Intervista a Vladimiro Merlin
Esponente
autorevole della mozione congressuale n. 2 “Essere Comunista”, membro
del Comitato Politico Nazionale nonché Coordinatore Cittadino PRC Milano
. Reds Giugno 2005.
Domanda:
In occasione delle ultime elezioni regionali, il PRC ha ottenuto un risultato
al di sotto della gran parte delle aspettative. Come ti spieghi questi dati
a solo un anno di distanza dal buon successo delle europee?
Risposta: Penso che il motivo principale del successo del PRC
alle elezioni europee sia stata la correzione della linea del V° congresso,
che ha messo al centro della linea del nostro partito la questione di battere
la destra e cacciare Berlusconi, e quindi la necessità della unità
di tutte le forze di opposizione, di cui il PRC è stato visto come uno
dei protagonisti, ferma restando la nostra qualificazione forte sui contenuti
e nei rapporti con i movimenti (dei lavoratori, per la pace, no-global ecc.).
Quel voto non è stato, invece, una adesione ideologica dell’elettorato
alla nuova identità del partito, come rivendicato dal segretario nazionale,
cioè non è stato il portato di una adesione al tema della non-violenza,
alla rottura con l’identità comunista ed alle varie “innovazioni”
del V° congresso.
La dimostrazione di ciò è stato il risultato negativo che il PRC
ha ottenuto nella tornata di elezioni regionali (in cui si è quasi azzerata
l’avanzata delle europee).
La causa di questo arretramento è da ricercare nel modo sbagliato con
cui è stata praticata la linea politica di unità per battere la
destra.
La scelta di entrare organicamente nell’Unione (cioè nel Centrosinistra)
e di dare per scontata l’entrata del PRC al governo, prima ancora che
ci fosse una discussione ed una definizione del programma, ha portato il PRC
ad assumere, di fatto, un ruolo subalterno all’Unione ed in particolare
a Prodi. Si sono sbiaditi l’immagine ed il ruolo del PRC sui vari temi
politici e sociali che ci hanno sempre caratterizzato, ed il nostro rapporto
con i movimenti ha incontrato difficoltà.
Sono questi aspetti che hanno, principalmente determinato il risultato negativo
dell’ultimo passaggio elettorale, per il PRC, proprio mentre più
o meno tutte le altre forze dell’Unione hanno registrato dei progressi,
compresi partiti più piccoli e meno radicati del PRC nelle realtà
locali.
Queste difficoltà sono state ulteriormente aggravate dal progressivo
spostamento su posizioni sempre più “moderate” e centriste
della maggioranza del Centrosinistra, deriva che la linea politica attuale del
PRC non ha saputo contrastare efficacemente.
Domanda: Il congresso del PRC si è concluso in maniera
piuttosto "forte" con una secca separazione tra la maggioranza e le
quattro minoranze. A livello locale però, nella formazione dei gruppi
dirigenti, registriamo una situazione diversa. Qual è la tua valutazione
su questo fenomeno?
Risposta: La “rottura” che si è verificata
al VI° congresso tra la maggioranza (il doc.1) e tutte le altre posizioni
presenti nel partito (gli altri 4 doc.) è stata determinata dall’applicazione
di un rigido principio maggioritario nel PRC, sia per quanto riguarda le modifiche
allo statuto (la nostra “costituzione”) che nella formazione dei
gruppi dirigenti dove una maggioranza del 59% ha “preso tutto” (di
fatto il 100%) nella gestione del partito.
Questa scelta è stata voluta e praticata unilateralmente dalla maggioranza,
mentre da parte dei compagni dei vari documenti alternativi sono venute, sia
sul piano politico, che sullo statuto, che riguardo alla formazioni dei gruppi
dirigenti e della gestione del partito, proposte unitarie e di mediazione, che
cercavano di mettere a valore ciò che ci unisce, più che ciò
che ci divide.
La responsabilità e la scelta di averle respinte è stata, lo ripeto
dei compagni del doc.1 (anche con dichiarazioni esplicite ed autorevoli dal
palco).
Tra le altre cose una delle preoccupazioni che avevamo noi di “Essere
comunisti”, ma penso anche i compagni degli altri documenti alternativi,
era che un congresso chiuso in quel modo avrebbe esasperato le contrapposizioni
interne e quindi messo in difficoltà il partito di fronte agli impegnativi
passaggi politici successivi (come infatti è stato nelle elezioni amministrative,
ma non solo, anche in relazione alla necessaria battaglia politica da fare sul
programma con il Centrosinistra).
Se questa dinamica e queste scelte, per noi sbagliate e nocive per il partito,
si fossero riprodotte meccanicamente a livello locale sarebbe stato un ulteriore
elemento negativo.
