I (deboli) argomenti della Sinistra governista
Nel
pieno del terzo anno di mandato, il governo Lula non lascia dubbi in quanto
al suo carattere social-liberale e, quindi, conservatore. Questo
articolo tratta delle difficoltà della “sinistra governista” a giustificare le sue posizioni. Di
Joao Machado(1). Febbraio 2005. (Traduzione di Antonello Zecca).
Premessa
Utilizziamo qui il termine “sinistra” per indicare i settori che
sono ancora orientati, per lo meno a parole, ad un progetto socialista. Lasciamo
fuori da questa definizione i settori dirigenti del “campo maggioritario”
del PT e coloro che non vedono grossi problemi nel governo Lula.
In questo modo chiamiamo “sinistra governista” i settori che fanno
critiche degne di nota al governo Lula, ma continuano a difenderlo; che, quando
possono, vi partecipano; e che si preparano ad appoggiarne la rielezione nel
2006.
Il termine “sinistra governista” non si applica perciò
a tutti quelli che sono ancora nel PT, o in partiti come il PCdoB(2)
.
Il nostro obbiettivo sono gli argomenti usati per giustificare la partecipazione
al governo Lula, e non al PT (o al PCdoB), sebbene siano partiti vincolati
alla difesa del governo.
Il rafforzamento del carattere social-liberale del governo Lula
Nel pieno del terzo anno di mandato, il governo Lula non lascia dubbi in quanto
al suo carattere social-liberale e, quindi, conservatore. Tre processi intrecciati,
ancora in corso, confermano e consolidano questa caratteristica.
In primo luogo, il rafforzamento della posizione del ministro Palocci e di
tutti i settori esplicitamente neoliberisti del governo principalmente a causa
dell’espansione dell’economia brasiliana nel 2004. E’ vero
che questa espansione non è stata sufficiente per aumentare di fatto
il livello di occupazione, e molto meno per iniziare ad invertire il quadro
di enorme concentrazione del reddito. È vero anche che la spiegazione
di fondo di tale espansione non ha nulla a che vedere con la politica di Palocci:
il 2004 è stato un anno di grande crescita dell’economia mondiale
e, in particolare, dei paesi cosiddetti “emergenti”. Tuttavia
il Brasile è il paese che meno è cresciuto, tra quelli “emergenti”.
Inoltre paesi dell’America Latina che hanno adottato politiche economiche
molto meno ossequienti del Brasile, come il Venezuela e l’Argentina,
sono cresciuti molto di più. Infine, è vero che la politica
economica praticata (tassi elevati, moneta supervalutata) ha già cominciato
a invertire il quadro economico espansivo. Nulla di tutto ciò è
rilevante per Lula e il suo governo: il risultato economico molto modesto
è venduto come la dimostrazione della genialità del ministro
Palocci e degli altri neoliberisti scolastici dell’equipe economica.
Il secondo processo negativo è lo svuotamento delle politiche del governo
Lula che possono (o potevano) esser viste come contraltare del suo orientamento
generale. Dall’insediamento, il settore che più si è distinto
dall’orientamento generale neoliberista del governo è stato quello
delle relazioni internazionali – senza essersene completamento distaccato,
anche perché parte della politica estera brasiliana è fatta
a partire dal Tesoro e dalla Banca Centrale. Negli ultimi mesi, d’altra
parte, le cattive notizie in questo campo si sono susseguite. Nei negoziati
nel WTO, il Brasile ha adottato una posizione di collaborazione con gli Stati
Uniti. Nei negoziati del Mercosur con l’Unione Europea, la posizione
della diplomazia brasiliana è stata estremamente negativa. E l’azione
peggiore del governo Lula nelle relazioni internazionali è naturalmente
l’invio di truppe brasiliane ad Haiti, in stretta collaborazione con
il governo degli Stati Uniti.
Il terzo processo negativo in corso riguarda le svolte già fatte o
annunciate nella composizione del governo. L’uscita del presidente Carlos
Lessa dalla BNDES(3) ha eliminato l’ultimo fuoco
di resistenza alle politiche neoliberiste che rimaneva nell’area economica
(altri settori di questa area che non sono, o non erano, neoliberisti scolastici
come l’ex-ministro e attuale presidente del BNDES, Mantega, si sono
dovuti piegare a una politica fondamentalmente neoliberista).
Anche altri membri del governo più avversi al neoliberismo, o a una
politica conservatrice in generale, sono andati via. Ci sono dimissioni molto
importanti attese a breve scadenza, quelle di Marina Silva, ministra dell’Ambiente,
che ha fatto collezione di sconfitte. E l’annunciata riforma ministeriale,
la cui realizzazione è prevista nei prossimi giorni, amplierà
la presenza di settori conservatori nel governo. In conclusione, è
sempre più difficile sostenere che il governo Lula non sia un governo
conservatore, che occupa fondamentalmente lo stesso spazio del governo di
FHC(4).
