L'educazione
e la globalizzazione neoliberale.
Estratti
dalla relazione presentata alla Iniciativa Democratica para la educacion en
las Americas. Di Larry Kuehn. Da ALAI. Novembre 1999.
L'istruzione
pubblica deve giocare un ruolo centrale in qualsiasi società che valorizzi
la democrazia e la giustizia sociale. Appoggiare l'educazione pubblica deve
far parte di qualsiasi programma sviluppato da gruppi impegnati a trasformare
la società in senso più democratico ed ugualitario. La maniera
in cui la globalizzazione si sta attualmente sviluppando, rappresenta una
minaccia contro la democrazia e l'uguaglianza sociale, così come contro
i sistemi di istruzione pubblica che si basano su questi valori. L'educazione
è l'area dove gli stati spendono di più ed è dunque un
terreno potenziale di privatizzazione. Si tratta, per il progetto neoliberale,
di una fetta di mercato potenzialmente vasta, ed è di importanza centrale
per l'intera economia. In generale poi sarebbe un problema per le multinazionali
se l'educazione avesse successo nel formare cittadini critici. L'educazione
primaria è ancora finanziata dallo stato nella maggioranza dei Paesi
e, per la dimensione dei costi, costituisce il terreno perfetto per attuare
tagli di bilancio. Nei Paesi meno sviluppati si sono fatti tagli a causa dell'imposizione
di programmi di aggiustamento strutturale (FMI). I tagli hanno significato
la limitazione del salario degli insegnanti, la creazione di cattive condizioni
nella dinamica di insegnamento-apprendimento, e in alcuni casi, l'imposizione
di rette a spese degli utenti. Nei Paesi sviluppati simili tagli si sono fatti
con la giustificazione che si stanno assottigliando i margini nella lotta
per la concorrenza globale, il che comporterebbe la riduzione di tasse e dunque
una minore consistenza dei beni erogati dal servizio pubblico. In tutti i
luoghi il processo è accompagnato da un incremento dell'istruzione
privata, stabilendo così due livelli di educazione. La dimensione
immensa dell'impresa educativa è stata sottolineata dalla Segreteria
internazionale dei sindacati dell'istruzione, che ha scritto: "la spesa
totale dello stato nell'istruzione arriva a un trilione di dollari, che sostiene
il costo di 50 milioni di insegnanti, un bilione di studenti e centinaia di
migliaia di istituzioni educative nel mondo". Questa è l'ultima
frontiera ad essere colpita dall'avventura del profitto. L'Organizzazione
Mondiale del Commercio trova un mercato crescente a livello internazionale
nell'istruzione postdiploma. Le forme del mercato comprendono vari settori
tra i quali quello dell'educazione a distanza. Lo sviluppo dell'educazione
a distanza offre la via più semplice per i progetti educativi transnazionali:
portata a tutte le frontiere dalle nuove tecnologie, risulta meno cara l'educazione
transnazionale che qualsiasi altra forma d'educazione. I vantaggi di produrre
capitale nell'area educativa sono simili ai vantaggi di fare cinema o televisione.
I corsi possono essere sviluppati per il mercato e la maggioranza dei costi
possono essere recuperati. Con un piccolo investimento addizionale questi
corsi possono essere offerti in altri Paesi, a basso costo. Non sorprende
che l'educazione a distanza sia sostenuta come la forma d'educazione dell'era
della globalizzazione. Gli USA sono il maggiore esportatore d'educazione,
pertanto non deve meravigliare che tra le intenzioni dell'OMC ci sia anche
quella di ridurre le barriere che impediscono la crescita dell'esportazione
educativa in altri Paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo. Oltre ad
essere un mercato da sfruttare, l'educazione è una delle chiavi per
lo sviluppo economico. La diffusione della tecnologia sta riducendo la quantità
di produzione lavorativa che non richiede addestramento. Le imprese dimostrano
un cresente interesse nell'educazione orientata alla produzione, quella che
risponde alle necessità dell'impresa. Notiamo che quando l'istruzione
si privatizza ed acquisisce fini commerciali, le aree didattiche culturali
e sociali perdono interesse a meno che non possano essere utilizzate anche
loro come oggetti commerciali.