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PAESI ARABI DECIDONO EMBARGO ECONOMIA ISRAELIANA
2 mag - Diciannove paesi arabi, riuniti a Damasco all'ufficio
centrale per il boicottaggio di Israele, istituito nel 1951, hanno
deciso di attuare un embargo contro Israele. Saranno innanzitutto
proibiti gli scambi commerciali con aziende israeliane, poi saranno
boicottate anche le aziende che hanno impianti in Israele. Al
boicottaggio non partecipano Egitto e Giordania, vincolati dagli
accordi di pace con Israele. [Inter
Press Service]
NORVEGIA: EMBARGO AI PRODOTTI AGRICOLI ISRAELIANI, ISRAELE
AMMONISCE AMBASCIATORE NORVEGIA 1mag - La Norvegia ha deciso un embargo dei prodotti agricoli
provenienti da Israele. In serata l'ambasciatore norvegese in
Israele ha ricevuto un'ammonizione scritta dal governo israeliano
in cui era accusato di non aver informato il proprio paese che
Israele ha speso 110.000$ per la pace. [da HAARETZ]
IL
SINDACATO DANESE BOICOTTA I PRODOTTI ISRAELIANI
18 apr - L'Unione generale dei lavoratori della Danimarca (SID)
ha dichiarato che fin quando non terminerà l'aggressione
dell'esercito israeliano nei Territori occupati e non ci sarà
una soluzione pacifica in Medio Oriente sosterrà il boicottaggio
non solo dei prodotti delle colonie nei Territori occupati, ma
di tutti i prodotti israeliani. Il SID è la prima organizzazione
in Europa a prendere questa decisione. Ha già ritirato
l'acquisto di 60 sistemi Radix, un prodotto della Radix Technologies,
azienda israeliana in funzione da 24 anni. [da HAARETZ]
NORVEGIA:
COOP-NORGE SOSPENDE ACQUISTI 4 apr - La catena di alimentari
COOP-Norge, che ha il 25% del mercato in Norvegia, ha deciso di
sospendere l'acquisto di prodotti israeliani e ha dichiarato che
intende proporre la campagna alla COOP-Norden che comprende anche
Svezia e Danimarca. [da SAPA
]. 19 apr- In Norvegia, inoltre, il più grande sindacato
ha chiesto a più di 800 mila lavoratori di non comprare
i prodotti israeliani, in segno di protesta contro le violazioni
dei diritti umani da parte di Israele e l'aggressione ai Territori
occupati. Molti trasportatori rifiutano di caricare nei porti
prodotti israeliani e in molti supermercati vengono apposte etichette
MadeinIsrael. [da
THE JERUSALEM POST]
Boicottare
l'economia israeliana in solidarietà con la Palestina.
Come?
Nell'autunno dello scorso anno, un gruppo di progressisti israeliani
scrisse un documento che circolò rapidamente in tutto il
mondo contenente un appello al boicottaggio dell'economia israeliana.
Lo strumento del boicottaggio internazionale - sosteneva il documento
- si era rivelato molto efficace per piegare il regime dell'apartheid
in Sudafrica.
Nel
momento in cui il governo Sharon e la sua vasta rete di
sostegno politico, economico e diplomatico internazionale dichiaravano
la "guerra infinita" contro il popolo palestinese, l'appello
al boicottagio internazionale diventava uno strumento di pressione
qualificante per indurre le autorità israeliane a cessare
l'occupare militare e coloniale della Palestina.
Una vasta rete di associazioni e comitati a livello europeo ha
fatto proprio quell'appello, cominciando qua e la a indicare e
praticare forme ed obiettivi di questa campagna di boicottaggio
economico. Ma nel caso di Israele, vanno individuati e compresi
dei fattori che costringono strumenti di pressione internazionale
come il boicottaggio a misurarsi con diversità e condizioni
oggettive che possono rendere più o meno efficace questo
strumento.
Tra Intifada e...crollo del Nasdaq
Molti documenti e analisi economiche illustrano quanto le conseguenze
dell'Intifada palestinese abbiano in qualche modo inciso su alcuni
settori dell'economia israeliana. Alcuni osservatori parlano di
una "Israele in ginocchio" e - specularmente - di "disastro
per l'economia palestinese"1.