Per questo, non solo a Milano, ma in tutta Italia, la nostra posizione è
stata che laddove si poteva concretizzare un processo opposto a quello che si
era determinato a livello nazionale, questo sarebbe stato un fatto positivo,
che dimostrava l’impraticabilità e l’erroneità delle
scelte nazionali.
Condizione necessaria in tal senso, doveva essere la reale unitarietà
dei gruppi dirigenti che si andavano a costituire, con pari dignità e
ruolo per tutte le posizioni politiche congressuali che ne entravano a far parte.
Nel caso di Milano questi aspetti si sono, a nostro parere, verificati e quindi
abbiamo deciso di entrare negli organismi esecutivi della Federazione, fermo
restando che questa nostra scelta sarà soggetta ad una verifica “fattuale”
nei prossimi mesi.
Questo non significa abbandonare le posizioni politiche da noi sostenute al
congresso, ma anzi cercare di far vivere nell’iniziativa politica concreta
e territoriale quegli elementi (battaglia politica sui contenuti con il Centrosinistra
e costruzione di un programma comune con le forze politiche e sociali della
sinistra di alternativa e con i movimenti) che hanno caratterizzato la nostra
critica alla linea politica espressa nel 1° doc. congressuale, per quanto
riguarda la questione dell’ unità per battere la destra.
Domanda: Qualche previsione. Avremo un anno di agonia del governo
di Berlusconi, poi, si suppone, un governo dell'Unione. Che previsioni fai sulla
tenuta del PRC e le sue possibilità di sviluppo?
Risposta: In parte la risposta a questa domanda è contenuta
nelle due precedenti. La tenuta e le possibilità di crescita del PRC
(sia sul piano elettorale, che nel radicamento del partito) sta nella capacità
di far vivere la giusta linea dell’unità per battere la destra
con la necessaria autonomia di iniziativa politica e di contenuti rispetto al
Centrosinistra, nella capacità del PRC di essere (diventare) il riferimento
politico di quei settori (sociali, sindacali e di movimento) più avanzati,
che hanno ben chiara la necessità di battere Berlusconi, come premessa
ad ogni altro passaggio politico, ma nello stesso tempo chiedono una alternativa
reale alle politiche liberiste sulle questioni sociali, economiche , della pace
ecc.
E’ questo che il PRC non sta, purtroppo, facendo.
Siamo passati dal concetto errato delle “2 destre” e della rottura
della gabbia del Centrosinistra all’ingresso organico nell’Unione
e nel “futuro” possibile governo Prodi.
Da un estremo all’altro. Mentre in mezzo ci sarebbe un ampio spazio politico
per un partito unitario contro la destra ma fortemente caratterizzato sui contenuti
e nel conflitto sociale.
Su questa strada si aprirebbero, a mio parere, grandi potenzialità per
il PRC, mentre se la linea che pratichiamo si concretizza nell’entrata
del PRC in un governo fortemente connotato su politiche “moderate”
(in particolare sulle questioni sociali e del lavoro e della guerra) il rischio,
per il nostro partito è di una grave crisi, sia nel consenso sociale
ed elettorale, sia nel corpo stesso del partito.
Domanda: Come vedi in prospettiva la crescita dell'area di influenza
del PRC? Crescita su se stesso, oppure vicinanza sempre più stretta a
PdCI, verdi e sinistra DS, oppure una dinamica di costruzione tipo Izquierda
Unida, oppure ...
Risposta: Anche la risposta a questa domanda sta, in parte
in quanto detto finora, ma aggiungo che ritengo assolutamente negativa, per
il futuro del PRC, una ipotesi del tipo di Izquierda Unida, che anche nella
variante del Partito della Sinistra Europea, calato in Italia, non presenta
sostanziali differenze.
Prima di tutto l’esperienza di Izquierda Unida si è già
dimostrata ampiamente fallimentare, non solo in Spagna, ma pure in altri paesi
dove è stata attuata in forme similari, ed anche in Italia le varie esperienze
di liste più o meno “alternative” che in vari passaggi elettorali
sono state presentate (con il contributo del PRC) hanno dato risultai negativi.
In ogni caso per quella strada si va verso la cancellazione, di fatto, dell’esistenza
e del ruolo di un Partito Comunista, cosa che mi vede completamente in disaccordo.
Neppure la strada di operazioni politiciste con le forze politiche della sinistra
di alternativa, come indicato nella domanda (PDCI, Verdi, Sinistra DS, peraltro
molto diverse tra loro) mi sembra sia una prospettiva valida per il futuro del
PRC.
