Quattrocentoquindici

 

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Quattrocentoquindici nasce nel 1992 a Rocca Grimalda dall’incontro di persone assai seccate dalle miserabili condizioni in cui sono costrette a sfangare l’esistente.
Quello che muove all’origine è la comune necessità, percepita come urgenza primaria, di farla finita con un mondo di miseria: quello dell'abbondanza di merci che si comunicano una quantità abnorme di informazioni in cui i corpi organici annegano dopo aver penosamente annaspato.
Quattrocentoquindici non nasce dunque da un “progetto”, perlomeno nel senso comune che ha ormai assunto questo termine, quello di “ideare” e “attuare” un qualcosa qualsiasi, per esempio di politico, di culturale, di gastronomico o, peggio, di benefico, per dare un senso al vuoto delle giornate scandite da questa organizzazione sociale, dove si “progetta” anche fin troppo, dalla mutanda fluo a Micromega, dal water digitale al prozac per cani.
Quattrocentoquindici, al contrario, sorge dall’esigenza storica, avvertita dai suoi promotori in modo particolarmente pressante, di negare la società, divenuta società della progettazione di nocività e di psicosi. Con un unico scopo, quello di costringere alla partecipazione i propri consociati. Con un unico mezzo, quello di farli per questo impazzire.

Chi siamo fotte pochissimo per primi a noi.
Dove siamo idem.
Cosa facciamo o meglio tentiamo di fare: niente di originale e il più possibile di radicale: la critica della merce e del potere allo stadio attuale della loro evoluzione e della speculare involuzione della nostra specie.
Cosa non ci interessa fare: rapportarci con ceti politici, a partire da quelli cosiddetti antagonisti, e “inserirci” nel ributtante dibattito democratico sulle “opinioni”. Questo perché riteniamo che la democrazia e la scienza neomoderna, proprio attraverso il dispositivo dell’opinione riescano a darsi un belletto di credibilità e a fondare la loro dittatura sconclusionata e infondata. Esse infatti non sono mai in grado di dire ciò che opinano, appunto perché si muovono unicamente tra opinioni e il loro contenuto è solo qualcosa di opinato.
A cosa miriamo: a dialettizzarci con tutti i desideri e con tutte le volontà intelligenti che mirino a far l’unica cosa intelligente che c’è da fare: spodestare Stato e Capitale e reinventare le premesse e le condizioni per la costruzione di una comunità di padroni senza schiavi.
Convinti come siamo, che sotto la dolorosa crosta dello sciocchezziaio neomoderno, buono come pista da ballo per omuncoli da un giorno, vi sia il corso reale della vita e il suo movimento.
“I giorni di questa società sono contati; le sue ragioni e i suoi meriti sono stati pesati, e trovati leggeri; i suoi abitanti si sono divisi in due parti, di cui una vuole che essa scompaia”.



 

FREE INTERNET: UNA BELLA TROVATA


Finalmente internati nella comunità virtuale, liberati dalla minaccia di far parte della comunità umana

maggio 2000
Quattrocentoquindici

ESAURITO

 

 

Bertand Louart
Il nemico è l'uomo

L'età capitalistica è più carica di superstizioni di tutte quelle che l'hanno preceduta. La storia rivoluzionaria non la definirà età del razionale, ma età della magagna. Di tutti gli idoli che ha conosciuto l'uomo sarà quello del progresso moderno della tecnica che cadrà dagli altari col più tremendo fragore.

Marx dice che le rivoluzioni sono la locomotiva della storia universale. Ma forse le cose stanno in modo del tutto del tutto diverso. Forse le rivoluzioni sono il ricorso al freno d'emergenza da parte del genere umano in viaggio su questo treno.

pp. 106, lire 10000

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Medicina maledetta e assassina 

Una critica vissuta e radicale della medicina. 
Il diario della "malattia" e della sperimentazione medica di una compagna francese, Andréa Doria, che alla fine sceglie la libertà, anche a costo della vita. 
Insieme a questo diario, un'introduzione di 415 e due testi di Giorgina Bertolino e di Riccardo d'Este e Simone Peruzzi. 

pp. 66, lire 6.000

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Julius Van Daal 
Bello come una prigione che brucia 

Nei primi giorni del giugno 1780, il popolaccio di Londra si solleva al grido di «No alla schiavitù!». 
Le cantine dei dignitari e le distillerie di acquavite vengono messe a sacco; le prigioni incendiate; la banca d’Inghilterra è assediata dai furiosi. Quest’insurrezione senza capo né dottrina, gli storici di ogni risma l’hanno occultata o calunniata sperando di farla dimenticare per sempre. 
Eccone una breve narrazione. 

