Umanità Nova, n.2 del 24 gennaio 2010, anno 90

Contro gli omicidi di stato


Un migliaio di persone, nella tarda mattinata di sabato 16 gennaio, hanno partecipato al corteo contro gli omicidi di stato, che ha attraversato il centro di Livorno.
Per la prima volta è stata portata in piazza in una manifestazione nazionale la denuncia della violenza dello stato, la rabbia per i tanti, troppi morti, nelle carceri, nei reparti psichiatrici o comunque per mano di apparati statali. Una manifestazione che è nata per iniziativa di Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, ucciso nel Luglio 2003 nel carcere "Le Sughere" di Livorno. La decisione di organizzare il corteo era sorta dalla necessità di fare delle pressioni, perché la procura di Livorno accelerasse i tempi per la riapertura del processo sulla morte di Marcello. Presto però l'iniziativa ha coinvolto anche i familiari e gli amici di altre vittime, che contattate, hanno ritenuto importante essere in piazza. Erano presenti i familiari di Carlo Giuliani, Manuel Eliantonio, Niki Gatti, Riccardo Rasman, Giulio Comuzzi, Stefano Frapporti, Bukaj Bledar. Appena prima della partenza è stata letta al microfono una lettera di Rita Cucchi, madre di Stefano Cucchi, per Maria Ciuffi. Il corteo ha poi attraversato le vie del centro, aperto dallo striscione dei familiari "Verità e giustizia", con le foto delle vittime dello stato.
Nessuna bandiera, come richiesto per evitare strumentalizzazioni, ma molti gli striscioni. Quelli di singole famiglie o dei comitati che si battono perché sia fatta luce sulla morte di queste persone, quelli delle realtà anticarcerarie ed antipsichiatriche, di altri gruppi che hanno voluto portare il loro appoggio, quelli degli anarchici, presenti in gran numero al corteo.
Nel corso del corteo si sono susseguiti interventi al microfono, riuscendo a far breccia nel clima montato dalla Questura. La città, infatti, sin dalla prima mattina era stata blindata e militarizzata in un modo mai visto prima a Livorno, almeno 200 tra carabinieri, guardia di finanza e polizia in assetto antisommossa hanno cercato di isolare il corteo, sono stati fatti chiudere negozi ed addirittura farmacie, sono state fatte rimuovere auto, cestini e cassonetti. Ad un certo punto la provocazione si è fatta esplicita, da parte della digos, ma si è riusciti a proseguire il corteo senza problemi. Gli interventi hanno più volte denunciato questa paradossale ambientazione del corteo, esprimendo anche il dolore e l'insicurezza che dà una tale militarizzazione, a chi per mano dello stato ha perso un figlio o un amico. L'isolamento non è però riuscito, molte le persone ferme, sui marciapiedi, ad ascoltare, a chiedere, molte quelle alle finestre, tanti anche gli applausi agli interventi da parte dei passanti e di chi era affacciato. Al termine del corteo, di fronte al Municipio, altri interventi hanno chiuso la manifestazione.
Molti si sono poi spostati presso l'Officina Sociale Refugio dove era stato allestito un ristoro per i manifestanti, e dove familiari ed amici delle vittime che avevano partecipato alla manifestazione, si sono riuniti per fare il punto della situazione dopo il corteo.
Da questo incontro è emersa la necessità di continuare a coordinarsi, contro abusi ed insabbiamenti da parte delle istituzioni, per fare in modo che sabato 16 gennaio sia stata solo la prima tappa e che simili iniziative possano aver luogo anche in altre città.
Nello stesso giorno della manifestazione, arriva la notizia dell'ennesimo morto di carcere, Mohamed El Aboubj, sarebbe stato scarcerato dopo un mese, era stato condannato per la rivolta del CIE di Via Corelli a Milano, lo scorso agosto. Di carcere si muore, e in Italia questa malattia uccide una persona ogni 60 ore, 6 dall'inizio del 2010.

dario antonelli

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