Intervista
a Ferrero
Dopo il congresso Ferrero ha rilasciato un'intervista in cui spiega meglio il contenuto del documento politico conclusivo sostenuto dalla maggioranza dei delegati. Da "Liberazione". A cura di Romina Velchi.
Per la cronaca, il neosegretario di Rifondazione comunista, piemontese, ha 48
anni, due figli, suona il pianoforte e non ama, dicono, borse e vestiti di marca.
Nel '79, appena uscito dall'istituto tecnico, entra nella Fiat come operaio
metalmeccanico e nell'80 è obiettore di coscienza: «La nonviolenza
l'ho scoperta un po' di anni fa; per me, è un valore da sempre».
Hai detto che andrai meno in tv...
Il problema non è andare meno in televisione, ma non pensare che il rapporto
tra noi e la nostra gente passi esclusivamente per la comunicazione televisiva.
La tv è necessaria, nessuno pensa il contrario. Ma c'è un altro
lavoro da fare: stare tra la gente in carne ed ossa e misurarsi con i problemi
reali del vivere quotidiano. La tv è un pezzo della propaganda e il nostro
lavoro non si può ridurre ad essa. Dobbiamo affrontare problemi concreti
e costruire risposte a questi problemi; dobbiamo evitare che la politica si
riduca a presenza nelle istituzioni e mera propaganda, ma sia lavoro sul territorio,
nei luoghi di lavoro, come ha sempre fatto il movimento operaio, come abbiamo
fatto da Genova in poi. Dobbiamo migliorare quel modello.
Ma come si fa a fare il segretario di un partito spaccato a metà?
Si fa lavorando onestamente per una gestione unitaria del partito. Domenica
ho proposto che il tesoriere del partito, che ha votato la mozione Vendola,
resti al suo posto e sono contento che abbia accettato: domani avremo un primo
incontro. A settembre proporrò anche a tutte le mozioni di entrare in
segreteria. Che non è un invito a sedersi su uno strapuntino, ma ad assumersi
responsabilità concrete. E si fa mettendo in campo con determinazione
nettissima la linea politica decisa al congresso, dopo mesi di discussioni interne
e un lungo periodo di progressiva passivizzazione. Insomma, facendo uscire il
partito dalle sue stanze. Il congresso ha deciso una linea chiara, ne propongo
la gestione unitaria.
Ma Vendola ha già detto che non entrerà in nessun organismo
dirigente. La "Rifondazione per la sinistra" sarà una spina
nel fianco?
Vedremo nel concreto. Io considero il pluralismo una ricchezza, se non è
correntismo. Il partito nel partito, al contrario, lo giudico un impoverimento.
Sarei perplesso se chi vuole l'unità della sinistra poi, per esempio,
proponesse una manifestazione solo della sua corrente.
Dicono che in realtà volevi fare il segretario fin dall'inizio; che sei
stato «furbetto» e hai impedito l'accordo con la mozione che aveva
il 47% dei voti.
Ho sempre detto che prima bisognava discutere di politica e non fare una sorta
di primarie. Sarebbe stato un plebiscitarismo, questo sì, sbagliato.
Quanto all'accordo, ci è stata proposta come base la relazione di Nichi
Vendola. Che è legittimo, ma non era una posizione condivisibile e non
diceva una parola sulla necessità di una svolta a sinistra dopo l'esperienza
del governo Prodi. Erano linee politiche diverse e c'era un rischio che andava
evitato a tutti i costi: produrre un documento ambiguo in cui non si capiva
niente, lasciando Rifondazione nel pantano. Nessuna delle mozioni ha avuto la
maggioranza assoluta e compito del congresso era determinare una sintesi. Questo
è stato possibile con le altre mozioni ma non con la due.
Ma è vero o no che la maggioranza che ha vinto il congresso è
eterogenea? Quale progetto politico la tiene insieme?
Intanto ricordo che questa maggioranza è meno eterogenea di quella che
sostenne Bertinotti contro Cossutta nel '98: c'era, per esempio, l'area di Sinistra
critica che oggi è fuori dal Prc. Ma, battute a parte, le quattro mozioni
si sono ritrovate su un progetto politico chiaro, che nel documento votato dal
congresso si articola in tre punti fondamentali. Il primo: si riparte da Rifondazione
comunista, come partito (le tesi della conferenza di organizzazione di Carrara)
e come progetto politico (il tema della rifondazione comunista e della trasformazione
radicale della società). Il secondo: rilancio a partire da un nuovo lavoro
nel sociale. La Sinistra arcobaleno ha perso perché era un'unità
di ceti politici fuori dalla società. Il che significa riscoprire il
senso pieno della parola politica: non solo stare nelle istituzioni, ma costruire
lotte e mutualismo, come era nel movimento operaio. E terzo: svolta a sinistra.