I settori dell'economia tradizionale israeliana (agricoltura,
edilizia,
turismo) hanno visto crollare il loro contributo al prodotto interno
lordo di Israele. Il blocco della manodopera palestinese assediata
nelle proprie città o nei campi profughi, le condizioni
di insicurezza negli insediamenti coloniali e nelle principali
città, hanno visto ridurre l'attività edilizia e
agricola e crollare del 54% il turismo nelle città israeliane
o nelle città palestinesi sotto il controllo militare israeliano.
Gli investimenti stranieri totali in Israele sono diminuiti dai
5,82
miliardi di dollari del 2000 ai 2,54 miliardi dei primi sei mesi
del 2001. Gli investimenti diretti esteri (IDE) caratterizzati
dall'acquisizione di almeno il 5% di una azienda o società
israeliana, sono diminuiti del 26%.
Indicativo anche il declino degli investimenti stranieri nella
Borsa valori di Tel Aviv, durante i primi sei mesi del 2001, quasi
un miliardo di dollari S stato ritirato dalla Borsa.
Secondo gli analisti economici israeliani, a mettere in crisi
l'economia israeliana non è stata solo l'Intifada, ma soprattutto
il crollo del Nasdaq e la stagnazione complessiva delle maggiori
economie capitaliste del mondo con le quali - soprattutto con
quella statunitense - il modello economico israeliano appare fortemente
integrato.
Infatti le alte tecnologie e le biotecnologie costituiscono circa
il 54% dell'export israeliano. Circa 90 imprese israeliane sono
quotate al Nasdaq di New York (la cifra sale a circa 200 se si
prendono in esame gli stock su Wall Street). Negli anni Novanta,
l'economia israeliana si era fortemente trasformata in funzione
del boom della new economy. In condizioni di "pace"
l'afflusso di investimenti esteri o di turisti era stato elevato.
Nei primi nove mesi del 2000 2 la crescita israeliana
era stata del 7,8%. Nel quarto
trimestre, investito dall'esplosione della seconda Intifada palestinese,
settori come il turismo e l'edilizia sono stati duramente colpiti
facendo recedere il tasso di crescita al 5,9%.
Ma a questa tendenza al rallentamento dovuta all'escalation dello
scontro con la resistenza palestinese, si aggiunge - tra la fine
del 2000 e l'inizio del 2001 - la caduta del Nasdaq, la borsa
dei titoli tecnologici di New York, sul quale faceva affidamento
gran parte del nuovo modello economico israeliano.
Nonostante questi due indicatori negativi, l'agenzia di rating
Moody's pubblicava una interessante valutazione sul debito pubblico
israeliano regalandogli un invidiabile A2 perché, a loro
avviso, "l'economia israeliana è sempre meno vulnerabile
ai fattori di geopolitica regionale". Una stima ottimistica
e un po' manipolata o incompetenza degli analisti di Moody's?
La ripresa del conflitto contro i palestinesi ha portato solo
ad un lievissimo deprezzamento dello shekel, la valuta nazionale.
Ciò indicherebbe una solidità del sistema economico
israeliano.
Stanno veramente così le cose? In parte si e in parte no
visto che gli investimenti diretti esteri ed anche gli investimenti
finanziari nella Borsa di Tel Aviv sono drasticamente diminuiti.
Infatti tra Intifada da una parte e crollo del riferimento strategico
del
Nasdaq, il boom delle esportazioni israeliane è stato bruscamente
modificato. Nel corso del 2000 il tasso di crescita dell'export
era stato del 22,7%. Scomponendo questo dato si evidenzia il dualismo
dell'economia israeliana. L'export di componenti elettroniche
era cresciuto del 150% rispetto all'anno prima, quello delle telecomunicazioni
e strumenti di controllo era cresciuto del 30,3% (questi due settori
da soli costituivano il 46% delle esportazioni totali israeliane),
i prodotti a media tecnologia nella chimica e meccanica erano
cresciuti del 18,2 e dell'11,1%, mentre i settori tradizionali
come agricoltura e tessile erano cresciuti solo dell'1% e dello
0,2%, in pratica niente.
