Il comunicato della FAI (CdC e commissione antirazzista) pubblicato
in prima pagina dice già molto, ma essendo stato stilato a poche
ore dai fatti che hanno avviato la vicenda della ribellione degli
immigrati e del conseguente pogrom di Rosarno non poteva mettere in
evidenza alcuni aspetti.
Già dalle prime ore si intuiva chiaramente che dietro alle
provocazioni che hanno fatto scattare il riot degli immigrati ci stava
la cosca del caporalato e dello sfruttamento. È ormai usuale che
a fine campagna (degli agrumi in Calabria piuttosto che delle olive in
Puglia) scattino i rastrellamenti degli immigrati (clandestini o meno
non fa differenza). Non solo per ribadire la condizione di
sottomissione alla quale sono costretti ma anche, venalmente, per
rubargli l'ultima settimana di paga.
Lo avevamo segnalato anche su Umanità Nova in una serie di
articoli e recensendo il libro-inchiesta Servi di Marco Rovelli.
I fatti di Rosarno ne hanno dato l'ennesima dimostrazione. Alzando il livello dello scontro.
Se nei casi precedenti si erano mossi piccoli gruppi di cosca affidando
il grosso del lavoro alla solerte polizia di stato, in questi giorni il
soffiare sul fuoco del razzismo e della guerra fra poveri ha dato delle
dimensioni di massa sia alla canea ululante che alla deportazione.
Non è retorico parlare di un vero e proprio pogrom di sinistra
memoria visto che sono state più di mille le persone deportate e
sparpagliate nelle zone circostanti e in altre regioni d'Italia.
È il segno di questi tempi bui. Cose così erano
inimmaginabili eppure, ancora una volta, beffarda, la realtà
supera la fantasia.
Le fucilate a pallettoni, le bastonature ricordano la guerra scatenata
dai padroni americani contro i wobblies; le deportazioni di massa
assomigliano al massiccio internamento nei campi di concentramento.
La giornata odierna (lunedì 11) è segnata dalle lacrime di coccodrillo e dal guanto di velluto.
La città di Rosarno si indigna per l'etichetta razzista che la sua canea gli ha cucito addosso.
Ci sarebbe voluto un po' di coraggio per evitare quest'onta ma si sa, dove regna la mafia è improbabile il coraggio.
Il ministero degli interni ha allargato le maglie della sicurezza.
Evidentemente oltre mille persone da smistare sono troppe anche per le
galere a tempo. La rivolta che ha incendiato le strade di Rosarno
avrebbe potuto bruciare anche nei CIE calabresi.
Ma l'operazione si è conclusa brillantemente. Sfollati gli
immigrati il giro dello sfruttamento riprenderà la sua
regolarità.
Fortunatamente c'è anche un'altra Calabria, un'altra Italia.
Numerose le manifestazioni di solidarietà alla lotta degli
immigrati e di protesta contro lo stato e la mafia.
WS