Argomenti iniziali della sinistra governista
Di fatto, il carattere globalmente conservatore, social-liberale, che il governo
Lula avrebbe assunto era chiaro prima dell’insediamento – almeno
dall’annuncio della sua squadra di governo, in cui risaltava l’equipe
tucana(5) neoliberista della Banca Centrale e gente
della stessa risma nel Ministero del Tesoro. Tuttavia la maggior parte della
sinistra brasiliana non era preparata a giungere a questa conclusione. Era
necessario perciò costruire un’argomentazione per giustificare
la difesa del governo, compresa la partecipazione ad esso. Vale la pena notare
che gran parte di coloro che hanno elaborato tali argomentazioni, ci credevano;
non si è trattato quindi in generale di malafede. D’altra parte,
è chiaro che eravamo di fronte a un caso estremo di wishful thinking:
si credeva in ciò in cui si voleva credere.
Gli elementi fondamentali di queste argomentazioni possono essere riassunti
in cinque gruppi:
1) Il governo Lula è il risultato di due decenni di accumulazione della
sinistra e dei movimenti sociali brasiliani; la sinistra brasiliana e il popolo
hanno ottenuto una grande vittoria nel 2002 – la più grande della
loro storia.
2) La sconfitta del governo Lula (e del PT) sarebbe una sconfitta storica
della sinistra brasiliana nel suo complesso - che non sarebbe in grado di
risollevarsi per decenni. È importante notare che, in questo caso,
quella che viene chiamata “sconfitta del governo Lula e del PT”
è la sua perdita di qualunque profilo e progetto di sinistra, che non
è ciò che Lula e il “campo maggioritario” del PT
vedrebbero come una sconfitta. Le due cose sono molto diverse.
3) I primi passi del governo non hanno rappresentato la “vera natura”
del governo. Sono solo una transizione a un governo del PT propriamente detto.
4) Sebbene la politica economica (o, per quelli che vogliono addolcire la
pillola, macroeconomica) sia neoliberista e che, quindi, ci siano forti settori
neoliberisti nel governo, questi ne costituiscono solo una parte. Il governo
è “in disputa”. Anche il PT è nel mezzo di una contesa,
e entrambe sono legate.
5) Anche in presenza di forti politiche neoliberiste nel governo, cioè
di cose negative, sono state fatte pure cose positive; non devono essere abbandonate.
Naturalmente tutti questi argomenti sono fragili e, talvolta, logicamente
incoerenti. Per esempio, dire che la sinistra brasiliana non potrebbe risollevarsi
per decenni di fronte alla sconfitta del governo Lula (nel senso della perdita
di un progetto di sinistra), può essere vero o no (io penso che non
lo sia), ma non dice nulla sulla natura del governo Lula. Il nostro obbiettivo
qui non è criticare queste argomentazioni; altri già lo hanno
fatto.
Indichiamo solo un punto fondamentale: la sinistra brasiliana si è
curiosamente poco preoccupata della questione dell’inclusione di gran
parte della destra brasiliana nella “base alleata”. In generale
ne ha parlato poco, né ha cercato di spiegare come un governo con una
“base alleata” tanto conservatrice possa essere considerato di
sinistra.
Gli argomenti della sinistra governista oggi
Che resta dei ragionamenti su menzionati?
Cominciamo dal punto 3, o della “transizione”. Questo argomento
non ha più alcun ruolo rilevante; nessuna persona seria potrebbe difenderlo
oggi. Ma esiste un argomento che attualmente può essere considerato
una sua variante: si tratta dell’affermazione che il governo Lula agisce
in condizioni molto difficili, poiché i rapporti di forza sono ancora
favorevoli al conservatorismo, al grande capitale, ecc… Questo è
l’argomento centrale della recente “Lettera ai Petisti”
approvata dalla maggioranza delle direzioni della DS e di Articulacao de Esquerda(6)
.
La “transizione” non sarebbe più quindi una tappa di governo
bensì un processo storico dalla durata indefinita. Ma se ciò
fosse vero, non resterebbe che valutare un ruolo marginale del governo in
relazione a questi rapporti di forza. Questi sta contribuendo a modificarli
o a rafforzarli tal quali? È difficile dimostrare come il governo Lula
possa in alcun modo aver aiutato a migliorare questi rapporti di forza a favore
dei settori popolari, essendo al contrario molto evidenti situazioni in cui
ha praticato al contrario un’offensiva nei confronti di questi settori,
insieme a tutta la destra.