Il
boicottaggio di questi due settori dell'economia israeliana ha
dunque un valore più simbolico che effettivo. Il che non
ne annulla affatto l'importanza, soprattutto per la possibilità
di una controinformazione capillare a livello di massa davanti
ai centri
commerciali o ai supermercati.
Israele puntava molto sul boom del turismo. Nel 2000 erano giunti
nel paese 2,67 milioni di visitatori. Nel 2001 se ne aspettavano
3 milioni ma ne sono arrivati solo 1,2 milioni (il 54% in meno
dell'anno precedente). Anche in questo settore si evidenzia un
fattore di crisi dell'economia israeliana che rende al momento
fortemente simbolica ma non strutturale una campagna di
boicottaggio del turismo.
SU QUALI SETTORI PUO' ESSERE PIU' EFFICACE IL BOICOTTAGGIO DELL'ECONOMIA
ISRAELIANA?
1. Le relazioni economiche tra Italia e Israele
Secondo la Camera di Commercio Italo-Israeliana, l'interscambio
commerciale tra i due paesi nel 2000 aveva raggiunto i 2,5 miliardi
di dollari. Gli investimenti economici italiani pi- rilevanti
sono stati quello delle Generali (presenti nel mercato assicurativo
israeliano attraverso la Migdal e in quello finanziario attraverso
una quota dell'8,5% della Banca Leumi-le, la quale, è stata
recentemente coinvolta in uno scandalo sul riciclaggio di denaro
che ha investito la Societè Gèneral e il mondo creditizio
francese).
C'è poi quello della Telecom (che possiede la maggioranza
della società telefonica israeliana Golden Lines, si appresta
a varare un cavo sottomarino tra Israele e Mazara del Vallo ed
è entrata con Telecom Italia Lab, nel fondo Jerusalem Global
Ventures).
Sempre nel settore delle alte tecnologie va segnalato il fotoricettore
della CDB Web Tech, una società fondata da Carlo De Benedetti
(presidente e azionista di controllo -tramite la Cofide- del gruppo
CIR) specializzata nelle tecnologie della comunicazione (infrastrutture,
applicazioni e servizi) con particolare enfasi sui servizi Internet
senza fili. Il Gruppo CIR ha compiuto un grosso investimento nel
consorzio HG3 (già Andala) ed ha acquistato una delle cinque
licenze per l'UMTS.
Infine c'è da segnalare quello dell'Italgas che è
uno dei quattro consorzi che ha vinto la pre-selezione per una
rete di gasdotti tesi a ridurre la dipendenza israeliana dal petrolio.
Si
tratta quindi di iniziare una campagna di pressione e boicottaggio
su Generali, Telecom, CIR e Italgas tesa ad ottenere il disinvestimento
da Israele.
Il 13 giugno 2000 a Bologna è stato firmato dai Ministri
dell'Industria e Commercio Enrico Letta (Ulivo) e Ran Cohen l'accordo
bilaterale che prevede la cooperazione tra i due paesi n,ei seguenti
settori: medicina, sanità, organizzazione ospedaliera ma
anche - e qui si fa interessante - biotecnologie, agricoltura,
scienze dell'alimentazione, nuove fronti di energia, sfruttamento
delle risorse naturali, applicazioni informatiche nella ricerca,
spazio, tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni,
software ovvero i settori strategici e di punta del nuovo modello
economico israeliano. In Italia, il disegno di legge per l'attuazione
di questo accordo bilaterale prevede uno stanziamento annuo di
1 milione di euro per il periodo 2001-2003 a valere sul bilancio
del Ministero degli Esteri.
Dunque, in primo luogo occorre chiedere il congelamento immediato
di questo accordo e degli stanziamenti previsti.
2. Le collaborazioni in campo scientifico e strategico
Nel 1999, Israele ha concluso accordi di cooperazione con l'Unione
Europea che gli consente di partecipare al quinto programma quadro
di ricerca e sviluppo tecnologico. Imprese e centri di ricerche
israeliane partecipano con circa 200 progetti già approvati
con un ritorno economico per circa 55 milioni di dollari a fronte
di un contributo israeliano di circa 32 milioni di dollari.
In questo caso occorre iniziare la pressione verso l'Unione Europea
affinché cessi ogni programma di collaborazione tecnologica
con Israele.
