Nella chiesa di Saint-Bernard ogni giorno o quasi Mamady Sané ha tenuto un piccolo diario di bordo.
Lunedì 5 agosto. A sera tutti i delegati si ritrovano nei locali del 22 di rue Pajol in Assemblea Generale, per vedere con le associazioni che negoziato è possibile per una riapertura dei dossiers delle famiglie. Nello stesso momento nella chiesa, quelli che fanno lo sciopero della fame sono là, gli occhi grandi aperti che fissano la statua della Santa Vergine. Non lontano, una donna di circa 25 anni lascia scendere delle lacrime sulle sue grandi guance. Gli occhi rossi mi chiedono "Come vedi la situazione Sané?" Io l'ho rassicurata alla mia maniera.
Domenica 11 agosto. Al mattino presto i rifugiati di Saint-Bernard cominciano a svegliarsi uno dopo l'altro. Alle 10 e un quarto, dopo il caffè, gli uomini piegati i materassi messi a terra e le donne mettono in ordine la chiesa per permettere ai fedeli di poter pregare.
Un lunedì nero, 12 agosto. Alle 5 e cinquanta, le forze di polizia invadono i luoghi santi. Nel momento in cui il capo delle operazioni ci parla in tono minaccioso, una donna incinta in preda al panico, è portata all'ospedale dove il suo bambino è venuto al mondo. Ha scelto sfortunatamente un cattivo momento, perché è clandestino dopo le leggi Pasqua. Gli uomini, vestiti con divise scure, fucili a tracolla, manganello in mano, sono là di fronte alle famiglie di sans-papiers. Lasciano la chiesa alle 7 e diciassette. Io sono partito allora alla ricerca dei nostri bravi uomini dispersi negli ospedali di Parigi. Dopo aver smosso terra e cielo, i nostri scioperanti della fame sono finalmente rilasciati e raggiungono la chiesa di Saint-Bernard.
Mercoledì 14 agosto. Uomini, donne, bambini, poveri o ricchi mettono dei soldi in una piccola scatola su cui è scritto: "Solidarietà con i sans papiers di Saint-Bernard". Coricato su un piccolo materasso, in un angolo della chiesa, circondato da alcune persone, Mamadou fa tranquillamente il suo thé quotidiano e serve le persone intorno. Subito i miei occhi passano sui coraggiosi scioperanti della fame, che sono al loro 41° giorno, e che ricevono la visita di coloro che li sostengono. Alle 20 e un quarto le famiglie si consultano come d'abitudine. Improvvisamente i bambini saltano di gioia. E' Touré il cuoco che fa il suo ingresso in chiesa e grida: "La zuppa!".
Venerdì 16 agosto. Alle 10 i portavoce ci annunciano la visita della signora Mitterand. Dall'altra parte della strada un grande signore si avvicina verso di me con le lacrime agli occhi: "Sané, pensi di poter essere espulso?" Con voce fioca, gli rispondo che ognuno nella chiesa lo pensa. Noi ci rimettiamo a Dio. Con le radio incollate alle orecchie, credendo che il ministro potrà cambiare posizione per umanità. Che orrore, che sfortuna, alle 20 il ministro dice: "Io rispetterò le leggi che sono state votate dall'Assemblea" e aggiunge "tutti i sans-papiers di Saint-Bernard saranno espulsi". E' come se il fulmine si abbattesse là in basso nel villaggio in mezzo alle palme. E poco a poco, la chiesa si immerge nel nero, un nero che non riconosco più.
Senza data. Cosa farà il ministro questa notte? Ha dato l'ordine ai suoi uomini di venirci a scacciare. Per non pensare a ciò che questa notte ci porterà, due sans papiers, un tamburo tra le gambe, battono con tristezza sui loro strumenti. I curiosi formano un semicerchio introno ai musicisti e le donne eseguono una danza che mi ricorda il mio villaggio al chiaro di luna.
Senza data. Una notte di paura, una notte d'addio. Tutta la mia speranza comincia a sciogliersi, poco a poco, come la candela che io utilizzo la notte dopo che si spengono le luci nella chiesa. Perché, minuto dopo minuto, la radio dà informazioni che non si vorrebbero ricevere. Tuttavia, ognuno ascolta. Vinceremo questa lotta che abbiamo ingaggiato cinque mesi fa? Nella mia testa, la voce degli antenati si fa sentire. E' necessario, sì, per noi, figli di valorosi esploratori che sono caduti sotto il fuoco dell'invasore. E' necessaria, sì, la vittoria.