Passiamo ora al punto 4, quello del “governo del PT in disputa”.
È chiaro come questa argomentazione – forse la più importante
nei primi mesi di governo – abbia perso quasi tutta la sua forza. Ma
sopravvive ancora, sebbene a un livello residuale. La vittoria della sinistra
del PT a Fortaleza(7) è spesso citata a suo favore
– ma è difficile affermare che compensi le molte sconfitte della
sinistra del PT. D’altra parte, l’argomento può essere
reinterpretato nel senso che sarebbe possibile migliorare aspetti del governo
– sebbene una contesa generale sull’orientamento complessivo del
governo sia impossibile. Si tratta, è ovvio, della legittimazione dell’orientamento
generale del governo in cambio di un piatto di lenticchie.
Un argomento che sopravvive un po’meglio riguarda il governo Lula “risultato
di più decadi di accumulazione”, cioè l’identificazione
della sinistra e del popolo con Lula e il suo governo (o con il PT). Ancora
possiamo incontrare persone che difendono con enfasi l’idea che “la
vittoria di Lula è stata un risultato storico per il lavoratori e le
classi popolari”, o che dicono, per giustificare la permanenza nel PT
e nel governo, che “il PT è erede di grandi lotte”, senza
esaminare con chiarezza il ruolo del PT oggi. L’asse di questo argomento
tuttavia non è più tanto saldo. Si parla meno di “grande
vittoria” rappresentata dall’elezione di Lula e più di
“aspettative popolari che ancora sussistono”. O si sottolinea
la forza che il PT, e soprattutto Lula, possiedono ancora nei settori popolari:
si dice che “la maggioranza dei militanti di sinistra in Brasile si
stringe ancora intorno al PT”. Ciò che non viene discusso è
se l’influenza di Lula e del PT aiuti o tarpi le ali alla causa socialista
e se quindi debba essere sostenuta o combattuta. Un’altra variante (abbastanza
curiosa) di questo ragionamento è il riconoscimento che il governo
Lula è pessimo, ma che esso rappresenta comunque il livello che la
lotta della sinistra è riuscito a conseguire. Senza parole.Una versione
particolarmente strana dell’argomento dell’identità Pt-lavoratori
è stata presentata in un articolo di Valter Pomar, pubblicato nel giornale
Democrazia Socialista (agosto 2004). Secondo lui, “il PT canalizza ancora
gli interessi dei lavoratori e non potrebbe smettere di farlo”. Questo
dirigente di Articulacao de Esquerda, che è stato il principale ideologo
della sinistra governista, afferma che “il PT si adopererà a
favore di settori della classe dominante solo se sarà capace di canalizzare
politicamente e elettoralmente gli interessi dei lavoratori”. In conclusione,
il PT manterrà questi vincoli.
Senza entrare nella questione se ciò sia o no vero, è difficile
presentare questo ragionamento come un argomento a favore della permanenza
del PT di persone di sinistra. O forse la sinistra socialista deve costruire
un partito che serva le classi dominanti?
Un altro gruppo di argomentazioni che, ridefinito a dovere, mostra ancora
una certa forza è quello per cui “la sconfitta del governo Lula
e del PT sarebbe una sconfitta storica della sinistra brasiliana”. Ciò
che si afferma è che la realtà starebbe confermando che la polarizzazione
reale nella società brasiliana oggi sia: PT (sinistra) vs. PSDB (destra),
e che non ci sarebbe spazio per una contesa del tipo: sinistra più
radicale vs. governo Lula + destra tradizionale, poiché quest’ultima
sarebbe la grande beneficiaria della sconfitta del governo Lula. Da questa
affermazione ci vuole poco a passare all’attacco contro le alternative
al PT, che starebbero così facendo il gioco della destra.
Il punto centrale di questo ragionamento, comunque, già si è
autodistrutto: quando Valter Pomar scrive, nel già citato articolo,
che “non è possibile sconfiggere allo stesso tempo il governo
Lula e la destra tradizionale”, riconosce (quasi esplicitamente) che
il governo Lula rappresenta una destra “non tradizionale”. Stando
così le cose, non è forse chi appoggia il governo Lula che fa
il gioco della destra? Inoltre, le molteplici alleanze del PT con il PSDB
e il PFL(8) , così come il fatto che questi partiti
abbiano marciato insieme in occasione della riforma della previdenza sociale,
nell’approvazione delle PPP(9) , nella difesa
della politica economica, ecc…, mostra che, al massimo, la disputa tra
il PT e il PSDB è simile alla disputa Democratici/Repubblicani negli
Stati Uniti: rivalità politica senza polarizzazione di progetti di
classe.