Israele, insieme all'Italia e ad altri paesi europei, è
membro fondatore del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare
di Heidelberg, creato nel 1973, che porta avanti ricerche connesse
con le Biotecnologie. Il 35% dei ricercatori S inoltre impegnato
nel campo delle cosiddette "scienze della vita" che
utilizzano il 45% dei fondi destinati alla ricerca accademica.
Le ricerche israeliane sulle biotecnologie sono direttamente sostenute
dal governo attraverso il Ministero dell'Industria e Commercio
e il Ministero della Scienza, Cultura e Sport che hanno istituito
da tempo un apposito "National Biotechnology Steering Committee".
Le Biotecnologie rappresentano uno dei cinque settori di importanza
strategica per Israele insieme alla microelettronica, i materiali
avanzati, la opto-elettronica e le tecnologie dell'informazione.
Occorre individuare le collaborazioni e la commercializzazione
di questi prodotti di punta israeliani sul mercato delle biotecnologie
e nel mercato farmaceutico italiano e chiedere che venga sospeso
ogni rapporto economico.
I PRODOTTI BIOTECNOLOGICI ISRAELIANI E LE IMPRESE CHE LI PRODUCONO
Vegetali e colture da campo,sementi ibride (società
Hazera,1939 Ltd)
Pomodori resistenti al calore e al virus y.l.c.(soc.Zeraim-Gedera)
Nel caso particolare della Hazera 1939 Ltd. questa è presente
anche in Italia dove ha sviluppato sementi ibridi per ortaggi,
verdure e frutta "studiati" per dare la massima resa
nella coltivazione ed in particolare sementi per pomodori "particolarmente
forti e resistenti".
La
Hazera è presente in Italia attraverso la COIS 94 che ha
sede a Catania.
Di fatto ci troviamo in presenza di una società che, come
la Monsanto, sta producendo e distribuendo sementi transgeniche
sul mercato italiano nonostante esista una legge dello Stato (italiano)
che lo vieta.
Occorre attivare soprattutto in Sicilia una campagna di pressione
sulla COIS 94 affinché receda da queste produzioni ed attivare
campagne di convincimento sui coltivatori locali (e non solo)
affinché cessino di acquistare sementi ibride dalla COIS
'94
ALTRE AZIENDE ISRAELIANE IN ITALIA
Oltre alla Hazera 1939 Ltd. la Camera di Commercio Israelo-italiana,
ha premiato altre quattro società israeliane che operano
con successo sul mercato italiano.
1) La EFRAT Future Technology Ltd che è il braccio israeliano
della società americana COMVERSE esperta nello sviluppo
di sistemi avanzati per i servizi di telefonia (centralini e segreterie
centralizzate). Ha prima raddoppiato e poi triplicato le esportazioni
in Italia.
La
COMVERSE ha sede a Cernusco sul Naviglio (MI).
2) la ISCAR, ha fondato una sua filiale sin dal 1983 ed è
una delle maggiori esportatrici israeliane in Italia. produce
utensili da taglio soprattutto per l'industria automobilistica.
La
ISCAR Italia SrL ha sede a Orbassano (To).
3) La AL FILTERS, produce filtri carburante per l'industria automobilistica.
E' fornitrice anche della General Motors e della Bosh. Non ci
sono ancora elementi che provino la sua collaborazione diretta
con la FIAT ma solo con la GM (socio della Fiat). Non è
nota la sua sede in Italia.
4) La NAAN Irrigation Systems. E' una azienda nata nell'ambito
di un kibbutz. Produce sistemi avanzati di irrigazione. Tre anni
fa è stata creata la NAAN ITALIA SrL che è al 75%
di proprietà israeliana. Ha sede a Milano città.
Occorre iniziare una campagna di informazione e boicottaggio
sugli acquirenti di queste aziende chiedendo di cessare la collaborazione
commerciale con le stesse.
In Italia gli ogm e i veleni "made in Israel"
Il boicottaggio dei prodotti israeliani come parte della battaglia
per la difesa della salute e della sovranità alimentare.
Il caso Jaffa e Hazera
Il settore agroalimentare Israeliano è strettamente collegato
alle
Biotecnologie, alla Ricerca, alle tecnologie e al settore farmaceutico.
