La V mozione al Congresso
Nazionale di Venezia.
Dopo
il VI congresso del PRC. Da Falce e Martello. Marzo 2005.
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Il Congresso nazionale del Prc ha ribadito ed
ulteriormente approfondito la linea proposta dalla maggioranza bertinottiana
a livello di circolo e di Federazione. La sensazione che nelle intenzioni di
Bertinotti si dovesse arrivare a una resa dei conti, sia politica che organizzativa,
è stata confermata dallo svolgimento del Congresso.Uno scorcio della
platea congressuale
Fin dalla relazione Bertinotti ha chiarito gli obiettivi dell’alleanza
di governo con Prodi: non si tratta di rispondere solo alla famosa “emergenza
democratica” ma di guidare una “grande riforma” dell’Italia,
da fare assieme agli altri partiti dell’Unione. “C'è una
parte della borghesia - quella che non pensa di poter risolvere tutto con la
finanziarizzazione - che si pone la questione della ricostruzione di un profilo
produttivo del paese, ed è pronta ad accettare una forte politica economica
pubblica.” (Liberazione, 03/03/2005)
L’orizzonte immediato è rappresentato quindi da un patto con la
borghesia produttiva, una chimera che da più parti negli ultimi trent’anni
si cerca disperatamente.
Questa svolta “governista” così brusca impone un rigido controllo
sul partito per poterla effettuare senza grossi problemi. Questo è il
senso delle modifiche sullo statuto, di cui una prima critica affidiamo per
ora alla dichiarazione congiunta delle opposizioni.
Più in generale il dibattito è stato condotto con la ricerca della
contrapposizione più netta. Ciò ha riguardato non solo sullo statuto,
le cui modifiche non sono state a disposizione dei delegati che al momento del
voto e dove si è negata addirittura la possibilità di un rinvio
del dibattito alla giornata successiva, come aveva proposto Giorgio Cremaschi.
Si è ripetuto nella votazione degli ordini del giorno, dove su quasi
tutti i temi principali (ritiro dall’Iraq, foibe, sindacato, ecc.) si
è scelta la via di testi contrapposti posti in votazione, col chiaro
intento di narcotizzare il dibattito.
L’intento della maggioranza non era quello di discutere (“la discussione
l’abbiamo già fatta, nei circoli” si argomentava) ma ratificare
il risultato, non celando da parte della presidenza il fastidio per il dissenso
e la critica. Esemplificativo di tale atteggiamento sono state le repliche del
segretario, dai toni molto aspri nei confronti delle minoranze.Il banchetto
di FalceMartello
Gli ordini del giorno delle minoranze sono stati tutti respinti, i compagni
potranno leggere sul nostro sito quelli sulle foibe e sulla nazionalizzazione
della Fiat.
Su quest’ultimo argomento il cambiamento delle parole d’ordine del
partito è fin troppo evidente. Poco più di due anni fa, all’epoca
della lotta di Termini Imerese, si indicava la nazionalizzazione della azienda
automobilistica come unica soluzione alla crisi (seppure tale slogan fu utilizzato
solo a scopo propagandistico, evitando di discuterlo con i lavoratori in lotta),
oggi si respinge un ordine del giorno che esige l’esproprio e il controllo
operaio del gruppo torinese e ci si limita a richiedere “l'ingresso dello
stato nel capitale della Fiat”, come ci spiega Paolo Ferrero su Liberazione
che ha definito in sede congressuale la nostra rivendicazione “una bella
lettera scarlatta”. A noi pare che invece una nuova iniezione di capitale
pubblico senza porre in discussione chi possiede e controlla la Fiat non sia
altro che un ennesimo regalo ai padroni.
Questo è solo uno dei tanti esempi di come la linea politica che ha vinto
il congresso sia dotata di un corto respiro che verrà costantemente smentito
dagli avvenimenti. Anzi forte del risultato congressuale, il nostro segretario
svilupperà ulteriormente la svolta moderata (come oggi quando richiede
“un atto di unità nazionale per il ritiro delle truppe”,
intervistato da Repubblica), accrescendo i dubbi anche fra tanti compagni che
hanno votato nel congresso la mozione uno.
Nel nuovo Comitato Politico Nazionale, composto da ben 260 membri, il quinto
documento elegge quattro compagni. Riconfermiamo Claudio Bellotti e Alessandro
Giardiello, ambedue della Federazione di Milano, a cui si aggiungono Simona
Bolelli, giovane operaia della Federazione di Modena e Jacopo Renda, membro
della Coordinamento Nazionale dei Giovani Comunisti, proveniente dalla Federazione
di Napoli.
La nuova Commissione Nazionale di Garanzia sarà composta da 25 membri.
A rappresentare il quinto documento sarà Alessio Vittori, della Federazione
di Roma.
In un congresso così polarizzato c’è stato tuttavia un grande
interesse per le nostre posizioni. Molti compagni si sono fermati per discutere
con noi al nostro banchetto. L’incasso totale per il materiale venduto
ammonta a oltre 400 euro.
Un ulteriore segnale che l’interesse per le nostre posizioni va ben al
di là del 1,64%. È proprio questo interesse che vogliamo sviluppare
nel prossimo periodo, sia tra i compagni che ci hanno sostenuto sia tra chi
ha appoggiato altre mozioni, coscienti delle grandi sfide che attenderanno i
comunisti e il movimento operaio nei prossimi anni.