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: COLLABORAZIONI A DURATA «CERTA» Per i collaboratori coordinati e continuativi sono in arrivo maggiori tutele: sui compensi, sulla sicurezza sul lavoro, in riferimento alla maternità e alle malattie e - soprattutto - sulla natura stessa del rapporto che li lega ai committenti. È questo uno dei principali obiettivi dell'articolo 4 della legge delega sul lavoro. Non di solo Fisco. Le indicazioni contenute nella lettera c dell'articolo 4 mirano a colmare quel divario che più volte si è lamentato tra Fisco e diritto del lavoro: da tempo riconosciute dal Fisco, le collaborazioni coordinate e continuative sono state assoggettate a obblighi previdenziali basandosi essenzialmente sulle disposizioni tributarie, ma senza mai provvedere a un loro inquadramento autonomo in ambito lavoristico. Per di più, le norme tributarie hanno subìto negli anni robuste modifiche, tanto che (dopo l'intervento della legge 342/2000) non si prevedono più tra i caratteri essenziali della collaborazione coordinata e continuativa la natura intrinsecamente artistica o professionale della prestazione stessa e quindi vi possono rientrare anche attività manuali e operative. In pratica e con molta frequenza, il quadro così delineato - che ha rilevanza solo fiscale - è stato assunto a regola generale e ha portato alla costituzione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche per attività di basso contenuto e pressoché prive della «natura intrinsecamente artistica o professionale». I "paletti" della delega. La necessità, quindi, di rivedere sotto il profilo lavoristico le collaborazioni coordinate e continuative era non solo sentita ma si imponeva come necessaria, per dare certezze operative sia alle imprese sia ai collaboratori. Questo intende fare la delega al Governo, individuando una serie di indicazioni che dovranno rendere il rapporto meno incerto sotto il profilo applicativo. Una prima indicazione importante riguarda il corrispettivo che - secondo la previsione n. 1 della lettera c - «deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro». Questa previsione intende correttamente ribadire che il corrispettivo dei rapporti delle collaborazioni coordinate e continuative deve comunque garantire al lavoratore una retribuzione degna e sufficiente: un indirizzo di carattere generale, quindi, ma utile per evitare abusi, rinforzato tra l'altro dalla previsone di un sistema sanzionatorio «adeguato» per i casi di inosservanza delle disposizioni che saranno varate in forza della delega. Nella stessa direzione di tutela e di delimitazione puntuale delle co.co.co. vanno altre indicazioni quali l'obbligatorietà dei «contratti» per i collaboratori, da cui risultino non solo la durata del rapporto avviato ma anche la sua riconducibilità a uno o più progetti di lavoro o sue fasi, resi con «lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione». Questo rapporto di lavoro, comunque lo si voglia descrivere, resta infatti un rapporto pur sempre improntato all'autonomia gestionale in capo al collaboratore. La delega invita poi a individuare le collaborazioni coordinate e continuative anche differenziandole da altri rapporti, quali quelli occasionali (si veda l'articolo più sotto) o accessori. Il punto 4 dell'articolo 4 si occupa delle tutele fondamentali quanto a maternità, malattia, infortunio e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tutele, queste, già presenti per i collaboratori coordinati e continuativi anche se quantitativamente molto meno forti di quanto previsto per i rapporti di lavoro dipendente. Il punto 6 dello stesso articolo 4 del disegno di legge sul lavoro definitivamente approvato ieri dal Senato prevede infine adeguati meccanismi di certificazione della volontà delle parti contraenti, da attuarsi entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge attraverso uno o più decreti legislativi, su proposta del ministro del Lavoro. A questo proposito, va segnalato che l'articolo 5 individua fra i soggetti preposti alla certificazione gli enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi, ovvero strutture pubbliche aventi competenza in materia, o anche università. Lo scopo di queste procedure è individuato nella riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro. |