Questi rapporti vanno coltivati e sviluppati (ma non solo sul versante politico,
come ho già detto la sinistra di alternativa è anche composta
da grandi organizzazioni di massa, sindacali, ma non solo, vedi ARCI ecc., ma
anche dai movimenti ecc.) ma la prospettiva del PRC non può “annullarsi”
in questi rapporti.
Io ritengo che attraverso la pratica di una linea politica che in parte ho prima
sommariamente delineato vi siano oggi in Italia le condizioni per rilanciare
la prospettiva del PRC come Partito Comunista con basi di massa, sia per quanto
riguarda il consenso elettorale che per il radicamento del partito.
Certo questo non significa né autosufficienza né chiusura del
partito su se stesso, anzi esattamente il contrario come ho cercato, fino a
qui, di spiegare.
Domanda: Si avvicina il congresso della CGIL. Il dibattito
nella sinistra CGIL è: mozione unitaria con la maggioranza o mozione
alternativa. Da che parte state? E a che condizioni?
Risposta: Questo punto, come in realtà anche i precedenti,
richiederebbe uno spazio più ampio di quanto ne possa usare qui per essere
affrontato adeguatamente, cercherò comunque di sintetizzare, anche a
costo di essere un po’ schematico e riduttivo, come in parte ho dovuto
fare finora.
Non c’è dubbio che la CGIL in questi ultimi anni ha avuto una evoluzione
positiva su tutto un insieme di questioni (guerra, conflittualità sindacale,
rapporto con i movimenti ecc.).
In parte vi è stata “costretta” da un lato dalla politica
del governo della destra e del padronato (di D’Amato) ed anche dalle scelte
delle altre confederazioni (CISL e UIL e loro tentativo di dialogo con Berlusconi)
e dall’altro da una spinta sempre più forte della sua base e dei
lavoratori che vivono una condizione sia nei luoghi di lavoro che sociale sempre
più insostenibile.
Ma è comunque vero che tutto questo ha determinato uno spostamento della
CGIL (per non parlare della FIOM) che modifica il contesto in cui si colloca
questo congresso rispetto agli ultimi che lo hanno preceduto.
La sinistra della CGIL non può non tenere conto di ciò (poi dirò
come, secondo me).
E’ altrettanto vero, però, che questo spostamento della CGIL non
ha determinato in modo compiuto una nuova linea (e cultura) sindacale che chiuda
con la concertazione e faccia i conti con i gravi errori della politica sindacale
degli anni ’90 (fino alla accettazione della guerra come “ contingente
necessità”).
E’ evidente che in questo quadro non vi sono garanzie che in un futuro
molto prossimo (governo dell’Unione, confindustria “concertativa”
di Montezemolo) la CGIL non ricada in una logica di concertazione e di “sacrifici”
(conti pubblici allo sfascio, crisi economica ecc.).
L’atteggiamento e le scelte della sinistra della CGIL, nel prossimo congresso
devono tenere conto di entrambi questi aspetti.
Dico subito che, in questo quadro, ritengo sbagliata la scelta di “annullare”
la sinistra della CGIL nella mozione di maggioranza, garantendosi semplicemente
uno spazio negli organismi dirigenti e nell’apparato.
La battaglia della sinistra CGIL ha una storia di decenni e sarebbe sbagliato
che “scomparisse” in questo congresso, anche rispetto alle possibili
contraddizioni che, come ho già detto, potrebbero aprirsi nella possibile
fase post Berlusconiana.
La forma in cui si può esprimere non è, a mio parere, di per sé
fondamentale, può essere tanto un documento quanto degli emendamenti
qualificanti (purché sia consentita la rappresentanza negli organismi
dirigenti in base ai voti raccolti ).
Nel caso degli emendamenti è evidente di per sé, nel caso del
documento non è necessario che si ponga in contrapposizione frontale
con il documento di maggioranza, come è stato in altre fasi, anzi, credo
che dovrebbe porsi come un elemento di confronto e di dialogo con le posizioni
di maggioranza, questo per valorizzare gli elementi positivi che sono emersi
in CGIL negli ultimi tempi.
Ma nello stesso tempo deve riprendere e riproporre quelli che sono stati e dovrebbero
essere gli elementi qualificanti e caratterizzanti delle posizioni della sinistra
della CGIL, che non riprendo qui per brevità, sia in termini generali
che rispetto alle specificità delle varie categorie (es. metalmeccanici,
scuola ecc.).
La presenza e la visibilità della sinistra CGIL anche in questo congresso
è il modo migliore per incidere sugli orientamenti della maggioranza
della CGIL , per tenerla ancorata a quegli aspetti positivi che ha maturato
in questi anni ed, anzi, cercare di farla progredire verso posizioni ancora
più avanzate.
