Vi presento il documento qui sotto che ho preso a Ginevra, alla riunione di
coordinamento internazionale per la manifestazione di Davos, del prossimo
gennaio. Nei prossimi giorni spero di poter inviare anche la traduzione dal
francese di altri documenti che ho preso lì.
WEF: UMANIZZARE L'INUMANIZZABILE?
Il documento sui temi che quest'anno saranno discussi nel WEF lascia
trapelare
che le manifestazioni di Seattle, Melbourne, Praga hanno avuto il loro peso
e
preoccupano i leader mondiali. Come anche il boicottaggio dei prodotti delle
multinazionali che utilizzano OGM o che usano forme di lavoro schiavistiche.
La
loro preoccupazione da un lato è l'emergere di forme di conflitto sociale
collettivo, dall'altro la perdita di 'clienti'. Per la prima volta i leader
mondiali sono costretti ad ammettere che esistono interessi sociali
contrastanti
e conflittuali e che le loro politiche sociali ed economiche provocano
alienazione ed ansietà, ma anche una domanda forte di equità sociale. i
'leader
mondiali' non sono così forti ed invincibili come vogliono farci credere e i
movimenti che si oppongono al neoliberismo costituiscono un problema per
loro.
Dopo anni in cui volevano farci credere che non esistessero conflitti e che
il
mondo fosse pacificato, i padroni del mondo riuniti nel World Economic Forum
devono ammettere che i conflitti e l'alienazione esistono e sono prodotti
proprio da loro. Si sono appropriati di tutte le risorse: il territorio, la
natura, i capitali, sono arrivati perfino a privatizzare e brevettare il
patrimonio genetico che dà luogo alla vita.
Tutto ciò che sarebbe per sua natura collettivo, patrimonio comune di tutte
le
persone che vivono sul pianeta è stato derubato da loro. Le leggi che
regolano
questa appropriazione sono quelle del profitto in nome del quale sono capaci
di
affamare intere popolazioni, di privarci dei più elementari diritti, di
generare
guerre e distruzioni lucrose per due motivi: la vendita di armi e gli affari
della ricostruzione che permettono di superare le crisi cicliche da
sovrapproduzione.
Perfino la morte delle persone diventa fonte di profitto.
Il danno prodotto dagli OGM su intere popolazioni e sulla biodiversità su
cui si
fonda la vita, per loro è solo un effetto irrilevante. L'irrazionalità del
capitalismo e della smania di profitto sta nell'incapacità di capire che la
ricerca di profitto a breve termine può produrre effetti dannosi per la
stessa
produzione capitalistica. Siamo di fronte a dei veri e propri criminali, che
non
si fanno scrupolo di compiere stragi e di mettere in atto macchine
repressive/poliziesche per conservare il loro potere.
Il mondo che stanno costruendo attraverso il Nuovo Ordine Mondiale è sempre
più
polarizzato: 358 persone possiedono patrimoni e redditi equivalenti a quelli
di
2,3 miliardi di persone (dati dell'International Labour Organization). La
maggioranza degli abitanti dei paesi del terzo mondo (4 miliardi) continuano
ad
essere depredati delle risorse locali e a soffrire di fame, malnutrizione,
malattie. L'introduzione del mercato capitalistico negli ex paesi dell'est,
che
secondo loro avrebbe dovuto risolvere ogni problema, ha reso la vita della
maggior parte della popolazione sempre più difficile.
In realtà quello che li interessava era solo aprire nuovi mercati, formati
dalle
nuove élites, dai nuovi ricchi locali generati da una società sempre più
polarizzata.
I leader mondiali hanno prodotto una crisi ecologica locale e planetaria. La
razionalità imperialistica della società capitalistico-industriale matura si
basa su un'idea di sviluppo che si va sempre più chiaramente rivelando
insopportabile, insostenibile, ecocatastrofica: occupazione abnorme di
suolo,
voracità energetica, concentrazione di agenti inquinanti, consumo di risorse
non
rinnovabili, riproduzione allargata della povertà.
Il quadro dei disastri prodotti dai leader mondiali in potenza ha tutti gli
elementi per produrre estesi conflitti sociali, ma i padroni del mondo sanno
contenerli attraverso il controllo delle informazioni, le legittimazioni
teoriche disegnate dai loro intellettuali, le strategie volte a conseguire
il
consenso. Nella vita delle classi subalterne c'è mancanza dell'essenziale,
malessere, sofferenza, alienazione. Ognuno di noi deve lottare per ottenere
ciò
che dovrebbe essere un dato di partenza: la casa, le risorse per vivere, il
diritto ad esprimersi liberamente, a socializzare e creare cultura, a
realizzare
i propri desideri: insomma il diritto a vivere, non a sopravvivere. Ciò che
dovrebbe essere scontato per ogni essere che nasce sulla terra diventa una
lotta
ed un dramma individuale.
La frammentazione sociale corrisponde ai molteplici modi in cui il sistema
capitalistico/patriarcale si insinua attraverso le macchine del potere
dominante
nello stato borghese, nelle burocrazie di ogni genere, nel sistema
scolastico,
nella famiglia, nella coppia, perfino nel super-io dell'individuo.
Ma vivere in un mondo controllato dai leader mondiali può smettere di essere
un
dramma individuale e diventare il punto di partenza per articolare tutte le
forze materiali e sociali che hanno il desiderio di vivere e di cambiare il
mondo, di realizzare nuove relazioni sociali, di sperimentare nuovi mondi
possibili. Malgrado e a partire dagli effetti sociali della ristrutturazione
globale si stanno sviluppando una molteplicità di lotte in tutte le aree del
mondo, che hanno lo scopo di contrastare lo sfruttamento, l'esclusione, la
mercificazione, la privatizzazione, l'alienazione e l'isolamento, la
militarizzazione della società. Talvolta sono minoritarie, settoriali ma
esprimono già il superamento della frammentazione sociale attraverso la
pratica
dell'azione collettiva su temi specifici. L'azione/manifestazione di Seattle
ha
avuto il pregio di nascere dal collegamento fra molte di queste lotte
'frammentarie' che si sono autorganizzate in modo cooperativo e non
gerarchico.
