Chi guarda, non è lui il morto. Sarebbe potuto esserlo. Ma chi giace è l’altro. Chi guarda sta in piedi,incolume; il morto può essere un nemico ucciso o un amico venuto a mancare: in ambedue i casi sembra d’improvviso che la morte da cui eravamo minacciati si sia stornata da noi su di lui.
È questa la sensazione che, rapidissima, ha il sopravvento; ciò che dapprima era terrore trapassa in soddisfazione. Colui che sta ritto, per il quale tutto è ancora possibile, è ora più che mai consapevole di stare in piedi sulle proprie gambe. Non c’è istante in cui ci si senta meglio nella posizione eretta.(…) Questo fatto è così orribile e nudo che lo si vela con ogni mezzo. Che ci si vergogni di esso oppure no, è determinante per la valutazione dell’uomo.
Ma ciò non muta nulla in quanto al fatto in sé. La situazione del sopravvivere è la
situazione centrale del potere.

(E.Canetti- Potere e sopravvivenza)

 

Comunicazione e strategie di controllo sociale…

(Si vive la realtà prodotta come realtà reale..)

 

Nulla sarà più come prima….


L’informazione diffusa dai media ufficiali non è una "finestra sul mondo", ma la base su cui costruiamo gran parte della nostra conoscenza della realtà. Essa rappresenta il principale canale sociale d’acquisizione di sapere e d’accesso al mondo. Viviamo dentro un ambiente artificiale dove con la tv satellitare, internet, l’informazione telematica integriamo/inseriamo nella nostra quotidianità eventi accaduti a migliaia di chilometri da casa nostra ed entriamo in contatto con spazi e vissuti che non coincidono con la nostra esperienza immediata e fisica.

La "globalizzazione della comunicazione" ci fa precipitare in una dimensione dove lo spazio e il tempo non sono predefiniti dai nostri modi abituali (storici) di vivere, lavorare e apprendere, quanto piuttosto dalla velocità e dall’accesso all’informazione. La relazione tra spazio sociale e luogo fisico viene radicalmente modificata, così come vengono cambiati i riferimenti con i quali costruiamo identità collettive, senso d’appartenenza … memoria e immaginario sociale.

Le nostre condizioni di aggregazione, riflessione, di formazione delle attese individuali e di lotta si sviluppano e vivono dentro una fitta ragnatela di flussi comunicativi.

Televisione, radio, editoria, cinema, pubblicità alimentano un mercato dove l’informazione è trattata e scambiata come merce, ma il loro primo obiettivo non è tanto vendere un prodotto quanto quello di creare"attitudini". Come nella comunicazione politica ciò cui si mira non è tanto all’effetto "persuasivo" (certamente anch’esso perseguito) quanto a quello "cognitivo". Il potere è inscritto nel corpo dei dominati sotto forma di schemi di pensiero e di propensioni: il fondamento simbolico del potere non risiede dentro coscienze "manipolate" che basterebbe illuminare con la "verità", bensì dentro paradigmi "cognitivi" che perpetuano, al di là di ogni "consapevolezza politica-ideologica", la complicità delle vittime con il sistema che le opprime.

 

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