Nella parte precedente del dossier S stata segnalata la Hazera
Genetics, la più grande società sementiera Israeliana
e leader a livello mondiale. La Hazera Genetics utilizza programmi
di "miglioramento genetico" in collegamento con le principali
Università e centri di ricerca Israeliani. La Hazera commercia
sementi in oltre 50 paesi del mondo. In Italia è presente
con il marchio COIS 94 e ha sede in C.da Valatelle,18-Belpasso
(CT) (www.cois94.it).
Come dice l'ampia pubblicità il "seme forte"
di questa società è il pomodoro "Rita"
e il "Naomi".
Per quanto riguarda i pompelmi, va detto che quelli con il marchio
Jaffa hanno un'elevata percentuale di tiabendanzolo (E233), un
conservante altamente tossico il cui studio in ambito comunitario
è stato affidato alla Spagna, paese che in Europa è
tra i Leader nelle colture Transgeniche e uso intensivo di Pesticidi
e Fitofarmaci.
La commissione europea, sulla base dello studio effettuato dalla
Spagna, ha emanato in data 5 Luglio 2001 una direttiva ( 2001/21/CE)
alla quale gli stati dell'Unione Europea dovranno mettere in vigore,entro
il 10 Luglio 2002, disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
necessarie per conformarsi alla direttiva.
Inutile dire che la commissione di studio ha affermato che il
"Tiabendanzolo non costituisce un rischio inaccettabile per
gli organismi" ma allo stesso tempo raccomanda una prevenzione
e presa di misure adeguate. La legge attuale prevede che nell'involucro
della frutta o sul frutto sia riportata la dicitura "Trattato
con".
Diversi Studi Scientifici, come quello del Prof. Cristaldi, dimostrano
l'alta nocività del Tiabendanzolo il quale può avere
effetto mutageno. In Italia l'importatore è la COFRES con sede a Verona,
Traversa strada dell'Alpe 23, la società è incorporata
dalla fusione di Fruttital Verona srl, Frigomond srl, Agrofonte
srl,
La società è controllata dalla famiglia Orsero attraverso
GF Invest SpA (51,2% del capitale) che ha la sede in Albenga (SV),
reg. Cime di Leca, 30.
Il
Tiabendanzolo è utilizzato anche sulle banane e sulle ananas.
C'è un altro aspetto che si ricollega ai "diritti
e speculazioni sui
brevetti sulle sostanze chimiche e farmaceutiche", la sostanza
Tiabendanzolo è di "proprietà" di un'industria
chimica tedesca la quale è strettamente collegata alle
multinazionali Monsanto e Novartis e Hazera genetics.
L'agricoltura
è strettamente legata al settore tecnologico, in Italia
è presente la NAAN srl la quale è Leader nel settore
dell'irrigazione, la NAAN ha sede a Milano in via Nicolodi 15/17
AZIENDE & ISTITUZIONI PARTNER DELLA HAZERA GENETICS
I PARTNER SONO:
Ente Verona Fiere www.veronafiere.it
Provincia Regionale di Catania www.provincia.catania.it
Provincia Regionale di Siracusa
Coldiretti Catania
Comune di Scordia
Comune di Paternò
Cooperativa Rinascita Vittoria www.cooprinascita.it
Cooperativa Agricola Aurora Paternò'
Caseificio Pascolo d'Oro Modica www.mediterranei.it/pascolodoro
Euroservices, logistica per l'agricoltura bilogica: sedi di Verona
e di Ispica www.gruppog.it
Consorzio Euroagrumi Biancavilla www.euroagrumi.it
Cois '94 Sementi di Qualità www.cois94.it
Sicil Frutti
Pubblicità dell'Hazera genetics
HAZERA Genetics è la più grande società sementiera
israeliana e leader a livello mondiale nella produzione e commercializzazione
di sementi ibride.
Fondata più di 60 anni fa, ha conquistato oggi un mercato
di rilievo, vendendo i propri prodotti in più di 50 Paesi.