MA INTANTO COSA SI STANNO PREPARANDO A DISCUTERE I 'LEADER MONDIALI' NELLA
CANDIDA CORNICE DI DAVOS?
Di fronte ai disastri che hanno prodotto, la loro unica preoccupazione è di
preservare la loro appropriazione privata di profitto. Ai governi nazionali
vogliono affidare il ruolo del controllo e del contenimento della portata
dei
conflitti sociali che vanno emergendo o che potrebbero emergere. Alienazione
e
ansietà devono rimanere affari privati e personali, appena danno luogo a
forme
di azione collettiva vengono effettivamente, lo vediamo ogni giorno,
occultati.
Perfino le scritte sui muri non durano più di un giorno: ogni opposizione va
soppressa sul nascere , prima che possa estendersi o anche solo stimolare
pensiero critico. La loro ricerca di 'uno scambio ottimale fra efficienza
economica ed equità sociale' può solo prendere la forma di un maquillage
dell'ingiustizia, perché il loro sistema si basa sulla proprietà privata e
sull'appropriazione privata delle risorse e di tutto ciò che viene prodotto
collettivamente.
Il sistema capitalistico si basa sullo sfruttamento del lavoro manuale ed
intellettuale e sulla appropriazione da parte dei detentori di capitali e
risorse di ciò che viene prodotto, beni o servizi che siano, concedendo il
meno
possibile come remunerazione del lavoro. Con governi di destra, o supposta
sinistra, che accettano di sostenere la flessibilità del lavoro e la
progressiva
cancellazione dei diritti sociali, i leader mondiali hanno buon gioco. La
distribuzione di beni e servizi si basa sulla capacità di spesa, chi non ha
reddito sufficiente è escluso.
L'equità sociale è antitetica al sistema capitalistico fordista o
postfordista,
non è possibile nessuno scambio ottimale, questi due poli non sono
malleabili
senza che si snaturino, lo dimostra un secolo e mezzo di storia.
LA LORO LEGITTIMITA' E' IN CRISI? UN MAQUILLAGE PER RITROVARE IL CONSENSO
I leader mondiali sono preoccupati che la loro evidente irresponsabilità
sociale
metta in crisi la loro legittimità. La soluzione che ventilano è a costo
zero
per loro: una partnership (cogestione) fra governi, imprese e 'società
civile'
tale da 'suddividere meglio' i supposti benefici della crescita economica.
Ma i
benefici che ventilano non sono reali perché sono sempre distribuiti in modo
ineguale, socialmente selettivo e differenziato. L'integrazione che possono
offrire è solo l'illusione di far parte del mondo dei privilegiati, quando
poi
tutti i giorni si ha a che fare con la disoccupazione, la sottocupazione, lo
sfruttamento e gli orari che sfondano le 40 ore, l'alienazione, la riduzione
del
reddito e della qualità della vita, il restringimento degli spazi e delle
relazioni sociali non mercificate, la mancanza di case in affitto a canoni
accessibili. Mentre loro creano illusioni, continua la realtà della nocività
e
delle morti sul lavoro, dei redditi insufficienti a pagare ciò che serve per
vivere, dell'inquinamento, dell'effetto serra, delle malattie provocate
dagli
apprendisti stregoni del nucleare e degli OGM.
Ma tutto è tenuto sotto silenzio dai mass-media.
C'è poi anche il rischio che vogliano integrare la 'società civile' nel loro
sistema utilizzandola per contenere i danni provocati da loro stessi in
termini
di pura ingiustizia sociale. In questo caso saremmo in presenza della solita
appropriazione privata dei profitti e socializzazione dei problemi e dei
costi.
Già le Nazioni Unite con la Conferenza di Habitat II ad Istanbul del 1996
hanno
proposto di utilizzare la capacità di autorganizzarsi ed 'arrangiarsi' delle
classi subalterne, la loro stessa solidarietà, per risolvere a costo zero i
problemi delle città del terzo mondo.
Si tratta di lasciarli fare, a patto che stiano al proprio posto, nelle aree
separate che sono loro destinate e che non dilaghino, e a patto che non
ostacolino o lottino coscientemente contro il sistema dominante che li priva
di
diritti e risorse.
I leader mondiali sembrano voler utilizzare un meccanismo simile in Europa,
per
fare andare aventi l'economia di mercato senza scosse, pur in presenza di
una
crescita esponenziale delle povertà e quindi del potenziale conflitto. La
cooptazione dei movimenti di opposizione nei sevizi sostitutivi dello stato
sociale va già in questa direzione: la collettività si accolla l'onere di
attutire i danni provocati dal sistema di mercato e di salvaguardarlo dagli
effetti 'destabilizzanti', attraverso il lavoro 'gratuito' o sottopagato (ne
sanno qualcosa i lavoratori delle cooperative sociali).
Ma questo può avvenire solo se la solidarietà viene separata dall'elemento
con
cui forma una unità inscindibile: la lotta contro chi crea l'ingiustizia
sociale.
E' questa la loro risposta alla domanda sociale di partecipazione ed
autogestione?
Una partecipazione ridotta a consenso di soggetti privati del diritto a
prendere
parte in modo diretto ai processi decisionali che riguardano le loro vite.
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