Umanità Nova, n.2 del 24 gennaio 2010, anno 90

Quale istruzione?


A pochi giorni dall'approvazione dei Regolamenti per il riordino delle scuole superiori, noi insegnanti precari esprimiamo la nostra opposizione verso un provvedimento che sta per essere applicato senza che sia avvenuto alcun serio pubblico dibattito e nessun coinvolgimento diretto delle scuole e delle sue componenti sul tema della riforma della scuola. È in questo contesto che la caotica trama della riforma Gelmini si appresta ad entrare nelle scuole aggiungendosi all'arbitrio generato dalla legge 133 e dai suoi 8 miliardi di tagli, a cui sono seguiti come ben sappiamo numerosi provvedimenti illegali come il sovraffollamento nelle aule o l'aumento delle tasse scolastiche. I provvedimenti contenuti nella riforma Gelmini sono lo strumento con cui il Governo si appresta ad attuare un'ulteriore tranche di tagli così come dimostra il comma 4 della suddetta legge: "per l'attuazione di quel piano devono essere adottati entro 12 mesi uno o più regolamenti". Se già quest'anno abbiamo assistito al notevole aumento del numero di precari nella scuola, ora l'applicazione della riforma Gelmini minaccia di estromettere dall'insegnamento un'altra larga fetta di insegnanti precari e di personale ata. È evidente che in un contesto di progressivo aumento degli alunni per classe e contemporaneamente di aumento dell'orario lavorativo per gli insegnanti, l'operazione di estromettere altre migliaia di precari dall'insegnamento si lega ad un netto peggioramento della qualità della didattica e mette seriamente a repentaglio il destino formativo delle nuove generazioni.
La riforma Gelmini, lungi da qualsiasi volontà modernizzatrice e da qualsivoglia giustificazione pedagogica, se da una parte individua il suo scopo nel risparmio della spesa pubblica, dall'altra s'iscrive in una concezione della scuola e dell'istruzione basata sostanzialmente su due punti; in primo luogo una visione competitiva del sistema scolastico e del sapere in virtù della quale ogni scuola, dovendo eliminare le sperimentazioni e gran parte dei suoi indirizzi, è costretta, di fatto, ad entrare sempre di più in competizione con le altre scuole, e per rendere appetibile ai più la propria scuola procede ad un livellamento verso il basso dei saperi; accade infatti che i dirigenti scolastici assaliti dalla furia competitiva abbiano come sola preoccupazione quella di attrarre il maggior numero di studenti, per poi relegare coloro che già in partenza hanno pochi strumenti culturali in sezioni ad hoc che si pongono obiettivi formativi di gran lunga inferiori alla media, condannando quegli studenti all'immobilismo sociale; in secondo luogo la riforma Gelmini si basa su una visione privatistica e gerarchica dell'insegnamento nella misura in cui introduce nelle scuole pubbliche fantomatici "comitati tecnico-scientifici" con la presenza di soggetti esterni, rischiando seriamente di ledere la sovranità del collegio dei docenti; quest'ultimo è in realtà il prossimo obiettivo della Governo, che, dopo aver proposto la creazione di una gerarchia tra i docenti, intende eliminare l'idea stessa di collegialità e la possibilità di cambiare la scuola dal basso mediante una logica di collaborazione tra le componenti che formano la scuola. Allo stesso modo "la quota di flessibilità" di cui ogni scuola potrà disporre non può che alimentare l'arbitrio e il caos didattico, visto che ogni scuola è legittimata a modificare i piani di studio, diminuendo il peso di alcune discipline a vantaggio di altre oppure introducendo ulteriori discipline che, specialmente negli istituti tecnici, potranno essere insegnate anche da soggetti esterni in ossequio a logiche estranee alla scuola.
In sostanza, si tratta di maggiore libertà didattica per le scuole, che però, lungi dal significare un aumento dei livelli di apprendimento, si tradurrà in un'accentuazione della disomogeneità didattica e delle differenze geografiche; una decentralizzazione didattica insomma che, concretizzando la legge sul federalismo, non solo depotenzia gravemente l'idea di una didattica democratica basata sul conseguimento di conoscenze comuni per tutti gli studenti sul territorio nazionale, ma lascia ogni singola scuola alla mercé di scelte localistiche in un contesto che vede i fondi d'istituto pressoché cancellati e costringe le scuole a sottomettersi ai privati che per vari ragioni sceglieranno d'investire nelle scuole pubbliche.
Per questi motivi la nostra opposizione di insegnanti precari è diretta non solo a contrastare le drammatiche ricadute sul piano occupazionale della riforma Gelmini, ma anche a mettere in discussione il cuore stesso della riforma e il suo progetto sociale, quello che prospetta una forte divaricazione tra una minoranza di studenti che riuscirà ad ottenere le conoscenze e gli strumenti per orientarsi nella complessità del presente e la stragrande maggioranza a cui saranno consegnante solo competenze spendibili sul mercato del lavoro, lo stesso che ci ha portati alla crisi e che ora chiede alle scuole lavoratori precari e ricattabili.
Noi continuiamo la nostra lotta e auspichiamo la necessità che si apra in tutte le scuole un dibattito sull'istruzione pubblica; un dibattito che veda tutte le componenti scolastiche impegnante in una reale partecipazione nei processi decisionali delle scuole; un dibattito che riaffermi l'importanza di elaborare dal basso un modello d'istruzione che sia garanzia di emancipazione per tutti gli studenti e le studentesse, e che dia a tutti le conoscenze e le capacità per capire la complessità del presente al di là di ogni semplificazione imposta dalla Gelmini. Visti anche i recenti provvedimenti razziali che stabiliscono un tetto del 30% per gli studenti stranieri nelle classi e l'istituzione di classi ghetto è necessario per tutti noi rompere la spirale di degrado istituzionale ridando dignità all'istruzione pubblica.
È nella complessità del quadro disegnato che noi insegnanti precari vogliamo riavviare una nuova fase di lotte partendo da un'idea di sapere come prodotto di esperienze largamente condivise.
Per questi motivi, ci ritroveremo a protestare in un sit-in che si terrà mercoledì 20 gennaio, in occasione dell'approvazione della riforma delle scuole superiori, alle ore 15 in piazza Montecitorio

Edo

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