Abacabar Diop: per riassumere la situazione, dopo l'applicazione delle leggi Pasqua, un certo numero di persone sono sempre più considerate dei "paria amministrativi". Siamo arrivati ad una situazione di blocco. Delle famiglie, essenzialmente del Mali all'inizio, si sono riunite per confrontarsi su come per queste leggi si incominciava a diventare degli esclusi nella società, perché non si poteva trovare un lavoro normale, allevare un famiglia, vestirci decentemente, vivere correttamente, quindi abbiamo deciso di occupare un luogo simbolico che è la Chiesa di Francia. Essendo la Chiesa una terra d'asilo, abbiamo sperato di convincere il potere pubblico a rendersi conto che noi esistiamo. L'obiettivo è dimostrare alla comunità nazionale che queste persone esistono, che non abbiamo paura di essere perseguiti e che abbiamo diritto alla dignità. Nella nostra società della comunicazione le persone dovrebbero avere il diritto di andare e venire come vogliono, anche se ci sono delle restrizioni. Queste persone non sono clandestini ma sono state clandestinizzate dalla legge. Noi siamo entrati legalmente nel paese, ci è stata data ospitalità per un certo tempo e non capiamo perché ci si taglino i ponti proprio quando ci siamo sistemati, adesso che viviamo tranquillamente, che siamo facilmente identificabili perché ciascuno dichiara i propri redditi. Le persone ne hanno abbastanza di vivere nella clandestinità e vogliono che ci si prenda carico della loro situazione. Non si possono sempre prevedere le conseguenze dell'applicazione delle leggi, ma al limite si possono correggere ed è questo che chiediamo. In questo momento, noi non esigiamo l'abrogazione delle leggi Pasqua, ma chiediamo che in rapporto alla nostra situazione, ai bambini che abbiamo allevati in Francia, le leggi siano addolcite. Noi vogliamo che la dimensione umana del problema sia presa in considerazione. Siamo venuti a discutere, ma anche per combattere per quanti non hanno i documenti. Chiediamo che siano legalizzati i casi delle persone di Saint-Ambroise ma anche che si faccia qualcosa per quelli che nel paese non hanno i documenti.
Cosa vi sentite di dire ai francesi che non capiscono cosa stia succedendo?
Ci sentiamo di dire che noi non siamo dei terroristi. Non siamo clandestini, non abbiamo bisogno di soldi. E' successo che in un momento della nostra vita, sul territorio francese, noi siamo stati clandestinizzati dalla legge Pasqua, ci siamo messi ai margini della società; abbiamo cercato di uscire da questo ghetto prima che sa troppo tardi ed è per questa ragione che abbiamo osato mostrare la nostra faccia. Noi saremmo pronti a rifarlo perché siamo stati nelle nostre rispettive prefetture e hanno risposto a ciascun caso che non si poteva fare niente. Se la Francia è il paese dei Diritti dell'uomo e dei Diritti del bambino, è necessario che applichi le sue leggi in funzione di queste cose. Si parla di violazioni in Cina, in Ruanda o in Bosnia, ma sul suolo francese, delle persone sono "brutalizzate", la loro dignità è calpestata. Non vogliamo in nessun caso sostituirci ai francesi per abrogare delle leggi, ma chiediamo che sia prese in considerazione la dimensione umana del problema. Bisogna ricordarsi che gli europei sono stati i primi nella storia dell'immigrazione. Così devono capire che non è facile vivere lontani dalla propria casa. E' anche necessario ricordarsi che quando si è trattato di difendere la patria, lo si è chiesto ai nostri genitori. Non capisco perciò perché adesso si cerchi di sbarazzarsi di noi attraverso una legge che ci mette ai margini.
Come vedete il vostro futuro?
Il governo francese non ha voluto nominare dei mediatori. Abbiamo quindi preso l'iniziativa di nominare un consiglio di mediatori. Sono persone eminenti, persone che abitano e lavorano sul suolo francese, coscienti che la lotta che noi conduciamo non è una lotta particolare, ma una cosa realmente necessaria. E' per questo che hanno accettato di buon grado di fungere da mediatori tra i poteri politici e noi. Tutti qui desiderano il dialogo e che la situazione si sblocchi rapidamente. Ancora una volta, è necessario che le persone capiscano che noi non abbiamo bisogno né di una casa né del lavoro. Ci occorrono solo i documenti per poter vivere normalmente, senza nasconderci, senza dover sfuggire ogni volta lo sguardo di un poliziotto per la strada, senza dover sempre rasentare i muri per andare al lavoro. Questo aiuterà il governo francese a limitare le attività ai margini della legge.