Le ragioni di tale successo sono dovuti a diversi fattori:
Programmi di ricerca realizzati da qualificati breeder Hazera
Genetics di concerto con le principali Università e Centri
di ricerca israeliani; Applicazione delle più avanzate
tecnologie nell'ambito del miglioramento genetico delle specie
vegetali;
Produzione propria degli ibridi costituiti e verifica presso stazioni
sperimentali ubicate nel cuore del bacino del Mediterraneo, area
caratterizzata da diverse condizioni pedologiche e climatiche;
Sofisticati sistemi di controllo delle sementi che, assicurando
il massimo della qualità, garantiscono la piena soddisfazione
dei clienti.
-------------------------------------------------------------------------------------------- Riproduciamo qui di seguito un documento
sul boicottaggio elaborato dal Comitato di Solidarietà
con l'Intifada, che fornisce ulteriori elementi di documentazione
sui prodotti israeliani in circolazione in Italia.
BOICOTTA ISRAELE - BOICOTTA L'APARTHEID
Campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani
L'annientamento del popolo palestinese che sta portando avanti
Israele, il cui premier Sharon verrà probabilmente processato
in Belgio come criminale di guerra, è sotto gli occhi di
tutti. La politica della chiusura e della divisione in cantoni
di tutta la West Bank e Gaza, il proseguimento della colonizzazione,
i bombardamenti sui civili e sulle strutture economiche e sociali
palestinesi, gli omicidi politici dei militanti dell'Intifada,
l'annessione unilaterale avvenuta da anni di Gerusalemme Est e
del Golan, in palese violazione delle risoluzioni del Consiglio
di Sicurezza dell'ONU, non possono più passare sotto silenzio.
D'altra parte l'appoggio ad Israele da parte dei governi occidentali
è totale: gli Stati Uniti sostengono apertamente la politica
di Sharon che se non verrà fermata porterà scenari
apocalittici per i palestinesi e per il resto del Medio oriente,
mentre l'Unione Europea, nonostante tiepide dichiarazioni ufficiali,
continua a trattare Israele come partner privilegiato, non mettendo
MAI in discussione il suo appoggio politico, fatto anche di intense
relazioni economiche e militari. Quando ormai anche all'interno
di Israele le voci di protesta si fanno più ampie e la
politica di apartheid nei confronti dei cittadini arabi dello
stato ebraico, emersa in occasione del vertice di Durban, è
ora più visibile, il bisogno di azioni urgenti per fermare
Israele è sempre più
forte.
Raccogliendo i numerosi appelli provenienti da numerosi comitati
ed associazioni di Israele, Gran Bretagna, Stati Uniti, lanciamo
una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani presenti
nei nostri mercati la cui diffusione consiste prevalentemente
in due marchi:
JAFFA e CARMEL
Le esportazioni dei prodotti ortofrutticoli israeliani, provenienti
da
Israele, dalle colonie nei territori occupati e dai coltivatori
palestinesi, cui mancano altri canali di distribuzione, sono controllate
e gestite da due società:
Il marchio JAFFA è usato dalla Citrus Marketing Board of
Israel, un corpo amministrato centralmente per promuovere gli
agrumi israeliani in tutto il mondo.
La CMBI è stata fondata nel 1940 per sviluppare, promuovere
e regolare l'industria israeliana degli agrumi.
A seguito della privatizzazione dell'industria nel 1990, la Società
è stata ristrutturata per assicurare che coltivatori ed
esportatori possano andare incontro ai bisogni dei clienti in
modo più efficiente.
Oggi la Società: Dirige la strategia dell'industria israeliana
degli agrumi. Rappresenta i coltivatori e gli esportatori israeliani
sia localmente che all'estero, per quanto riguarda i rapporti
con organismi ufficiali ed internazionali.
Autorizza gli esportatori e supervisiona le loro attività
nei vari mercati. Organizza e attua strategie di mercato. Amministra
i diritti internazionali di autorizzazione per il marchio esclusivo
Jaffa, assicurando il suo alto standard di eccellenza.
Coordina e confeziona la pubblicità e la promozione globale
degli agrumi Jaffa, per andare incontro ad ogni singola richiesta
di mercato attraverso rappresentanti di marketing in tutto il
mondo.
E' la forza che guida le massicce coltivazioni piantate nel deserto
israeliano del Negev e nelle valli interne. Dall' inizio, finanzia
e
supervisiona le ricerche e lo sviluppo di programmi.
