Umanità Nova, n.2 del 24 gennaio 2010, anno 90

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
bel-lavoro@federazioneanarchica.org

Trapani: occupata la sede del callcenter Multimedia Planet

50 dipendenti della Multimedia Planet di Trapani (Gruppo Phonemedia) da giorni occupano la sede dell'azienda, situata al primo piano di palazzo Venuti, per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi.
Una situazione che si protrae ormai da ben 4 mesi e che coinvolge 10 dipendenti assunti a tempo indeterminato e circa 200 tra co.co.pro., tempo determinato ecc. A Trapani lavorano nel settore dei callcenter ben 600 addetti: alcuni sono dipendenti della Multimedia Planet, altri della società B2B, con commesse che giungono dalle maggiori società italiane di Telecomunicazione e dei sondaggi.
Queste due realtà sono entrate da tempo nell'orbita della Società Phonemedia (Gruppo Omega Spa), nomi già molto noti alle cronache per le centinaia di lavoratori che in tutta Italia da mesi attendono invano i propri stipendi e che hanno dato vita a proteste particolarmente forti.
Attualmente, all'esterno del Palazzo Venuti, è stato appeso un grande cartello con la scritta "occupazione permanente" - mentre gli occupanti si alternano a turno nei locali dell'azienda per mantenere una presenza consistente - "... l'occupazione continuerà fino a quando non avremo risposte concrete e dalla prossima settimana siamo pronti anche a iniziare lo sciopero della fame".

Lavoratori in sciopero contro le esternalizzazioni di Mediaset

Se l'attuale tendenza nelle aziende italiane è quella di stringere i cordoni della borsa mediante tagli, ristrutturazioni, esternalizzazioni e quant'altro, poteva la principale azienda del gruppo Berlusconi esimersi dall'applicare la medesima "ricetta" ai propri dipendenti? Ovviamente no! Ed ecco che il 10 e 11 gennaio scorso si è svolto uno sciopero con presidio dinanzi ai cancelli della Videotime di Cologno M.se e Roma per protestare contro la esternalizzazione di 56 addette al settore trucco acconciature e sartoria, che verrebbe ceduto dal 1 febbraio prossimo alla Pragma Service Srl con sede a Pioltello (MI). Le scioperanti hanno raccolto solidarietà tra i loro colleghi, tanto che i giornalisti del Tg5 hanno ritirato le firme nell'edizione delle 20 del giorno 10 poiché l'azienda aveva impedito la lettura di un comunicato sindacale in solidarietà con le lavoratrici in sciopero. Lo sciopero ha di fatto messo in crisi la macchina dello spettacolo made in biscione, causando la  sospensione di alcuni programmi di successo. Apparire senza "trucchi" non è nella strategia imprenditoriale del "capo"… soprattutto in quella della sua politica.

Alla Malpensa contro il lavoro precario

La lotta contro il lavoro precario, qualche volta, è fatta anche di ricorsi alla legge e di tentativi di contrastare i padroni sul terreno legislativo. Qualche volta finisce bene. È  quello che sta accadendo, ad esempio, all'aeroporto milanese di Malpensa, dove sono centinaia i lavoratori, dipendenti delle diverse società presenti, che hanno intrapreso la battaglia per ottenere contratti di assunzione a tempo indeterminato. Nella prima settimana dell'anno, dodici lavoratori della Aviapartner hanno visto riconosciute le loro ragioni e ottenuto l'immediato reintegro. Di questi dodici, ben dieci sono stranieri. Nelle prossime settimane, altre decine di lavoratori, di questa e di altre società, avvieranno altre cause. Sembra ormai evidente, infatti, che quasi tutte le società presenti in aeroporto utilizzano le norme per assumere personale in maniera totalmente scorretta e non conforme alle leggi e ai contratti. "Questi risultati ci confortano – dicono alla Cub Trasporti, che ha seguito le vertenze –  la nostra battaglia contro il precariato continua". Forti di questi importanti risultati, si estende la lotta, per un lavoro sicuro e giustamente remunerato.