Segue un testo di Quattrocentoquindici su che cosa oggi significhi schiavitù e quali prigioni e quali ceppi vengano proposti nel tempo neomoderno. Considerando in particolare, come al fine di riproduzione di questa società neoplastica sia funzionale e veramente importante una sola scienza: la scienza della distruzione della storia . 

pp. 128, lire 10.000

 
 
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Encyclopédie des Nuisances 
Considerazioni storiche sull'Internazionale Situazionista 

pp. 32, lire 4.000

 
 
 
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Naftalina  

Questo pamphlet cerca di disvelare il processo omeostatico del sistema. Per omeostasi intendiamo la tendenza di un organismo a mantenere un proprio equilibrio riadattandosi progressivamente al mutare delle condizioni esterne. 
L'organismo politico italiano, di fronte alla crisi attuale, si trova nella necessità di depurarsi e riciclarsi in nuove forme. Ma l'Amministrazione permane. 
Quello che temiamo: il Nuovo che avanza. 

pp. 45, lire 5.000

 
 
 
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Riccardo D'Este - Gabriele Pagella 
Quel ramo dell'ago di Narco 

Restituire alla merce droga il significato che le pertiene nel contesto sociale neomoderno: merce con il più alto tasso di autovalorizzazione. Disvelarne la funzione all'interno della riproduzione del capitale e quindi uscire dalle gabbie ipocrite e mistificatorie dei recuperatori, legalizzatori e operatori del settore. Speculatori, questi, che sulla droga e sui suoi rimedi ci lucrano ipostatizzando l'esistente. 
Stupefacente sarebbe farli scomparire. E con loro l'esistente stesso. 

pp. 96, lire 8.000

 
 
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Varsavia brucia? - per il superamento del ghetto, analisi critica dei centri sociali 

Smettere di ripiegarsi su se stessi, provare a liberarsi, uscire dalla morsa imposta dal carattere inorganico della struttura del dominio. Preferire la vita. Le gabbie peggiori sono quelle che ci creiamo da soli, convinti di non essere vittime e invece esserlo drammaticamente. 
Qualsiasi progettualità sovversiva, qualsiasi percorso di liberazione, devono necessariamente passare per la messa in discussione, radicale, dell'esistente. Non si danno mediazioni. 
Rinchiudersi nel ghetto dei centri sociali è la prova di quanto si possa perdere il senso della rivolta: partendo da sacrosanti bisogni e da oggettive volontà di cambiamento, si rischia di rifluire nello spettacolo autocompiacente e apologetico del sistema. 
Uscirne per vivere. Dilagare nelle città e irrompere laddove si viene sistematicamente negati. Mai nessun fuoco ha avuto una più urgente necessità di divampare. Riusciremo a bruciare Varsavia? 

pp. 72, lire 6.000

 
 
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Squadernare la scuola 

Il passaggio dall'educazione alla formazione: la massa di nozioni di cui un tempo gli studenti venivano irrorati diminuisce o, per dir meglio, si sclerotizza e specializza. 
Quello che gli "istruttori" ormai sono obbligati a fare e' tentare di costruire un nuovo soggetto: il cretino sociale acculturato ed educato a vivere con altri cretini. 

pp. 80, lire 8.000

 
 
droga.jpg  16/11/1996, manifestazione a Torino sulla Droga. 

Legalizzare la droga, una ragionevole proposta di sperimentazione, dicono quelli là. 
Legalizzare la droga, una irragionevole proposta di neorepressione, proviamo ancora a dire noi. 
Chi vivrà vedrà.