Domanda: Al di fuori del PRC ben poche persone riescono a comprendere
le differenze tra i quattro raggruppamenti di minoranza. Puoi tentarne una sintesi
"didattica"?
Risposta: Questa ultima domanda mi mette ancora più
in difficoltà rispetto alla necessità della sintesi, perché
se è già difficile sintetizzare le proprie posizioni su argomenti
vasti e complessi come i precedenti, sintetizzare le posizioni altrui rischia
di diventare una caricatura.
Scusandomi quindi in partenza con i compagni degli altri documenti per la necessaria
schematicità e sottolineando che mi limiterò ad evidenziare solo
alcune delle differenze che vi sono direi che:
Noi di “Essere comunisti” siamo quelli che hanno più valorizzato
il cambiamento di linea seguita al V° congresso, del resto già in
quel congresso avevamo cercato di segnalare che la teoria delle “2 destre”
era errata, che Berlusconi e la destra italiana avevano in sé elementi
di particolare pericolosità (anche nel quadro delle destre europee) fino
a sfiorare un rischio di eversione e di pericolo per la democrazia del nostro
paese.
Certo per noi la necessità dell’unità contro la destra non
ha mai implicato, ne implica, automaticamente un ingresso del PRC al governo,
come credo abbiamo chiaramente evidenziato nel VI° congresso.
Su questo tema, secondo noi, i compagni del 3° doc. sottovalutano il pericolo
della destra, non capiscono la necessità di una politica unitaria e sottovalutano
l’importanza che attraverso tale politica si possano conseguire obiettivi
parziali che, però, possono condurre ad una modifica dei rapporti di
forza tra le classi e tra le forze politiche.
In sostanza noi riteniamo che una politica delle alleanze che però salvaguardi
l’autonomia del PRC ed il suo sostegno e la sua presenza attiva nel conflitto
sociale sia la strada migliore per modificare gli attuali rapporti di forza
sociali e politici ed attuare una inversione di tendenza rispetto agli ultimi
decenni.
I compagni del 4° doc. su questo tema hanno, a mio parere, una posizione
meno chiara, ma in sostanza mi pare di capire che dal loro punto di vista la
questione delle alleanze politiche sia un elemento secondario, in quanto tendono
a spostare completamente l’interesse, in modo quasi esclusivo, sui movimenti.
(E’ questo anche uno dei motivi per cui appoggiarono la linea del V°
congresso, che del resto ripropongono ampiamente nel loro attuale documento).
Per noi di “Essere comunisti” i movimenti (in primo luogo quello
dei lavoratori) ed il conflitto sociale sono fondamentali ma se non trovano
una sponda, una dialettica con il terreno politico, se non riescono a determinare
delle modifiche anche parziali della situazione finiscono, come sta purtroppo
accadendo in questo momento, con il rifluire e rischiano la crisi.
Per questo, per noi, la politica delle alleanze non è e non deve essere
contrapposta o in contraddizione con lo sviluppo dei movimenti e del conflitto
sociale (e dell’azione del PRC in tal senso) ma anzi deve servire a costruire
un terreno migliore su cui i movimenti possano meglio esprimersi.
I compagni del 5° doc. hanno su questo tema una posizione che ritengo la
più “vicina” alla mia, ma considerano la politica delle alleanze
per battere la destra da limitare ai soli DS (con una analisi dei DS su cui
non mi trovo completamente d’accordo) e finiscono con il proporre una
ipotesi (l’alleanza della sola “sinistra”, cioè fino
ai DS) che è al di fuori della dinamica politica attuale, per cui in
definitiva finiscono con il ricadere nella posizione del doc.3, cioè
nessuna alleanza è possibile.
Un’altra differenza importante riguarda il partito, credo che noi di “Essere
comunisti” siamo rimasti gli unici che oggi in rifondazione sostengono
l’obiettivo di fare del PRC un partito comunista di massa, dichiarandone
non solo e non tanto la giustezza teorica, ma le potenzialità concrete
nella attuale fase politica.
Un punto che invece ci accomuna, pur se con argomentazioni in parte diverse,
con i compagni del doc. 3 e del doc.5 è l’opposizione alla cosiddetta
“innovazione” ed alle rotture con l’identità comunista,
in primo luogo sulla questione del non-violenza, attuate dalla maggioranza già
dal V° congresso.
Su questo punto, invece, vi è una differenza rispetto ai compagni del
4° doc., che pur avendo corretto la loro posizione sulla questione dell’imperialismo
tra il V° ed il VI° congresso, e pur non condividendo completamente
la questione della non-violenza, hanno sostenuto nel V° congresso, ed in
parte riproposto nel VI°, le “innovazioni” e le “rotture”
promosse in primo luogo dal segretario del partito.