Il marchio CARMEL è usato dalla Agrexco, un'agenzia a controllo
statale, per l'esportazione di tutti gli altri prodotti, in particolare
avocados e fiori recisi.
I prodotti palestinesi, soprattutto quelli provenienti da Gaza
e soprattutto nel caso dei fiori recisi, sono nella maggior parte
dei casi esportati come merci israeliane, avendo un certificato
d'origine israeliano imposto da Agrexco.
Agrexco trattiene più del 40% del ricavato della vendita
come sua quota di marketing e anche se i coltivatori di Gaza legalmente
potrebbero bypassare Agrexco per loro è molto difficile:
i produttori devono pagare il trasporto in Israele, le ispezioni
per la sicurezza israeliane e hanno grossi problemi di distribuzione
per il mercato europeo.
(Dati del 1998 tratti dal Washington Report, naturalmente prima
dell'inizio della seconda Intifada che ha ulteriormente aggravato
la situazione).
Commercio equo e solidale
Le nostre conoscenze in proposito riguardano per ora solo un prodotto,
il couscous di una cooperativa palestinese. A proposito di accordi
commerciali... ricordiamo che l'art. 38 dell'Accordo ad
interim UE-Israele, sul commercio e temi ad esso collegati, si
applica al "territorio dello Stato di Israele" e non
è contenuta nessuna altra ulteriore definizione. Israele
ha annesso unilateralmente sia Gerusalemme Est che il Golan e
così per la legge israeliana fanno parte dello Stato di
Israele. Per le colonie in West Bank e Gaza, pur non formalmente
annesse, la giurisdizione israeliana è applicata nella
pratica. Tutte le risoluzioni dell'ONU affermano che le colonie
in West Bank e Gaza, Gerusalemme Est e Golan possono essere considerate
parte dello Stato di Israele, quindi l'ambito territoriale di
applicazione dell'accordo ad interim si intende limitato alle
frontiere precedenti il 1967.
Per comprendere a che livello questi accordi vengano violati,
citiamo il caso di una ditta italiana, che ha addirittura ricevuto
un attestato di benemerenza dalla Camera di commercio Italia-Israele:
La società Gitto Carmelo e Figli Srl è un costruttore
della provincia di Messina, che ha vinto, con un socio locale,
l'appalto per la costruzione della prima galleria stradale in
Israele. Il tunnel, il primo del suo genere in Israele, è
composto di due tratte di 500 e 390 metri., a tre corsie, posto
sulla superstrada che unisce Gerusalemme a Hebron. Questo tratto
stradale non si trova in Isreale ma nei Territori Occupati e fa
parte del sistema delle by-pass roads, ad uso esclusivo dei coloni.
COMITATO DI SOLIDARIETA' CON L'INTIFADA
"Per favore, boicottate Israele"
Lettera di ebrei israeliani al Consiglio comunale di una cittadina
americana del Michigan
Questa è la lettera, letta (...) dal Canale 2 della Tv
di Israele e
pubblicata (...) dal Jerusalem Post, che un gruppo di "ebrei
israeliani" ha mandato al Consiglio comunale della città
di Ann-Arbor, nello stato americano del Michigan:
"Abbiamo appreso di un'iniziativa dei cittadini di Ann-Arbor
perchè, il Consiglio comunale di Ann-Arbor lanci una campagna
di
disinvestimento dagli investimenti eventualmente fatti in compagnie
o fondi che intrattengano rapporti con Israele. Noi appoggiamo
con forza questa iniziativa.
Tutti noi firmatari siamo ebrei israeliani. (...) Ci sono molti
ebrei israeliani come noi, attivisti per i diritti umani, fortemente
impegnati in attività politiche dirette a persuadere il
nostro governo a cessare immediatamente la sua occupazione militare
sulla popolazione palestinese e della terra palestinese.
Molti di noi ricordano l'efficacia della campagna di disinvestimento
del Sudafrica. Grazie in particolare al movimento per il disinvestimento,
la popolazione nera del Sudafrica non deve più fronteggiare
i carri armati e la polizia nell'esercizio dei propri diritti
politici elementari.