Disoccupato tenta il suicidio a Gela

Rosario M. lavorava, precario, da diversi anni come magazziniere, per una grande impresa di abbigliamento a Novara. In seguito a continui furti che avvenivano in azienda, gli chiesero d'indagare, ma quando indicò gli autori, tutti interni alla ditta, lo licenziarono. Tornato a Gela nel 2007 inizia un vero e proprio calvario per lui e la sua famiglia, composta dalla moglie e tre figlie, rispettivamente di 5, 2 e un anno. Nell'ultimo periodo svolge una attività di guardiano in cantiere edile, con uno stipendio di 700 euro mensili, in nero. Quando chiede alla ditta il pagamento degli arretrati e un aumento dello stipendio, per tutta risposta, il padrone lo licenzia. Dopo un mese, rimasto senza lavoro, preso dalla disperazione per non poter dare da mangiare alla famiglia, nella giornata del 30 dicembre del 2009, tenta di buttarsi dal ponte del fiume di Gela, ma viene fermato in tempo dall'interessamento di alcuni passanti. Solo a questo punto intervengono i servizi sociali del comune, fornendo alla famiglia, che vive in un alloggio popolare occupato nella periferia, i generi alimentari indispensabili alla sopravvivenza.

Lavoratori delle costruzioni in sciopero a Dubai

Prosegue la vicenda dei lavoratori edili coinvolti nel crollo dell'edilizia a Dubai. Il 23 Dicembre scorso 900 lavoratori edili e 70 impiegati, dipendenti della Robust Contracting Company, hanno abbandonato i cantieri e sono scesi in sciopero per ottenere il pagamento di ben 3 mensilità di stipendio che la società non ha ancora provveduto a versare, dichiarando che non sarebbero rientrati nei cantieri finché non avessero ricevuto quanto loro dovuto. Quella mattina si erano recati sul posto di lavoro fidandosi della promessa fatta dalla Robust, secondo la quale avrebbero trovato l'ufficio paghe aperto per provvedere ai pagamenti (un salario mensile medio si aggira sui 150 dollari). Ancora una volta, la promessa non è stata mantenuta. "Non abbiamo denaro, non abbiamo cibo, non possiamo pensare di lavorare in queste condizioni e non ci fidiamo più delle tante promesse che ci sono state fatte" - hanno dichiarato alla stampa locale. Lo sciopero è poi proseguito nei giorni successivi, fino a quando la Robust si è dovuta formalmente impegnare con le autorità locali a pagare gli stipendi entro 5 giorni.

Portovesme: riparte la lotta alla Alcoa

Che la situazione alla Alcoa fosse rimasta sul filo del rasoio lo sapevano gli stessi lavoratori che a dicembre avevano invaso in manifestazione le strade di Roma e che, a seguito delle rassicurazioni del governo, erano tornati a casa senza farsi soverchie illusioni, per poi effettuare uno dei "sequestri di manager". Uno sport che sta prendendo piede in Italia anche se poi autorità locali, polizia, governo, stampa e sindacati negano risolutamente che si tratti di sequestri.
A distanza di un mese i nodi sono tornati al pettine e l'azienda, di fronte a un governo che non è stato finora in grado di dare risposte certe,  ha annunciato l'11 gennaio l'avvio delle procedure per il ricorso alla cassa integrazione, facendo ripartire alla grande le proteste.
I lavoratori, infatti, hanno ripreso le azioni di lotta, iniziando il 13 gennaio con l'occupazione per 3 ore dei binari della linea Cagliari-Decimomannu alla periferia di Cagliari e provocando il tal modo il caos sulla rete ferroviaria dell'isola intera.
Venerdì 15, inoltre, la protesta si sposta ancora una volta a Roma, di fronte alla ambasciata americana, dove già a dicembre gli operai avevano dato una chiara dimostrazione della loro determinazione e intenzione di difendere con i denti il posto di lavoro. Con loro manifestano anche i colleghi dello Stabilimento Alcoa di Fusina (Ve) che il giorno 11 hanno scioperato, bloccando per un'ora il traffico sul cavalcavia di San Giuliano, tra Venezia e Mestre.

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti