Umanità Nova, n.3 del 31 gennaio 2010, anno 90

Revisione o prevenzione?


Sul Futurismo legato al Centenario, in quest'anno si è molto parlato, compreso da parte del sottoscritto, ma per chiudere le celebrazioni, volevo soffermarmi su un testo che da il senso di quanto sia necessario approfondire la questione, almeno sul piano dell'approccio. Spesso l'analisi storica è un pretesto per giustificare un assunto, una presa di posizione preconcetta e non, come deve essere, un percorso che può portare a risultati anche lontani rispetto a quanto immaginato. In questa categoria vi sono differenti atteggiamenti, da chi sommariamente giunge ad un risultato "voluto", magari omettendo fonti, o non incrociandole col proprio percorso; a chi invece, nonostante la messe di dati, mantiene saldo il timone e non si fa toccare da dubbi. Angelo D'Orsi, ne Il Futurismo tra cultura e politica. Reazione o rivoluzione? (Salerno Ed., Roma 2009) non sfiora mai la "rivoluzione" e si contenta di approvare quanto già pensava. D'Orsi è docente di storia del pensiero politico all'Università di Torino e fra le sue opere, recente è la Bibliografia Gramsciana Ragionata. Non solo, ha collaborato al Dizionario del Futurismo (E. Godoli, a cura di, Vallecchi, Firenze 2001); avendo quindi a disposizione una grande quantità di dati. Allora perché tanta cocciutaggine nel liquidare il Futurismo al ruolo che fu attribuito da Croce solo come anticamera del fascismo, solo nazionalista, solo guerrafondaio, ecc.?
Come Movimento è stato molto di più e molto di altro, e non lesina negli apparati e nelle fonti, così come nella cronologia, elementi che lo avrebbero portato ad avere almeno un atteggiamento più complesso e sfumato. Il volume è doppio, nel senso che 160 pagine costituiscono il saggio, mentre le 176 residue, più della metà, sono apparati. Libro ricco quindi, che però analizza solo alcune fonti, spesso meno significative, ovvero più "orientate", e che non sempre si trovano nella bibliografia, così come elementi di grande contraddizione rispetto all'impianto voluto dall'autore, non "sono significativi" per il saggio. Grande fatica e sfoggio, in impianti ridondanti, per confermare quanto previsto. Parla di arditismo, ma Marco Rossi non c'è, per cui si può fare un tutt'uno col fascismo, parla e tratta dei fondatori, ma si guarda bene dal dare dignità ai firmatari dei Manifesti. Esiste solo Marinetti, tutti gli altri comprimari.
E quando tratteggia il capitolo "A sinistra", cita Lucini come "forse l'unica, vera, anche solo ipotetica alternativa di sinistra", Remondino, "però, si badi: prima dell'attentato di Sarajevo", Palazzeschi, inserito "nella scarna galleria dei futuristi di sinistra", e lo stesso Fillia, torinese e molto apprezzato da Gramsci, meno male che muore giovane, altrimenti avrebbe subito una "amarissima resa dei conti". Insomma, avviandomi a concludere, per il Nostro, a parte "qualche occhieggiamento in direzione anarchica", Marinetti, e per D'Orsi, il futurismo tutto "resta tetragono a qualsivoglia coinvolgimento nell'area dell'autentico sovversivismo di sinistra", confermando, per cancellare ogni dubbio che "sono anche esistite figure marginali di anarco-futuristi, quale Renzo Novatore" che fa morire in uno scontro a fuoco con i fascisti e non con i carabinieri, "ma si tratta davvero di casi estremi e numericamente poco rilevanti". Allora perché tanta fatica caro D'Orsi? Tutto ciò c'era già prima di questo sforzo editoriale.

Alberto Ciampi

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