Il boccone avvelenato
CARNE LETALE NEGLI USA SI SUSSEGUONO I SEQUESTRI DI CARNE «INQUINATA», IL PRODOTTO DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE DEGLI ALLEVAMENTI
L'ULTIMO BATTERIO SI CHIAMA E.COLI 0157:H7 E IMPERVERSA NELLA CARNE MACINATA, PERCHÉ È STATO VIOLATO IL CICLO BIOLOGICO DELLE MUCCHE
L'ultimo batterio Si chiama E.coli 0157:H7 e imperversa nella carne macinata, perché è stato violato il ciclo biologico delle mucche
In questo luglio il ministero dell'agricoltura statunitense ha ordinato il ritiro di 9.000 tonnellate di carne macinata di bue, contaminata dal batterio E.coli 0157:H7. È la seconda più grande requisizione di carne della storia americana. Il primato spetta al ritiro di 12.000 tonnellate operato sulla carne prodotta da Hudson Food nel 1997. Questa volta il ritiro del macinato è stato annunciato il 19 luglio dopo che 19 persone si sono ammalate in California, Colorado, Michigan, South Dakota, Washington e Wyoming per aver mangiato hamburger prodotti nello stabilimento di Greeley, Colorado, della ConAgra Beef Company, la più grande azienda della carne al mondo, con un fatturato di 25 miliardi di dollari l'anno (mentre appena 25 anni fa era solo una sconosciuta compagnia del Nebraska). Secondo una dubbia etimologia, la ConAgra deriverebbe da due parole latine («alleanza con la terra»). Scrive Eric Schlosser nel suo documentatissimo libro Fast food nation (2001, trad. it. Marco Tropea Editore 2002): «Oggi ConAgra è il maggior fornitore alimentare del Nordamerica. Oltre a essere il produttore numero uno di patatine fritte (attraverso la Lamb Weston), è anche la maggiore azienda Usa per la lavorazione della carne di ovini e tacchini e per la distribuzione di prodotti chimici agricoli, la seconda azienda per la produzione di alimenti surgelati e per la macinazione dei cereali, la terza per la lavorazione di pollame e suini, oltre che una delle maggiori per la produzione di sementi e mangimi e infine uno dei più grandi investitori in futures sulle derrate». Con Ibp (Iowa Beef Packers, ora inglobata in Tyson Foods), Excel (una controllata da Cargyll) e National Beef, la ConAgra è una delle quattro aziende che assieme controllano l'85% del mercato americano dei bovini.
Né è la prima volta che la ConAgra incappa in casi di avvelenamento. Quest'anno ha dovuto ritirare 200 tonnellate di minestre in scatola e 3 tonnellate di ravioli Chef Boyardee. E lo stabilimento di Greeley è stato citato almeno 10 volte negli ultimi tre anni per aver violato i codici di sicurezza dei lavoratori.
Come in altri casi, il richiamo da parte delle autorità è più simbolico che altro, perché la carne - prodotta tra il 12 aprile e l'11 luglio - è probabilmente già stata mangiata: fin da maggio un impianto di macinazione di Denver avvertì la ConAgra che la sua carne presentava tracce di E.coli. Il 30 giugno la corporation ritirò solo 160 tonnellate. Il 10 luglio il dipartimento dell'agricoltura fu avvertito dei malori. E dieci giorni dopo ordinò il ritiro di altre 8.800 tonnellate. Ma potrebbe essere troppo tardi e infatti giovedì scorso i senatori democratici hanno censurato il ritardo con cui il ministero è intervenuto.
L'avvelenamento da hamburger è una malattia cronica negli Stati uniti, dove si contano 76 milioni di casi di avvelenamento da cibo all'anno (di cui 4 milioni da carne) e 30.000 ricoveri l'anno per Salmonella e Campilobatterio (che si contraggono dal pollame infetto) e si registrano 6.000 infezioni di un virus che spesso uccide, il virus E.coli 0157:H7. Il più grave fra gli avvelenamenti recenti si verificò nel gennaio `93 a Tacoma, sulla costa dell'Oceano Pacifico, nello stato di Washington, in un ristorante della catena «Jack in the Box». Avvelenamento esemplare: questa catena gestiva in 13 stati del West 1.170 ristoranti da hamburger, con un fatturato annuo di 800 milioni di dollari.