Vogliamo ringraziare il Consiglio comunale di Ann-Arbor per il
coraggio mostrato nel porsi a fianco della popolazione nera del
Sudafrica, sofferente e costretta al silenzio. Noi sappiamo che
nell'86 voi approvaste una risoluzione per il totale disinvestimento
contro l'apartheid. (...) Oggi molti attivisti israeliani per
i diritti umani vi sarebbero molto grati se voi poteste rendere
un analogo servizio umanitario alla popolazione palestinese. Come
atto di semplice solidarietà.
Oggi, la maggioranza dei tre milioni di palestinesi vive sotto
la più brutale occupazione militare israeliana.
E' per questo che noi speriamo che voi approverete la più
forte risoluzione possibile perché, Ann-Arbor si ritiri
da ogni investimento, transazione o fondi di pensione che eventualmente
abbia in compagnie o fondi che intrattengano affari con Israele.
Noi speriamo che voi vi ricordiate quanto bene abbiate fatto per
il Sudafrica, e che oggi facciate lo stesso per i milioni di palestinesi,
che devono affrontare un analogo strangolamento razziale ed etnico,
sotto il controllo di uno Stato estremamente potente e
militarizzato.
La 'democrazia israeliana', di cui sentite molto parlare, non
è
assolutamente tale quando ha a che fare con questi tre milioni
di
palestinesi, che da generazioni vivono sotto l'occupazione militare
israeliana. Il potere militare israeliano conta su armi nucleari,
un'infinità di elicotteri e carri armati, e su miliardi
di dollari elargiti
ogni anno dal governo degli Stati uniti.
Lo
smisurato arsenale israeliano oggi è dispiegato contro
una popolazione civile palestinese lasciata completamente sola,
ogni persona sigillata nel suo villaggio dai tanks e dal filo
spinato.
Lasciate che noi premiamo sul governo di Israele - più
forte di tutti i suoi vicini messi insieme - perché, liberi
immediatamente la popolazione palestinese dalla più razzista
delle occupazioni militari. Noi non vogliamo che la popolazione
palestinese rimanga ancora imbottigliata, alla mercé, di
una occupazione militare soffocante. (...)
E' evidente che gli israeliani e palestinesi, che lavorano insieme
contro questa occupazione militare violenta e e razzista, saranno
incoraggiati nel sapere che voi ci avete dato ascolto nel vostro
Consiglio comunale.
Per
favore, decidete di disinvestire dalle compagnie e fondi che fanno
business in Israele".
Seguono 21 firme, fra cui Rony Armon, di Tel Aviv; Rachel Giora,
professoressa di linguisttica alla'universit. di Tel Aviv; Jacob
Katriel, professore all'Istituto israeliano di Tecnologia; Hanna
Knaz, del kibbuz Gan Shmuel; Anat Matar, associato di filosofia
all'universit. di Tel Aviv; Allegra Pacheco, magistrato; Tanya
Reinhart, professoressa di linguistica dell'universit. di Tel
Aviv; Aharon Shabtai, poeta; Gideon Spiro, giornalista di Gerusalemme.
LA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO CESSERA' QUALORA LE AUTORITA' ISRAELIANE
PROCEDANO ALLA CESSAZIONE DELL'OCCUPAZIONE MILITARE DEI TERRITORI
PALESTINESI E AL RITIRO DEGLI INSEDIAMENTI COLONIALI CONSENTENDO
LA NASCITA DI UNO STATO PALESTINESE INDIPENDENTE E PIENAMENTE
SOVRANO E LA POSSIBILITA'
AI PROFUGHI PALESTINESI DI TORNARE NEL LORO STATO
1 "I costi dell'Intifada, Israele in ginocchio.
Ma per i palestinesi è un disastro". Speciale di Giorgio
S. Frankel sul Sole 24 Ore del 28 gennaio 2002 2 A settembre del 2000, il leader della destra
Ariel Sharon, decide di andare a passeggiare sulla spianata delle
Moschee a Gerusalemme. La reazione dei palestinesi alla provocazione
innesca una serie di scontri che dilagano ben presto in tutta
la Palestina dando vita alla seconda Intifada.
Gran parte dei dati riportati in questo dossier sono reperibili
sui siti della Camera di Commercio Italia-Israele, della Bank
Leumi-le, di Ahavat Eretz Israel-Israeli Venture Capital, di Telecom
Lab e del Sole 24 Ore.