GLI EX DELLA BALENA BIANCA
A via Fani come separati in casa
Gli ex democristiani sfilano ignorandosi davanti alla lapide dello statista
di MARIDA LOMBARDO PIJOLA
ROMA - Tutta colpa della Storia, se ieri, in via Fani, cerano meno corone di fiori che democrazie cristiane. Uno mai se laspetterebbe, dalla Storia, che infierisca e che maramaldeggi, cimentandosi in imprese complicate, come quella di parcellizzare latomo. Eppure: cerano due diccì, lultimo sedici marzo, e in questo successivo ce nerano tre soltanto a destra, anche piuttosto divise al loro interno e si vedeva, mentre una quinta stava in Puglia, ed una sesta, quella cossighiana, appariva e scompariva come un Ufo, una Cosa che forse esisteva e forse no. Perciò quasi pareva, nel ventennale dal sequestro di Aldo Moro, tra i presidenti del Consiglio e delle Camere, il ministro degli Interni, i segretari di Cgil, Cisl e Uil, ed i frammenti datomo sparsi ed inquieti della Balena Bianca, che la Storia non fosse mai paga abbastanza di vendetta. Che ogni anno la nemesi si rivelasse sempre un po incompiuta, e perciò la maledizione di Moro perfezionasse i suoi effetti con landar del tempo.
Eppure, nei luoghi dellagguato, in quello strano freddo marzolino, (faceva freddo così, ventanni fa?), cera qualcosa in più dellultima puntata di una diaspora un po drammatica ed un po ridicola, del solito fare a chi è figlio di Moro più degli altri, e soffiarsi addosso dispetti e ripicche, Casini e DOnofrio da una parte, Sanza da unaltra, Mastella da una terza ancora, e gli altri, i Popolari, a Bari.
Cera, in via Fani, un Prodi muto e contratto, attento a restar fermo ed immobile tra i venti che gli soffiavano attorno in varie e contrarie direzioni. E cerano un Mancino ed un Violante un poco strani, quasi politicamante contrapposti, il primo silente sulleco dei sospetti appena diffusi sui pezzi di Stato nel delitto Moro, laltro a difendere la Dc, ed a smaltire qualche sua antica ed intima preoccupazione, «era difficile salvarlo», «lhanno ucciso incontrovertibilmente le Br». E cera Napolitano a dichiarare che «non tutto è chiaro, completa giustizia non è fatta», cosa che detta da un ministro degli Interni faceva un certo effetto, e richiamava alla mente limmagine di certi suoi predecessori. Cossiga non cera, ma aleggiava. Era nelle parole degli ex comunisti che riaprivano una partita vecchia, era nella fibrillazione degli ex dc davanti a una partita nuova, cose di certo tra loro collegate. Chissà se a Moro sarebbe piaciuto sentire i cicalecci, «hai sentito Berlusconi?», «ora possiamo andare da Forza Italia al Ppi», vuoi vedere che stavolta si riesce davvero a rifarla, la Dc?
E quanti conti da regolare, quante partite sparigliate. «Salta agli occhi la pochezza di certi soggetti che sono stati assai più berlusconiani di Berlusconi», e perciò Angelo Sanza, commemorando, lanciava occhiate vagamente ilari verso Casini e DOnofrio, che commemoravano più in là: cè atomo e atomo, ed il loro, come quello di Formigoni, sembrava a Sanza davvero inconsistente, assai più del suo e di quello di Mastella, «avevamo visto giusto, la vera commemorazione di Moro lha fatta Berlusconi». Casini si stringeva nelle spalle, «è squallido piegare un evento come questo allattualità», DOnofrio sospirava, «se lambiguità di Cossiga si è chiarita, siamo con lui», e per il figlioccio prediletto del Presidente sarà come tornare a casa. E perciò tutto tornava ad essere una grande questione di famiglia, «sa, Moro fu allievo di zio Felice, compagno di zio Mario e dedicò una scuola a mio nonno», (DOnofrio), «sa, Moro mi volle sottosegretario proprio in quel marzo del 78», (Sanza), chi volete che non abbia un nonno, uno zio, un ricordo, unascendenza morotea? Moro è di tutti. Come la Dc, «che cominciò a finire quel giorno di ventanni fa», e il vecchio Flaminio Piccoli porta ancora il dolore nel cuore e negli occhi, difatti ne ha rifondata una settima senza cambiarle neanche il nome, si chiama proprio Democrazia Cristiana. «Vede, è uno scandalo restare separati». Chissà se Moro sarebbe daccordo.