A pochi giorni dall'approvazione dei Regolamenti per il riordino
delle scuole superiori, noi insegnanti precari esprimiamo la nostra
opposizione verso un provvedimento che sta per essere applicato senza
che sia avvenuto alcun serio pubblico dibattito e nessun coinvolgimento
diretto delle scuole e delle sue componenti sul tema della riforma
della scuola. È in questo contesto che la caotica trama della
riforma Gelmini si appresta ad entrare nelle scuole aggiungendosi
all'arbitrio generato dalla legge 133 e dai suoi 8 miliardi di tagli, a
cui sono seguiti come ben sappiamo numerosi provvedimenti illegali come
il sovraffollamento nelle aule o l'aumento delle tasse scolastiche. I
provvedimenti contenuti nella riforma Gelmini sono lo strumento con cui
il Governo si appresta ad attuare un'ulteriore tranche di tagli
così come dimostra il comma 4 della suddetta legge: "per
l'attuazione di quel piano devono essere adottati entro 12 mesi uno o
più regolamenti". Se già quest'anno abbiamo assistito al
notevole aumento del numero di precari nella scuola, ora l'applicazione
della riforma Gelmini minaccia di estromettere dall'insegnamento
un'altra larga fetta di insegnanti precari e di personale ata. È
evidente che in un contesto di progressivo aumento degli alunni per
classe e contemporaneamente di aumento dell'orario lavorativo per gli
insegnanti, l'operazione di estromettere altre migliaia di precari
dall'insegnamento si lega ad un netto peggioramento della
qualità della didattica e mette seriamente a repentaglio il
destino formativo delle nuove generazioni.
La riforma Gelmini, lungi da qualsiasi volontà modernizzatrice e
da qualsivoglia giustificazione pedagogica, se da una parte individua
il suo scopo nel risparmio della spesa pubblica, dall'altra s'iscrive
in una concezione della scuola e dell'istruzione basata sostanzialmente
su due punti; in primo luogo una visione competitiva del sistema
scolastico e del sapere in virtù della quale ogni scuola,
dovendo eliminare le sperimentazioni e gran parte dei suoi indirizzi,
è costretta, di fatto, ad entrare sempre di più in
competizione con le altre scuole, e per rendere appetibile ai
più la propria scuola procede ad un livellamento verso il basso
dei saperi; accade infatti che i dirigenti scolastici assaliti dalla
furia competitiva abbiano come sola preoccupazione quella di attrarre
il maggior numero di studenti, per poi relegare coloro che già
in partenza hanno pochi strumenti culturali in sezioni ad hoc che si
pongono obiettivi formativi di gran lunga inferiori alla media,
condannando quegli studenti all'immobilismo sociale; in secondo luogo
la riforma Gelmini si basa su una visione privatistica e gerarchica
dell'insegnamento nella misura in cui introduce nelle scuole pubbliche
fantomatici "comitati tecnico-scientifici" con la presenza di soggetti
esterni, rischiando seriamente di ledere la sovranità del
collegio dei docenti; quest'ultimo è in realtà il
prossimo obiettivo della Governo, che, dopo aver proposto la creazione
di una gerarchia tra i docenti, intende eliminare l'idea stessa di
collegialità e la possibilità di cambiare la scuola dal
basso mediante una logica di collaborazione tra le componenti che
formano la scuola. Allo stesso modo "la quota di flessibilità"
di cui ogni scuola potrà disporre non può che alimentare
l'arbitrio e il caos didattico, visto che ogni scuola è
legittimata a modificare i piani di studio, diminuendo il peso di
alcune discipline a vantaggio di altre oppure introducendo ulteriori
discipline che, specialmente negli istituti tecnici, potranno essere
insegnate anche da soggetti esterni in ossequio a logiche estranee alla
scuola.
In sostanza, si tratta di maggiore libertà didattica per le
scuole, che però, lungi dal significare un aumento dei livelli
di apprendimento, si tradurrà in un'accentuazione della
disomogeneità didattica e delle differenze geografiche; una
decentralizzazione didattica insomma che, concretizzando la legge sul
federalismo, non solo depotenzia gravemente l'idea di una didattica
democratica basata sul conseguimento di conoscenze comuni per tutti gli
studenti sul territorio nazionale, ma lascia ogni singola scuola alla
mercé di scelte localistiche in un contesto che vede i fondi
d'istituto pressoché cancellati e costringe le scuole a
sottomettersi ai privati che per vari ragioni sceglieranno d'investire
nelle scuole pubbliche.
Per questi motivi la nostra opposizione di insegnanti precari è
diretta non solo a contrastare le drammatiche ricadute sul piano
occupazionale della riforma Gelmini, ma anche a mettere in discussione
il cuore stesso della riforma e il suo progetto sociale, quello che
prospetta una forte divaricazione tra una minoranza di studenti che
riuscirà ad ottenere le conoscenze e gli strumenti per
orientarsi nella complessità del presente e la stragrande
maggioranza a cui saranno consegnante solo competenze spendibili sul
mercato del lavoro, lo stesso che ci ha portati alla crisi e che ora
chiede alle scuole lavoratori precari e ricattabili.
Noi continuiamo la nostra lotta e auspichiamo la necessità che
si apra in tutte le scuole un dibattito sull'istruzione pubblica; un
dibattito che veda tutte le componenti scolastiche impegnante in una
reale partecipazione nei processi decisionali delle scuole; un
dibattito che riaffermi l'importanza di elaborare dal basso un modello
d'istruzione che sia garanzia di emancipazione per tutti gli studenti e
le studentesse, e che dia a tutti le conoscenze e le capacità
per capire la complessità del presente al di là di ogni
semplificazione imposta dalla Gelmini. Visti anche i recenti
provvedimenti razziali che stabiliscono un tetto del 30% per gli
studenti stranieri nelle classi e l'istituzione di classi ghetto
è necessario per tutti noi rompere la spirale di degrado
istituzionale ridando dignità all'istruzione pubblica.
È nella complessità del quadro disegnato che noi
insegnanti precari vogliamo riavviare una nuova fase di lotte partendo
da un'idea di sapere come prodotto di esperienze largamente condivise.
Per questi motivi, ci ritroveremo a protestare in un sit-in che si
terrà mercoledì 20 gennaio, in occasione
dell'approvazione della riforma delle scuole superiori, alle ore 15 in
piazza Montecitorio
Edo