Nel gennaio `93, in quel fast-food di Tacoma, per il virus E.coli 0157:H7 i ricoverati furono 450; per 29 di loro vi fu cedimento dei reni; 21 ebbero bisogno di dialisi; tre bambini piccolissimi morirono: avevano rispettivamente 17 mesi, 23 mesi, due anni. La colpa fu attribuita alla mancata osservanza dei nuovi standard di temperatura imposti per cuocere gli hamburger (almeno 150 gradi Fahrenheit, 77 gradi centigradi). Ma la carne era già infetta al macello. Proveniva da manzi del Michigan e del Colorado ed era stata trattata dalle Vons Companies (che possiedono la maggiore catena di supermercati della California). Sotto accusa l'ispettorato sanitario che non aveva scartato la partita di bovini infetti. Ma negli anni di Reagan, per i tagli al bilancio e la deregulation del mercato della carne, gli ispettori erano scesi dagli 8.400 del `78 a 7.200. E su questi 7.200 posti, 550 erano vacanti. Nel corso del 2000 l'amministrazione Clinton ridusse ulteriormente le ispezioni federali sui capi macellati. E l'amministrazione Bush Jr. ha ancora allentato i controlli. Per di più, il governo federale non ha l'autorità di chiudere gli impianti che violano sistematicamente le norme igieniche e di sicurezza: tutto è lasciato al buon cuore delle industrie (un altro esempio di quel che il giovane Bush chiama «conservatorismo compassionevole»). E quando poi viene provata la loro colpevolezza, le Corporations se la cavano con gli spiccioli: per esempio Sara Lee si è dichiarata colpevole di aver venduto carne contaminata da Listeria che nel 1998 ha causato 15 morti e 6 aborti ma ha patteggiato con una multa di soli 4,4 milioni di dollari e un contributo alla ricerca alimentare, una nocciolina per un gruppo le cui vendite ammontano a 17,7 miliardi di dollari l'anno.
Così l'avvelenamento di Tacoma ebbe solo il temporaneo, benefico effetto di far assumere altri 160 ispettori veterinari, comunque una goccia nel mare. Far analizzare una carcassa su cinque di mammiferi e pollame costerebbe 58 miliardi di dollari l'anno. Oggi il governo federale spende solo 1 miliardo di dollari l'anno, meno del 2% di questa somma (vuol dire che è analizzata solo una carcassa su 290). Ogni anno nei 9.000 impianti degli Stati uniti vengono macellati e trattati («processed») 7,3 miliardi di polli e 160 milioni di capi a carne rossa (41 milioni di buoi, 113 milioni di maiali, un milione e mezzo di vitelli, 4,2 milioni di ovini). È il meat-packing, la «confezione della carne». Un'industria colossale che plasma il continente americano ed è alla base del suo mito più leggendario, i cowboys; un'industria di cui gli statunitensi si accorgono, e per cui si allarmano, solo di fronte a casi clamorosi di avvelenamento.
Ma visti i metodi di allevamento e macellazione, lo stupefacente è non che ci siano tanti avvelenamenti, ma che ce ne siano così pochi. Nel XIX secolo l'industrializzazione della produzione e del trattamento della carne introdusse la prima forma di taylorismo (ante-litteram), con la «catena di smontaggio» (disassembly line) che ha precorso la fordista catena di montaggio. Nei mattatoi è l'animale ucciso che circola appeso a una catena, mentre ogni operaio sta sempre fermo al suo posto compiendo lo stesso gesto per smontarlo. Di questa grande rivoluzione economica, concettuale e del gusto, ho parlato ne Il maiale e il grattacielo (Feltrinelli) perché fu realizzata a Chicago, i cui mattatoi furono il simbolo del «macello capitalista», di fronte alle cui catene di smontaggio ti pareva di sentire «il grugnito dell'universo», come scrisse Upton Sinclair nel romanzo The Jungle (1906).
Ma tra i grandi mattatoi di Chicago e oggi c'è stata un'ulteriore rivoluzione del macello e soprattutto dell'allevamento del bestiame, rispetto alla quale i baroni della carne di Chicago sembrano dei chierichetti. Questa rivoluzione, descritta con dovizia di particolari, con acume e indignazione da Eric Schlosser, emerge chiarissima dai numeri: a fine `800 in un mattatoio di Chicago una squadra «processava» 30 buoi all'ora. Venticinque anni fa negli Stati uniti una catena di smontaggio lavorava 175 carcasse all'ora, oggi ne lavora 390 (in Europa il limite è fissato tra i 75 e i 100 corpi e in Australia a 115). Il prezzo di quest'accelerazione è altissimo per i lavoratori: ogni anno sono vittime di incidenti gravi 43.000 lavoratori della carne (quasi un terzo dei 150.000 addetti al settore). Ma la stessa accelerazione comporta un prezzo anche per i consumatori: è proprio la velocità con cui vengono eseguite le varie operazioni (scuoiare, sviscerare, disossare, suddividere in tagli...) ad aumentare la probabilità che il contenuto degli intestini (che veicola l'E.coli) venga a contatto con i tagli di carne che noi mangeremo. Il risultato è la battuta, non lontana dal vero, per cui dal lavandino della cucina degli americani escono più E.coli che dalla loro tazza del cesso. Viene in mente il romanzo Carne di Ruth Ozeki (Einaudi 1998), nella bella traduzione di Anna Nadotti.
