Il 18 marzo scorso, 300 stranieri senza documenti hanno occupato la chiesa di Saint-Ambroise per rivendicare la loro regolarizzazione. I primi giorni, centinaia di altri sans-papiers di tutte le nazionalità, avvertiti dal passa parola, hanno spontaneamente raggiunto l'occupazione, mettendo in luce il carattere assurdo e inumano di leggi che, credendo di regolare un "problema di immigrazione", contribuiscono invece a produrre clandestinità. Di colpo, le organizzazione umanitarie hanno scelto di restringere la lotta collettiva, mandando via chi voleva unirsi.
Queste organizzazioni interessate ai diritti dell'uomo, pur essendosi opposte alle leggi Pasqua a causa della loro "non umanità", ammettono il principio essenziale che le fonda: la necessità del controllo dei flussi migratori. La questione posta dai sans-papiers si riassume cosi' in una serie di casi individuali per i quali il governo propone ormai (dopo aver utilizzato la polizia per due sgomberi forzati dei sans-papiers in lotta) una "applicazione umana della legge".
Questo accento posto sull'aspetto umanitario è giustificato dal pragmatismo e dalla necessità di non esporre i sans papiers di Saint Ambroise, ma questa sollecitudine rende un cattivo servizio alla volontà delle persone che si sono mosse sapendo ciò a cui si esponevano. Questo non potrà che portare alla regolarizzazione di qualche dossier - i più presentabili, evidentemente - rigettando nella clandestinità tutti coloro i cui dossier non saranno ritenuti validi e le decine di migliaia di invisibili che non saranno neanche stati presentati.
Da vent'anni, la politica costante dello Stato è consistita nel rinforzare senza posa l'arsenale contro gli immigrati, gettando sempre più stranieri nella clandestinità. La condizione subita da decine di migliaia di persone che vivono qui è diventata impossibile al punto che, rifiutando di vivere ogni momento della propria vita sotto la minaccia d'espulsione, qualche centinaia tra loro, appoggiandosi sulle loro reti comunitarie e familiari hanno deciso di rendere visibile lo scandalo delle condizioni che sono loro imposte apparendo pubblicamente.
La loro determinazione ci indica la strada! Nel momento in cui lo Stato si appresta ad aggravare ancora la politica anti-immigrati (progetto Toubon e Debrè), porre la questione dei sans-papiers è riaffermare il diritto di tutti gli individui di circolare liberamente e di vivere dove vogliono.
Una campagna per la regolarizzazione dei sans-papiers non potrà che svilupparsi a condizione che tutti i sans-papiers che lo desiderino possano congiungersi con questa lotta perché anche se la loro situazione è precaria, essi sono la principale forza per contrastare le leggi razziste.
Di fronte agli attacchi contro gli strati immigrati della popolazione, la lotta attuale non deve rimanere isolata! Chi possiede i documenti, ovunque sia possibile, deve iniziare lotte contro le pratiche discriminatorie, ciascuno deve cercare nella vita quotidiana di inceppare il funzionamento dei meccanismi del sistema di controllo. Sta a noi intervenire, personalmente e collettivamente, nei luoghi pubblici e nelle amministrazioni in cui i diritti degli stranieri sono violati.
Il 5 aprile abbiamo occupato l'ANPE Denfert-Rochereau (agenzia statale per i disoccupati) in cui un sans-papiers era stato denunciato da un funzionario e arrestato dalla polizia; se degli studenti sono minacciati di espulsione da un edificio scolastico, contro queste misure cè sempre una vasta mobilitazione.
Organizzare collette per raccogliere fondi per finanziare il ritorno degli espulsi?
Aprire con i sans-papiers che desiderano unirsi alla lotta un nuovo spazio di visibilità?
A noi immaginare tutti i modi per far arretrare l'influenza della società
del controllo, a noi prendere l'iniziativa!