governi riusciranno a mettere in atto provvedimenti per tenere
in piedi il traballante castello del sistema finanziario mondiale; ma nulla
sarà più come prima per i lavoratori e i piccoli risparmiatori.
Verranno messe a punto nuove regole (invocate dagli stessi che sono responsabili
del disastro) e verranno favorite nuove aggregazioni tra banche, con l’obbiettivo
di ridurre i competitors e far crescere in dimensioni gli istituti di credito.
Ma nello stesso tempo sarà più difficile ottenere prestiti e
mutui, e per le aziende ricevere crediti per le proprie attività.
Ma passata la nottata, come diceva il grande Edoardo, ci guarderemo indietro
e chi chiederemo se la prossima crisi sarà quella definitiva che seppellirà
il capitalismo o sarà l’ennesimo scossone da cui nascerà
un nuovo capitalismo, proprio come faceva l’araba fenice.