Il Manifesto - 03.04.98
MASSARI DAVANTI ALLA CHIESA GLI SQUATTER ATTACCANO I GIORNALISTI "QUESTO FUNERALE È SOLO NOSTRO"
Finisce in ospedale un cronista dell'Ansa. Soltanto all'ultimo momento Soledad Rosas, compagna dell'anarchico suicidatosi in cella, ottiene il permesso di partecipare alla cerimonia - PAOLO GRISERI - BROSSO (TO)
E do lo avete ucciso voi, non vi vogliamo, andate via". Nella piazza del municipio di Brosso, paesino della Valchiusella alle porte di Ivrea, gli amici di Edoardo Massari cacciano i giornalisti e ogni persona individuata come "estranea". "E' una precisa richiesta dei familiari, voi siete degli sciacalli, avevamo detto da giorni che non avreste dovuto farvi vedere", ripetono gli squatter a chiunque cerchi di avvicinarsi alla chiesa. Il funerale inizia alle 15,30 con il corteo funebre che si raduna di fronte alla piazza del municipio. Arrivano, tra gli altri, il vescovo di Ivrea, monsignor Luigi Bettazzi e il fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti. Anche chi in questi giorni ha cercato di promuovere il dialogo nonostante gli insulti viene cacciato: "Non abbiamo bisogno di politicanti di merda". All'ultimo momento Alla chiesa, in alto sulla collina che sovrasta il paese, arriva anche Maria Soledad Rosas, la compagna di Edoardo Massari. Ha ottenuto solo all'ultimo momento il permesso di partecipare al funerale. Arriva scortata dalla polizia penitenziaria. All'esterno cominciano le aggressioni ai cronisti. Viene individuato Daniele Genco, corrispondente dell'Ansa da Ivrea e collaboratore della Sentinella del canavese. Viene prima insultato e poi pestato. Sviene. Lo trasportano in ospedale. Ha un fortissimo trauma cranico, e una vertebra lesionata. Racconta: "Hanno cercato di trascinarmi dietro la chiesa e ho pensato: se ci riescono sono morto". La sua prognosi è di 40 giorni. Un fotografo dell'Ap viene individuato e malmenato. In sette ci teniamo a prudente distanza, sul piazzale alla base della collina, 300-400 metri a valle della chiesa. Si vedono in alto, sul muretto che circonda il sagrato, un centinaio di amici di Edoardo Massari che attendono la fine del rito funebre. Sulla strada del fondovalle, tra noi e la chiesa, alcune pattuglie della polizia osservano la scena. Improvvisamente un gruppo di 10-15 persone parte dal sagrato e scende veloce per i prati. Supera la strada e piomba sul piazzale: "Giornalisti di merda, assassini". I primi afferrano massi e li scagliano sulle nostre automobili. I vetri vanno in frantumi. Cerchiamo di scappare in un vicino ristorante. Ma loro sono più veloci. Ci aggrediscono a calci e pugni. Una ragazza, piangendo, urla ancora "Assassini". Il cronista dell'Unità, Jenner Meletti, viene colpito alle reni e si trascina tra le sedie verso l'interno del ristorante. L'inviato di Repubblica, Fabrizio Ravelli, viene colpito da un pugno in faccia. L'azione è rapida. Il pestaggio si conclude al fischio di uno degli aggressori che spinge gli altri a riguadagnare la collina. Risalgono il prato in ordine sparso e raggiungono il sagrato. Una giornata sbagliata E' finita così una giornata iniziata tra i volti tesi degli amici di Edoardo davanti all'obitorio di Torino. Anche qui la rabbia e la tensione contro quelli che, in una lettera all'emittente dei centri sociali Radio Blackout, Maria Soledad Rosas aveva individuato come responsabili della morte del suo compagno: "Lo stato, i magistrati, i giornalisti, la Tav, la polizia e il carcere".