Il Manifesto - 08.05.97

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"Sono colpevole" Cossiga confessa

di Francesco Piccioni

Pubblichiamo stralci di una intervista a Francesco Cossiga che compare nel volume Una tranquilla sparatoria. Per una storia orale del '77 (Odradek, pp. 360, L. . 30.000). Il libro, che sarà in libreria nei prossimi giorni, raccoglie le testimonianze di molti protagonisti di quel movimento. L'intervista all'ex ministro degli interni è stata fatta da Francesco Piccioni, ancora detenuto per la sua appartenenza alle Brigate Rosse. Il libro sarà presentato a Roma lunedì 12 maggio, alle ore 16.00, nell'aula 12 della facolta di Scienze Politiche.


Torniamo al movimento del '77. E' chiaro che la situazione di stallo politico nel paese e l'"unità nazionale" di fatto...

Era un passo notevole.

Sì, nel senso che comunque il Pci era corresponsabilizzato nella governabilità del paese in quanto tale, a prescindere dalla sua presenza o meno all'interno della maggioranza.

Non dimentichiamo la famosa intervista di Enrico Berlinguer sulla Nato...

(...) In questa situazione alcuni spezzoni della società non trovano spazio nel governo del paese che si sta costruendo in quel momento.

E lì c'è stata una mancanza di politica, nel senso che soprattutto i partiti di sinistra non si sono resi conto che questo tipo di politica non poteva non creare, innescare, un dissenso politico sul disagio sociale. Quel tipo di politica aveva un costo sociale; e se coloro che lo pagavano non fossero stati resi politicamente consapevoli o convinti del disegno politico generale, non avrebbero potuto che esprimere un dissenso politico rispetto ai partiti di sinistra. L'altro elemento è questo: a una evoluzione ideologica della dirigenza del Pci, che si distaccava dalle posizioni classiche dei partiti comunisti (...). In questo modo confermava in alcuni settori della sinistra l'idea della "Resistenza tradita". Una delle cose che non si vuole comprendere è che uno degli inneschi di quel che chiamo la "sovversione di sinistra", di alcuni settori almeno, è anche il senso di una "rivoluzione incompiuta", o di una "Resistenza incompiuta". Non c'è stata un'attenzione politica. Quello che è accaduto - non dico che non sarebbe dovuto o potuto accadere - certo segna un deficit di azione politica da parte dei partiti impegnati nel governo, quindi anche del Pci.

(...) Il movimento del '77 inizia molto improvvisamente, per tutti quelli che abbiamo intervistato. Anche chi si è poi trovato a diventarne un leader rimane sorpreso dalla dinamica degli eventi, dalla rapidità, dimensione, livelli di violenza. Lei al tempo era il ministro degli Interni. L'ha colta di sorpresa questa esplosione?

Anzitutto teniamo presente che bisogna distinguere - così io feci allora in un'intervista a Eugenio Scalfari - tre momenti o "gironi". Uno era il movimento, gli studenti di anche 16, 17 o 18 anni, che manifestavano e poi tornavano a casa. E che erano una reazione a come stavano andando le cose nel paese. Poi c'era il "girone" dell'Autonomia; che era autonomia da cosa? Nessuno si è chiesto perché si chiamasse "autonomia". Era "autonomia" dalla struttura politica e dall'organizzazione politica tradizionale esistente...

(...) Ma rispetto al movimento del '77, il tipo di direttive che voi, come governo, davate per il controllo della situazione nelle piazze, a distanza di tempo, come lo giudica? Era un attacco frontale?

Era un contenimento con il minimo rischio.

Questa espressione, sul piano militare, può significare molte cose...

Per un motivo politico. Potrei anche portare motivazioni di carattere etico, ideale, eccetera. Ma il contenimento per motivi politici doveva avvenire con il minimo rischio, non solo per noi, ma anche per gli altri. Con il minimo di violenza possibile. Perché la violenza avrebbe acceso una spirale. Avevo chiaro che bisognava impedire l'"escalation", la giustificazione dell'altra parte all'"escalation" della violenza.

Però fate entrare in gioco le squadre speciali in borghese...

Sì, ma anche questo innesto è ridotto a fatto occasionale.

Giorgiana Masi...

Sì, ma nessuno ha mai dato l'ordine di sparare...

E' la storia della polizia italiana, è sempre stato un corpo ideologicamente di destra.

Tenga presente che l'idea di forze di polizia di destra, a cominciare dal '70 è sbagliata. Per esempio, prenda Bologna. Quando feci arrivare i blindati a Bologna fu un atto di intimidazione; non avevo mai pensato di fare sparare dai carri armati sulla città di Bologna. Io ho avuto sempre chiaro che bisognava fare attenzione a non innescare

un movimento di reazione di fronte ad una azione. Usare la forza brutalmente è la cosa più facile di questo mondo, finisce quella mediazione che sempre consente di governare la situazione. (...)

Nella sua applicazione concreta, la legge Reale ha prodotto centinaia di morti e feriti e nella stragrande maggioranza dei casi innocenti. E' chiaro che se si dà alle forze di polizia l'impressione dell'impunità, si legittima l'uso delle armi.

Se io prendo il libro fatto da Curcio sui caduti dall'una e dall'altra parte, sulla scheda relativa all'ondata di violenza nel nostro paese - per carità, ognuno ha avuto i suoi caduti - non è che abbiamo... fortunatamente non ne abbiamo avuto moltissimi rispetto a quella che è stata la situazione nel paese.

(...) Nel '77 vengono fatte alcune leggi che riguardano... Prima c'è stata la "Reale", poi c'è stata la "Cossiga".

La "Reale nel '75 e io ero ministro senza portafoglio

Nel '77 ci sono delle misure per l'ordine pubblico a più riprese; riguardano il divieto di travisamento, riguardano misure specificamente per la piazza, che però non portano più la clausola di provvisorietà, in attesa del nuovo codice di procedura penale...

E del nuovo testo unico sulla pubblica sicurezza

Questa dimenticanza della clausola di provvisorietà... Questa è la domanda

Guardi, quello era per aumentarne l'efficacia intimidatrice. Io ho pensato sempre a quelle leggi in questo modo: "io le voglio come un fatto di intimidazione". Ecco perché mi sento colpevole dell'emergenzialismo permanente. Perché debbo dire che io non ho pensato a quelle leggi che dovessero durare. Quelle leggi erano fatte per spaventare.

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