Ma il problema nasce prima che il bovino entri nel mattatoio. La grande rivoluzione del XX secolo è stata infatti l'urbanizzazione dei bovini, come l'ha chiamata Michael Pollan in un lunghissimo articolo apparso questa primavera sul Magazine del New York Times. Fino all'inizio del `900 i bovini erano sempre stati una popolazione rurale e ognuno di loro era un impianto di trasformazione che funzionava essenzialmente a energia solare (che fa crescere l'erba e aiuta a riconcimare il terreno con gli escrementi animali). Ma due fattori spinsero a rivoluzionare radicalmente questa situazione. Se allevati a erba, 42 milioni di bovini macellati ogni anno implicherebbero una popolazione di più di 100 milioni di capi (i buoi «naturali» impiegano più di due anni a raggiungere le dimensioni massime, ottimali per la macellazione): e, per quanto vaste, le praterie americane non sono assolutamente in grado di sostenere 100 milioni di buoi: un capo richiede più di un ettaro di terreno per nutrirsi a erba. Inoltre, dalla prima guerra mondiale in poi, il governo americano - come tutti quelli industrializzati - ha pesantemente sovvenzionato la produzione di grano creando così enormi eccedenze di cereali che - a loro volta - cercavano un modo per essere smaltite. Da qui l'idea d'ingrassare i bovini con i cereali (in particolare il mais).
Sono così nate delle aree d'ingrasso (fedlots), vicine agli stabilimenti industriali che producono i mangimi, su cui vengono nutriti fino a 200.000 bovini alla volta. Sono perciò vere e proprie metropoli bovine che Pollan paragona alle città del XIX secolo: senza fognature, affollate, prede di epidemie e contagi (200.000 bovini producono 6.000 tonnellate al giorno di sterco e urina). Con il suo mattatoio da 400 buoi l'ora e i suoi fedlots da 200.000 buoi, Greeley in Colorado, è la capitale dell'urbanizzazione bovina.
Fino a sei mesi, la vita di un manzo è idillica: pascola insieme alla madre. Ma dopo i sei mesi viene deportato in «città» e qui in altri otto mesi deve ingrassare fino a raggiungere il peso di 600 kg, consumando circa 12 kg al giorno di mais (arricchito da altre porcherie). Ma i 100 milioni e passa di tonnellate di mais necessari a ingrassare i buoi vengono prodotti solo grazie all'industrializzazione dell'agricoltura, ai concimi, ai diserbanti e pesticidi che a loro volta sono prodotti con il petrolio. Per raggiungere il suo peso, un bue «consuma» perciò più di 1.000 litri di petrolio. Da «impianto di trasformazione» a energia solare, il bovino si è trasformato in un impianto a energia fossile.
Ma c'è un problema. Ed è che i bovini sono ruminanti, con un apparato digerente che in milioni di anni si è evoluto per trarre nutrimento da un cibo poverissimo, l'erba (noi umani moriremmo a quel regime). Sono bestie fatte per mangiare erba, non granaglie, ad alto tenore di carboidrati che producono acidità. Ragion per cui, quando cominciano a essere nutriti a cereali, i bovini si ammalano, l'acidità nel loro stomaco cresce (al contrario dei nostri, gli stomaci bovini sono neutri come acidità), le pance si gonfiano, il fegato deperisce. Quindi bisogna trattarli con dosi massicce di antibiotici potenti a largo spettro (più di 100 grammi al giorno di Rumensin che tra l'altro inibisce la produzione di gas). Ma in ogni caso i buoi non potrebbero superare i 14 mesi di età con una dieta a base di cereali, si ammalerebbero e morirebbero. Perciò, perché possano raggiunge il massimo peso entro i 14 mesi, la loro dieta va integrata con proteine, vitamine (a base spesso di farine animali che continuano a essere usate) e altre porcherie (negli Usa gli ormoni sono consentiti, in Europa no).
Come si vede, una volta innescata, la logica è implacabile, ogni passo discende dal precedente, non ammette né deroghe né alternative. Ma la natura a volte si vendica. L'E.coli presente negli intestini dei bovini era acclimatato a un regime neutro di acidità, quindi era annientato appena entrava nell'apparato digerente umano ad alto tasso di acidità. Ma da quando i bovini sono nutriti a granaglie, la loro acidità è cresciuta, l'E.coli si è adattato alla nuova situazione e l'acidità dello stomaco umano non costituisce più una barriera biologica. Anche le infezioni da E.coli rientrano nel «migliore de mondi possibili». Oggi Candide andrebbe pazzo per gli hamburger.
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