Umanità Nova, n.1 del 17 gennaio 2010, anno 90

Pogrom


Il comunicato della FAI (CdC e commissione antirazzista) pubblicato in prima pagina dice già molto, ma essendo stato stilato a poche ore dai fatti che hanno avviato la vicenda della ribellione degli immigrati e del conseguente pogrom di Rosarno non poteva mettere in evidenza alcuni aspetti.
Già dalle prime ore si intuiva chiaramente che dietro alle provocazioni che hanno fatto scattare il riot degli immigrati ci stava la cosca del caporalato e dello sfruttamento. È ormai usuale che a fine campagna (degli agrumi in Calabria piuttosto che delle olive in Puglia) scattino i rastrellamenti degli immigrati (clandestini o meno non fa differenza). Non solo per ribadire la condizione di sottomissione alla quale sono costretti ma anche, venalmente, per rubargli l'ultima settimana di paga.
Lo avevamo segnalato anche su Umanità Nova in una serie di articoli e recensendo il libro-inchiesta  Servi di Marco Rovelli.
I fatti di Rosarno ne hanno dato l'ennesima dimostrazione. Alzando il livello dello scontro.
Se nei casi precedenti si erano mossi piccoli gruppi di cosca affidando il grosso del lavoro alla solerte polizia di stato, in questi giorni il soffiare sul fuoco del razzismo e della guerra fra poveri ha dato delle dimensioni di massa sia alla canea ululante che alla deportazione.
Non è retorico parlare di un vero e proprio pogrom di sinistra memoria visto che sono state più di mille le persone deportate e sparpagliate nelle zone circostanti e in altre regioni d'Italia.
È il segno di questi tempi bui. Cose così erano inimmaginabili eppure, ancora una volta, beffarda, la realtà supera la fantasia.
Le fucilate a pallettoni, le bastonature ricordano la guerra scatenata dai padroni americani contro i wobblies; le deportazioni di massa assomigliano al massiccio internamento nei campi di concentramento.
La giornata odierna (lunedì 11) è segnata dalle lacrime di coccodrillo e dal guanto di velluto.
La città di Rosarno si indigna per l'etichetta razzista che la sua canea gli ha cucito addosso.
Ci sarebbe voluto un po' di coraggio per evitare quest'onta ma si sa, dove regna la mafia è improbabile il coraggio.
Il ministero degli interni ha allargato le maglie della sicurezza. Evidentemente oltre mille persone da smistare sono troppe anche per le galere a tempo. La rivolta che ha incendiato le strade di Rosarno avrebbe potuto bruciare anche nei CIE calabresi.
Ma l'operazione si è conclusa brillantemente. Sfollati gli immigrati il giro dello sfruttamento riprenderà la sua regolarità.
Fortunatamente c'è anche un'altra Calabria, un'altra Italia. Numerose le manifestazioni di solidarietà alla lotta degli immigrati e di protesta contro lo stato e la mafia.

WS

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