ORA TUTTI A ROMA!

La caduta del Governo Prodi mette fine alle parole e ai tatticismi che hanno accompagnato la crisi di questi giorni. Da questa situazione, nuova, bisogna partire. La scelta di Fausto Bertinotti e Rifondazione Comunista, va necessariamente vista come un forte momento di discontinuità storica e politica rispetto alla tradizione, più volte evocata in parlamento, della sinistra istituzionale in questo paese. Vi sono due aspetti importanti e che ci preme sottolineare: il coraggio di questa decisione da parte di Bertinotti e l'azzardo che oggettivamente l'accompagna. Coraggio, perché difronte al fuoco di fila parlamentare del Pds e del Sindacato, dell'Europa e della Confindustria, della tradizione e dei "templari" dell'unità a tutti i costi, dei discorsi meschini sulla responsabilità verso il paese pronunciati da chi taglia pensioni e servizi, non era scontato che qualcuno osasse concretamente fino a questo punto. Azzardo, perché, come da sempre sosteniamo, a questa crisi politica, fondata sulla rottura degli equilibri della maggioranza, non corrisponde un reale conflitto sociale, diffuso tra gli strati di popolazione più debole e impoverita dalle politiche neoliberiste che in Europa la fanno ancora da padrone. Una constatazione questa che deve far riflettere tutti, ma soprattutto coloro che si sono sempre trincerati dietro l'estremismo verbale e la pratica da gruppetti extraparlamentari, per nascondere la loro incapacità di creare consenso attorno a delle idee di trasformazione sociale. Non sono state le lotte delle masse a far cadere il governo, e nemmeno i proclami dei cosidetti autorganizzati: è stato Bertinotti e il suo partito e da questo dobbiamo tutti partire. Ci piace pensare che le giornate di Venezia siano state determinanti per far andare in crisi una concezione della politica tutta relegata ai grandi scambi parlamentari, all'autonomia del politico centrata sui poteri forti e sugli interessi di chi toglie ricchezza e sviluppo alla maggioranza della popolazione e quindi alla democrazia reale. Ci piace pensare che sia stato Marcos a mandare in crisi il nostro vecchio modo di concepire la politica, vecchio per tutte le sinistre reali, e indeguato ad affrontare il terreno della trasformazione sociale alle soglie del terzo millennio. La crisi è stata aperta dall'alto, in parlamento, ma va riempita ora con significati, percorsi, metodologie che vengono dal basso, dai territori della vita reale, dei bisogni vecchi e nuovi di chi non ha voce, di chi non può parlare. Dunque le parole sono finite, adesso tutti siamo costretti a confontarci con i fatti concreti: il conflitto sociale e il consenso che sono tutti da costruire e conquistare. Anche noi, con una certa dose di coraggio e azzardo, da tempo abbiamo messo in crisi il nostro vecchio modo di pensare i rapporti politici con le sinistre e soprattutto l'inadeguatezza nostra e di tutti a parlare all'intera società delle nostre utopie e dei nostri progetti. Questo evento, per cui venivamo bollati da una parte all'altra come "traditori" della fede unica, un po’ come viene bollato ora Bertinotti dai vertici del Pds e Sindacato, dimostra che non è vero che tutto è gia scritto. Che non significa niente essere più duri a parole e che definirsi autorganizzati è spesso un'eufemismo per nascondere l'inconsistenza di microrganizzazioni di un ceto politico incapace di raccogliere consenso e di proporre un'alternativa di tipo societario. Dopo questa crisi diventa fondamentale dare la parola a chi si pone come problema la costruzione di movimenti veri, di massa, da cui imparare cosa significa la parola "cambiamento".

Il 25 ottobre a Roma saremo in prima fila. Non abbiamo paura di nessuno schiacciamento su Rifondazione, non ci preoccupa nemmeno. Poiché tutti ora dobbiamo far crescere nel paese il senso vero di questo scontro, sullo stato sociale, sulla qualità della vita. E adesso sì che sarebbe incomprensibile fare una questione di date e di sigle. Quelli che continuano a farlo dovrebbero riflettere su cosa vogliono veramente. Se il loro problema è esistenziale e personale, non è la politica che lo può risolvere. "Ci siamo organizzati in un esercito per poterlo sciogliere" dice Marcos. Noi non aspettiamo altro se a prendere la parola sono i movimenti veri che sono gli unici che possono costruire un mondo diverso e più giusto.

Luca Casarini
portavoce dei Centri Sociali del NordEst / Consulta per l'Autorganizzazione sociale del NordEst

Venezia, 1° Ottobre 1997


home iniziative materiali comunicati