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Le islam-cole
segnano un punto contro la cocacolonizzazione
Il grande successo di Mecca-Cola ha
proprio divertito Tawfik Mathlouthi, l'imprenditore mussulmano franco-tunisino
che ha lanciato la bevanda analcolica e che promette di dare il 10
per cento dei proventi delle vendite ad enti benefici palestinesi,
ha anche deciso di creare una catena
di ristoranti di pollo chiamata Hallal Fried Chicken (HFC).
Suo figlio adora McDOnald's e la CocaCOla e gli ha detto che era daccordo
sul non bere CocaCola come forma di boiccottaggio ma che avrebbe dovuto
proporgli un'alternativa. La bottiglia è stata lanciata a novembre
2002 e ora Mathlouthi riceve richieste da Inghilterra, Belgio, Germania
e addirittura California, Florida e New York. Intanto in Iran si fa
strada la Zam Zam Cola, il soft drink
ha infatti preso il posto della Pepsi quando il governo dell'Ayatollah
Khomeini interruppe gli scambi con gli Stati Uniti.

La prima Cola islamica che si ispira al nome di una fonte sacra vicina
alla Mecca nel giorno del lancio ha venduto di 4 milioni di bottiglie
da un litro. A produrla è una ditta iraniana che in primavera aveva
già fatto affari d'oro distribuendola nei supermercati di casa, e
in quelli del Pakistan e dell'Iraq. Più che un gradevole prodotto
è considerata una nuova icona: anche
le bollicine servono a manifestare distacco dall'America e opposizione
a una guerra che nel Golfo sarebbe vissuta come un attacco a tutto
l'Islam.
Intanto Zam Zam Cola fa fatica a soddisfare la domanda interna, tanto
che quando la Mecca Cola ha chiesto all'azienda di diventare suo fornitore,
non ha potuto accettare. Secondo un’indagine del quotidiano britannico
The Guardian, alcune compagnie statunitensi hanno registrato
nei paesi arabi un crollo delle vendite fra il 25% e il 40%. Boicottati
anche i fast food McDonald’s, detersivi Tide e Ariel, i pannolini
Pampers. Il sindacato dei medici egiziani ha inviato a dottori e farmacie
una lista di medicinali prodotti negli Stati Uniti suggerendo alternative
locali o europee.
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