Rifondazione evapora.
Una nuova scissione; forse la colpa è tutta di Karl Marx. Invece di invitare i proletari di tutto il mondo ad unirsi, avrebbe dovuto rivolgere quella pressante esortazione ai partiti che nel proletariato hanno la classe sociale di riferimento e si affannano a lottare per i bisogni e le necessità dei lavoratori per una società diversa e più egualitaria. Di Maurizio Attanasi. Reds - Gennaio 2009


Di scissioni la sinistra ne ha già viste tante!
Nei primi anni dalla sua nascita, un Pci non ancora stalinista, vedeva il gruppo di Bordiga lasciare il partito per dar vita ad un movimento politico, che seppur piccolo, continua a sopravvivere fino ai nostri giorni.
In anni di stalinismo-togliattismo imperante, era il partito socialista a vivere innumerevoli scissioni famose e meno famose, di dimensioni rilevanti o insignificanti, da destra o da sinistra.
Con l’arrivo del 68, della contestazione e la nascita della sinistra extra-parlamentare, oltre alla storica rottura del gruppo del manifesto, le scissioni furono all’ordine del giorno nelle formazioni che erano alla sinistra del sempre monolitico Pci.

Il crollo del muro del muro di Berlino e lo scioglimento del Pcus e del blocco comunista fecero cadere anche l’ultimo tabù e gli eredi del Partito comunista hanno visto, anch’essi, numerose scissioni.

Ma venendo ai giorni nostri, ora tocca a Rifondazione comunista, vivere la triste eperienza della scissione più pesante della sua non troppo breve storia. L’esperienza del governo Prodi sta costando molto al partito che era di Bertinotti e Giordano.

Prima delle elezioni la mozione che faceva riferimento a Progetto comunista, subiva due scissioni a breve distanza una dall’altra.
Prima Ricci con il suo Partito di Alternativa Comunista, quindi Ferrando, dopo l’esclusione dalle liste elettorali, con il Partito Comunista dei lavoratori.
Terza, in ordine di tempo, quella di Sinistra Critica (con Malabarba, Turigliatto e Cannavò) quando ormai il governo Prodi stava per terminare la sua esperienza.

Oggi, la corrente che fa riferimento a chi nel recente passato, era alla guida del partito (Giordano, Vendola e Bertinotti per fare alcuni nomi) ha deciso di lasciare il partito, con l'obbiettivo di dare vita ad un nuovo soggetto politico, al momento, insieme alla sola sinistra democratica di Fava e Mussi.
Questa scissione rappresenta il momento finale di un percorso iniziato durante il congresso di questa estate e proseguito nei mesi seguenti.

La vicenda di Liberazione, con il dimissionamento del direttore Sansonetti è stato solo un preteso che la corrente vendoliana ha deciso di utilizzare per dare il via nei fatti all'operazione scissionista. Infatti è abbastanza logico che venga sostituito un direttore di un giornale di partito, che usa il giornale stesso per propugnare una linea politica diversa da quella fatta propria dalla maggioranza che governa il partito.

Sarebbe come mettere un comunista (se fosse facile trovarne in giro) a dirigere il Sole 24 ore, il papa a dirigere radio Radicale, o Pannella quella vaticana!

Sembra poi ridicolo che Franco Giordano e i suoi compagni di corrente parlino di democrazia e altre amenità del genere quando nel congresso di Venezia di due anni fa, furono loro, a colpi di maggioranza, a cambiare la struttura del partito con la creazione di organismi ad hoc e a procedere ad effettuare le modifiche dello statuto nell’ultima assise del congresso e non partendo dalla base come si era fatto nelle precedenti occasioni.

Per cui, per decenza e coerenza, forse sarebbe stato meglio se se ne stavano in religioso silenzio!!!
E invece hanno parlato per dare corpo a una loro precisa volontà politica nata anni fa e che è ben descritta nel nome da loro dato al loro progetto: rifondare la sinistra.

Che in buona sostanza significa che, per questi compagni, la parola "comunista" è ormai superata dalla più moderna e accattivante parola “sinistra”.
Certo se rifondano la sinistra come hanno rifondato il comunismo, auguriamo alla sinistra e a chi si riconosce in essa in bocca al lupo!!!

Ma non tutti i compagni della corrente che al congresso avevano sostenuto la mozione di Vendola si sono detti disponibili a traghettare verso pericolosi ed incerti lidi; ci sono infatti autorevoli esponenti (come Rocchi ad esempio) che almeno per il momento inntendono restare nel Prc per condurre la loro lotta all'interno del partito. Ma i risultati congressulai ci dicono che la metà del partito potrebbe abbandonare Rifondazione Comunista.

C'è poi da dire che la maggioranza che rimane nel partito non è che brilli di lungimiranza e progettualità politica.
Gia in un precedente articolo to tentato di spiegare come questa maggioranza, estremamente composita, avrà grosse difficoltà nell'individuare e intraprendere le iniziative più adatte a far risalire la china al partito dopo il crollo elettorale della scorsa primavera.
E purtroppo, anche l’andazzo di questi mesi, ha confermato tale previsione.

Da una parte, a livello locale, il Prc non riesce ad avere una sufficiente autonomia da quel Pd che ha fatto di tutto affinchè si consumasse la debacle elettorale del partito e che sta sempre di più assomigliando a un soggetto catto-liberista, con conseguente scimmiottamento di tragiche politiche destrorse (vedi alle amministrative) di vecchia memoria. Dall’altra, continua a mostrare attenzione nei confronti di residuali forze politiche più avvezze a fare battaglie "rivoluzionarie" agitando bandierine rosse, con falce e martello e cantando l’internazionale più che con i fatti e con le scelte concrete di ogni giorno.

Ma se questo è il panorama all’interno del partito, se si guarda all’esterno, tra quelli che hanno lasciato rifondazione comunista, la situazione non è decisamente migliore. Nessun passo concreto verso un progetto comune: ognuno coltiva il proprio orticello sembrando guardare più all’esistente che a un progetto più ampio.
Ma come si fa a parlare di un grande progetto come una rivoluzione capace di trasformare la nostra società fermandosi a cavillare su chi è più compromesso con la borghesia e su chi è ideologicamente più puro?
Tentativi di dialogo seri non sono neppure partiti; alle politiche il partito di Ferrando rifiutò la proposta di unità elettorale di Sinistra Critica perché quest’ultima troppo coinvolta con il governo borghese di Prodi. Anche le elezioni regionali in Abruzzo sono state un palco scenico in cui si è dato vita a un dialogo tra sordi, con il partito di Ricci che ha accusato di “centrismo” tutte e due le formazioni!
Il futuro sembra d’avvero grigio.

L’auspicio è che sia la base a dimostrare più buon senso e a far partire dalle quotidiane realtà di lotta un soggetto politico capace di essere un significativo riferimento per chi cerca un soggetto credibile che lotta contro le oppressioni e non per difendere la propria setta!