BREVE INTERVISTA TELEFONICA A TONI NEGRI, FEBBRAIO 1996

Le lotte dei lavoratori francesi del settore pubblico, contro il piano di riforma previdenziale del governo Juppé, hanno rappresentato sicuramente un ulteriore segnale di disagio diffuso nella società europea, che va ad aggiungersi alle mobilitazioni che nell'autunno del 1994 condussero, in Italia, il governo Berlusconi a dimettersi.

Quali sono, a tuo avviso, i nodi fondamentali e i motivi di profondità degli ultimi eventi francesi?

Il discorso va subito agli obbiettivi della lotta che, hanno detto, era per difendere le pensioni (cosa di per sè estremamente valida). In Francia è stato di fatti impedito ciò che è successo in Italia, dove sulla questione delle pensioni è stato fatto cadere il governo Berlusconi grazie ad una cosiddetta sinistra, o meglio ad un insieme informe, assurdo che certamente come socialista o comunista non esiste più.

Qui sulla questione delle pensioni hanno tenuto, ma il problema non era tanto le pensioni. Non è su questa questione che le lotte hanno ottenuto il massimo appoggio da tutti gli strati della popolazione lavorativa. il problema che è stato posto era quello di ciò che chiamiamo il salario bio-politico, visto in una prospettiva bio-politica: ovvero la difesa del Welfare-state, dello stato provvidenza ed inoltre il fatto che è il salario a dover essere garantito, non tanto il lavoro.

Non sono in gioco mobilità e flessibilità, qui il problema consistente da affrontare è quello di avere un salario garantito dalla nascita alla morte, per sé e per i propri figli. Questo è l'oggetto formidabile uscito da questa lotta e, bada bene, è qualche cosa di estremamente importante perché ha fatto saltare tutte quelle che erano le vecchie dinamiche sindacali, ridotte ad una continua trattativa intorno alla individualizzazione del salario. Per esempio nel settore privato gli operai si trovano a ricevere salari diversi l'uno dall'altro; per il 30% comune e per il restante 70% legato ad elementi individualizzati che bloccano la forza lavoro legata a redditi privati. Invece tutto ciò non è ancora avvenuto nella sfera pubblica e, proprio questo, non ha semplicemente dato maggior forza per lottare a questi lavoratori ma ha anche proposto, su questo ciclo assolutamente strategico che sono i servizi, che la difesa del salario in quanto bio-politico, in quanto legato a rapporti politici, che copre (deve coprire) tutta la vita divenga l'elemento fondamentale.

Da questo punto di vista, del salario bio-politico, in queste lotte è stata estremamente importante la componente del femminismo che ha portato , anche per il caso costituito da una grande manifestazione di donne che ha attraversato la mobilitazione generale di sciopero, più degli uomini una visione di complessità vitale del salario: un elemento che deve garantire soprattutto i momenti di riproduzione della vita, al di là del lavoro.

Il secondo elemento fondamentale di queste lotte, tutt'altro che "archeologia" o corporativismo, è stato la richiesta di una democrazia dei/nei servizi. Gli operai chiedevano una riappropriazione della gestione dei servizi, reclamando (per quanto riguarda, per esempio, le Telecom) l'universalità approfondita del servizio di telecomunicazione. Questo, in un'epoca di autostrade dell'informazione, diviene una domanda assolutamente fondamentale... questa non era gente che si muoveva sulla base della difesa di vecchi interessi corporativi, ma per l'apertura delle nuove e più avanzate tecnologie all'universalità dei cittadini. Poi, l'altra questione (per le ferrovie, per esempio) non era tanto il mantenimento dei vecchi servizi improduttivi quanto legare la pianificazione del territorio a delle politiche di trasporto dentro le quali gli operai dei servizi fossero politicamente presenti. Quindi una riappropriazione delle amministrazioni dei servizi, in senso proprio, da parte di settori di questa nuova classe lavoratrice in ricomposizione che è Intelletto Generale: quando tu pensi che un ferroviere, qui in Francia, ha la maturità più due, tre anni di studio, che il 75% dei ferrovieri lavorano su computer (che siano nell'amministrazione o legati alle macchine), che la dimensione collettiva del lavoro è divenuta enorme proprio nella misura di questo passaggio tecnologico.

Ed è estremamente importante che le nuove lotte vadano a ricomporsi proprio a questo livello: lottare, quindi, contro la mondializzazione liberale dentro un progetto di espansione tecnologica, di ripresa in mano di questo processo e dell'amministrazione da parte dei lavoratori... e io credo che questa ricomposizione, su tale terreno molto avanzato, sia la forma nella quale le nuove lotte si ricomporranno presto, non c'è altra forma se non questa.

Come terzo elemento, d'altra parte la cooperazione sociale e produttiva e la solidarietà politica si sono scoperte come due facce della stessa medaglia. Siamo sul terreno della politica dell'operaio sociale in cui la ricomposizione del corpo sociale e la riappropriazione dell'amministrazione diventano centrali.

Quali pensi che possano essere, invece, i significati delle lotte di dicembre proprio alla luce del processo in atto di unificazione monetaria e politica europea?

Rispetto all'unificazione europea, tutto ciò che è avvenuto in Francia testimonia che non è impossibile porsi un problema d'alternativa intorno al modo in cui, dal trattato di Roma al trattato di Maastricht, lungo 30 anni è stata "inventata" l'Europa. Il senso di possibilità che queste lotte danno risiede nell'opposizione alla forma in cui è stata prevista la costruzione dell'Europa. Ma, attenzione, noi siamo per l'Europa e bisogna dirlo fino in fondo. Non ci sono nazionalismi, non ci sono richieste d'identità specifiche che possono valere; noi siamo in Europa in quanto forza, costruire l'Europa oggi vuol dire far emergere fino in fondo questi problemi.





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