Il decreto di sequestro probatorio pubblicato, suppone commessi,
attraverso una rete di comunicazione telematica, (c.d. Bullettin Board System)
alcuni reati informatici da un'associazione a delinquere (tra cui frodi;
abusiva duplicazione di programmi; diffusione di codici o chiavi di
accesso a sistemi).
Tale previsione si trasformerebbe in un caso di responsabilità
oggettiva, contrastante con la Costituzione.
Tale il fondamento del decreto, nell'esecuzione si sottopongono a
vincolo l'unità centrale ed i dischi con i quali opera la rete.
Per l'aspetto processuale va rilevato che il decreto in quanto emesso ex
art. 253 cod. proc. pen., non costituisce una misura cautelare
, ma un mezzo di ricerca della prova, sicchè il provvedimento
deve essere motivato con espresso riferimento alle specifiche esigenze
probatorie da soddisfare, anche nel caso in cui si ipotizzi il
sequestro del corpo del reato (Cfr. da ultimo, Cass., Sez. un., 18 giugno
1991, Raccah, in CPMA, 1991, Il, p. 925, e F. LATTANZI, Brevi considerazioni
in materia di sequestro del corpo del reato, ibidem. p. 758).
Il provvedimento pone, quindi, questioni di diritto penale
sostanziale, con riguardo alla responsabilità della gestione delle
BBS: e, dunque, delle responsabilità del gestore per i reati commessi
dagli utenti della rete.
Va, al riguardo, rilevato che la legge regolatrice non contiene alcuna
specifica previsione diretta a disciplinare o sanzionare l'attività
della gestione del sistema. Non è, infatti, contemplata fattispecie
accessoria alle figure principali di reato.
La responsabilità del gestore può, dunque, configurarsi soltanto
ove questi sia autore del reato ovvero concorra nel reato perpetrato dagli
utenti.
Tali condizioni non tollerano alcun automatismo; la premessa che un reato
sia commesso attraverso la rete non consente di concludere per la
responsabilità del gestore.
Ad integrare questa occorrono infatti gli elementi tipici della
fattispecie concorsuale: oggettivi (contributi materiale
alla realizzazione del fatto) e soggettivi (consapevolezza
di partecipare e volontà di contribuire al comune scopo illecito).
De jure condendo, non appare adeguata la prospettazione di una fattispecie
di omesso controllo colposo, analoga all'art. 57 cod. pen.: inesigibile
il rispetto dell'obbligo di verificare la mole (anche imponente)
dei dati immessi ed addirittura vietato - in forza dell'equiparazione
realizzata dal art. 5 della legge n. 547/1993 - il controllo della
corrispondenza elettronica.