Infine, sopravvive l’argomentazione che “cose buone sono state
fatte dal governo Lula”. Ma, oltre ad essere l’argomento più
debole di tutti, è anche quello che risulta oggi più fragile.
Vale la pena di notare che, d’altra parte, è stata sviluppata
una nuova linea argomentativa. Il suo centro è l’affermazione
che “il centro della lotta non è situato nel governo, ma nella
società, nelle mobilitazioni, ecc…”. Questo ragionamento
a volte cerca di fare un critica “da sinistra” alle alternative
che si stanno costruendo, soprattutto al P-Sol (è importante notare
che non tutti coloro che utilizzano questa argomentazione fanno parte della
sinistra governista). In un certo senso, questa linea argomentativa è
un dispiegamento dell’affermazione che i rapporti di forza sono sfavorevoli,
mischiata a una visione strategica più a sinistra.
Il grande problema di questa analisi è che evita una valutazione del
punto centrale in discussione: il significato del governo Lula . Sia esso
o no il centro della lotta, qual è il suo ruolo? Aiuta o danneggia
il progetto socialista? Spesso, per rafforzare questo ragionamento da “orecchie
da mercante”, vengono impiegate affermazioni che, a rigore, nulla hanno
a che vedere con il governo Lula, come ad esempio l’enunciato (corretto)
che “siamo in presenza di un processo di lotta in America Latina che
non è stato sconfitto”.
Conclusioni
La vita, in particolar modo la vita argomentativa razionale, non è
facile per la sinistra governista. Considerate complessivamente, le argomentazioni
impiegate sono molto deboli. Da qui la domanda: non sarà che ciò
che oggi spiega l’esistenza di una sinistra governista siano questi
stessi argomenti?
All’inizio di questo articolo ho scritto che le argomentazioni della
sinistra governista sono un sintomo del fatto di credere in ciò in
cui si vuol credere – non di malafede. Non sarà il caso di concludere
che, ora, siamo invece di fronte a pura malafede, per giustificare la permanenza
nel governo?
NOTE DEL TRADUTTORE
(1) Joao Machado è militante della IV
Internazionale e membro dell’Esecutivo Nazionale Provvisorio del P-Sol
(partito del Socialismo e della Libertà), in cui dirige insieme ad
altri/e militanti della DS (Democrazia Socialista) fuoriusciti dal PT la corrente
Libertà e Rivoluzione.
(2) Partido Comunista do Brasil, uno dei due partiti comunisti brasiliani
(l’altro è il Partido Comunista Brasileiro – PCB -). Il
PCdoB nacque nel 1964 da una scissione con il vecchio PCB su posizioni vicine
al maoismo. Oggi è uno dei partiti che formano la base alleata del
governo Lula nel Parlamento Federale.
(3) Banco Nacional de Desenvolvimento Economico e Social, Banca Nazionale
per lo Sviluppo Economico e Sociale,
(4) Fernando Henrique Cardoso, presidente del Brasile dal 1994 al 2002, alla
testa del Partido Social Democratico do Brasil, di orientamento di centrodestra,
soprattutto per ciò che riguarda le politiche economico-sociali.
(5) Nel gergo politico brasiliano si intendono per “Tucani” gli
esponenti del PSDB di FHC.
(6) DS, Democrazia Socialista e Articulacao de Esquerda (Articolazione di
Sinistra) sono due tendenze di sinistra del PT, critiche a vario titolo delle
politiche di Lula. La maggioranza dei membri della DS sono attualmente nel
PT, tuttavia un numero crescente di compagni/e di questa tendenza sta lasciando
il PT in polemica con il corso del governo e del partito stesso, sia unendosi
al P-Sol, sia restando senza affiliazione partitica.
(7) Fortaleza è una città dello stato brasiliano del Cearà
che ha visto la vittoria di Luizanne Lins, della DS/PT, alla ultime elezioni
municipali. È stata l’unica città importante in cui la
sinistra del PT ha visto una vittoria rilevante, per il resto si ricorda la
sconfitta di Raul Pont a Porto Alegre, la città nota per l’esperimento
del Bilancio Partecipativo.
(8) Partido da Frente Liberal. Partito tradizionale della politica brasiliana
che rappresenta storicamente gli interessi della grande borghesia latifondista
e che è espressione di quella destra tradizionale di cui parla anche
Machado nel suo articolo.
(9) Parcerias Publico Privadas: si riferisce a un provvedimento legislativo
del governo Lula che riguarda di fatto nuovi processi di privatizzazione del
“patrimonio pubblico” brasiliano.