Cioè riprendere piena autonomia dal Pd. Non vogliamo essere l'estrema
sinistra di un partito liberale, ma il partito di un nuovo movimento operaio
che si pone il problema della trasformazione della società. Il nodo deve
essere la costruzione dell'opposizione a Berlusconi e Confindustria a partire
dalla difesa del contratto nazionale di lavoro. E in questo lavoro di costruzione,
fondamentale è tenere insieme questione sociale, questione morale, questione
democratica.
Ti riferisci alle polemiche su Di Pietro che hanno tenuto banco nel dibattito
congressuale?
Il mio lavoro è far sì che sia il Prc a convocare una piazza e
non partecipare alla manifestazione di altri con cui non si condividono molte
questioni. Dire che sono un giustizialista è una stupidaggine. Semplicemente
penso che la sinistra non può stare a guardare, deve muoversi e giustamente
mostrare la propria indignazione contro le leggi vergogna di Berlusconi. Meglio
Piazza Navona che niente. Ripeto: il nostro vero problema è farla noi
la manifestazione. E ne approfitto per respingere l'accusa di essere un plebeista.
Dico solo che non si può separare la politica dal sociale. Questa sì
sarebbe una visione subalterna. Bisogna socializzare la politica per politicizzare
il conflitto sociale.
Che vuoi dire?
A noi serve una politica nell'accezione più larga, che sappia padroneggiare
la complessità dell'agire politico. Per noi comunisti politica vuol dire
trasformazione della realtà, sia quando lavoriamo nelle istituzioni,
che quando lavoriamo nella società. Considero pericolosa l'autonomia
della politica (tipica della sinistra moderata), dove i ceti dirigenti si sentono
liberi di fare quello che vogliono. La politica come arte della governabilità,
come fatto separato dalla società, non c'entra niente con il comunismo.
Cos'era il Pci quando aveva due milioni di iscritti? Non era certo quello degli
eletti, ma quello che lavorava nei quartieri, nelle fabbriche. I consiglieri
erano i terminali della lotta che si faceva sul territorio (mi viene in mente
la battaglia contro la legge truffa). Non è quello che abbiamo fatto
dopo Genova? Invece, gli ultimi due anni hanno indotto nel Prc modifiche non
consapevoli di cultura politica. E' vero che la critica alla casta è
egemonizzata dalla destra e dalla Confindustria, ma non possiamo far finta di
niente. O facciamo nostra la critica, da sinistra, o siamo muti. Non a caso
proponiamo di attuare le decisioni prese a Carrara, come la rotazione delle
cariche e la non cumulabilità degli incarichi.
Il Pd è preoccupato. Veltroni dice che hanno vinto «le
posizioni più estreme». Vuoi far cadere tutte le giunte di centrosinistra?
Hanno vinto posizioni di sinistra. Non c'è nulla di estremista. Chiediamo
cose semplici come la giustizia sociale, la liberà, il rispetto dell'ambiente
e l'allargamento dei diritti. Mi viene da dire che chi ha iniziato la legislatura
con l'abbraccio a Berlusconi dovrebbe considerare estremista pure Rosy Bindi
e la dottrina sociale della Chiesa. Ed è una stupidaggine l'idea che
faremo cadere tutte le giunte locali. Sono boatos frutto di una campagna tesa
a deformare la nostra posizione, come quasi su tutto. Quello che diciamo è
che, nel rispetto dei livelli locali di decisione, occorre fare una ricognizione
della nostra attività istituzionale, per verificare se è coerente
con la nostra linea politica. Cioè se dà risposte alla domanda
sociale, visto che gli enti locali sono il primo interlocutore del cittadino
(si pensi alla casa, agli asili nido, alle rette, ecc) e il loro potere è
via via aumentato con il federalismo. Per come la vedo io, le giunte di centrosinistra
si devono distinguere nettamente da quelle di destra. In alcune questa differenza
è esigua. Lunga vita, quindi, alla giunta pugliese, ma ritengo sbagliato
rientrare nella giunta della regione Calabria.
29/07/2008