Si spegne la miccia La grande manifestazione del quattro aprile non segnerà solo il culmine della rappresentazione politica, ma anche il rientro nella normalità. Sembra quasi che il danneggiamento del palazzo di giustizia sia bastato a sfogare la rabbia accumulata a partire dagli arresti del cinque marzo. La tensione scema rapidamente, la stanchezza si fa sentire. Da quel momento in poi le iniziative si faranno sempre più episodiche e sfilacciate: "lemergenza Torino" è terminata, si abbassano i riflettori. |
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«Ci sono due cose che consentirebbero
di aprire una breccia nel muro che li isola. La prima è
la credibilità degli inter-locutori. La seconda è un
provvedimento che sani i piccoli guai giudiziari che
hanno messo uni-poteca sul loro futuro. Molti di
loro hanno collezionato carichi penali per piccoli reati:
occupazione abusiva, manifestazioni. Ci vorrebbe
unamnistia o un indulto, un patto sociale che
permetta di dare loro unaltra possibilità e che
consenta a noi di dialogare». (Marco Revelli, consigliere comunale di Rifondazione Comunista) |
Sarà
la repressione, invece, a non stancarsi e ad affilare le
proprie armi. Si fanno i calcoli dei danni provocati
dalla manifestazione, la polizia annuncia di voler
identificare quasi duecento lanciatori di sassi per
accusarli di "devastazione". Comincia la caccia
ai presunti responsabili dellaggressione di Daniele
Genco ai funerali di Brosso: uno viene arrestato, gli
altri riescono a sfuggire alla cattura e sono costretti
alla latitanza. I giornalisti, su suggerimento degli
inquirenti, ne approfittano per far circolare voci sui
contatti internazionali del movimento torinese,
ipotizzando che i ricercati siano protetti da gruppi
anarchici esteri. Nello stesso periodo riescono,
lavorando alacremente con la fantasia, a ipotizzare il
coinvolgimento di Soledad in una rapina fallita compiuta
in Spagna da alcuni anarchici italiani; sbagliano
clamorosamente nomi e date, ma limportante per loro
è dare lidea di unorganizzazione criminale
internazionale. Preparano così il terreno per i colpi
repressivi a venire, ampliandone il raggio. In più, si approfitta del calo della tensione per sistemare anche qualche conto arretrato: il processo fino ad allora arenato tra contraddizioni e lentezze per gli scontri avvenuti ad Ivrea nel 93 durante un corteo in solidarietà con Baleno, si velocizza improvvisamente e viene chiuso con una sentenza di condanna per tutti gli imputati. Insomma, la repressione manda messaggi precisi: «Cari ragazzi, non ci scordiamo niente, è lora di pagare il conto». |
«Il fenomeno delloccupazione non
è un pericolo sociale. Questi ragazzi stanno chiedendo
rispetto. E andrebbero lasciati in pace». (A.
Castelvecchi |
Il clima è cambiato, quelle poche possibilità di allargare la rivolta che sembravano essersi aperte durante il mese precedente svaniscono. È arrivato il momento della riflessione e delle scelte. Ora non cè più la rabbia a supplire alla mancanza di senso critico dei ribelli torinesi. Si sfalda la barriera che fino a quel momento aveva impedito alle tensioni recuperatrici interne al movimento di mostrarsi appieno. Ora, lentamente, potranno ritornare a galla. |
DA "LUNA NUOVA" «Bisogna stem-perare la tensione usando nervi saldi e rifiutando la violenza». (Valentino
Castellani, sindaco |
Gli stessi squatter che la settimana prima presentavano frattaglie di macelleria ai giornalisti abbassano il tiro e la buttano sul ridere, organizzando conferenze stampa da burla giudicate divertenti dagli stessi giornalisti. Sempre uno di loro, tempo dopo, rilascerà unintervista con tanto di servizio fotografico ad un giornale locale: è accolto così il suggerimento di qualche intellettuale che invitava il movimento torinese a non fare di tutta lerba un fascio e a saper distinguere i giornalisti "corretti" da quelli "scorretti". Così, quelli che da tutti erano stati indicati apertamente come nemici, ridiventano possibili interlocutori, purché siano onesti e distanti dal fastidioso scandalismo che ha contribuito ad innescare lo scontro a Torino. Baldanzosi per la pubblicità ottenuta nei due mesi appena trascorsi, sulle pagine del loro giornale e nel loro spazio dalle frequenze di Radio Black Out titolati entrambi, non a caso, "Tuttosquat" gli squatter si autocitano pubblicandosi da sé i propri volantini del periodo, si autoincensano acriticamente, si fanno addirittura incensare da altri e alla fine si autorappresentano come unica realtà di opposizione radicale allo stato delle cose a Torino. Continuando a non parlare daltro che di se stessi e del proprio vissuto, non intendono vedere le occasioni perse per tutti in Val Susa ed anche a Torino e preferiscono allargare i confini del proprio orticello. |
«Non a caso una delle immagini più
belle della manifestazione è stata quella del camion
della Federazione Anarchica Italiana con un bel po
di compagni pigiati nel cassone che passavano cantando
con le bandiere al vento». (Germinal n.77) |
Ovviamente
gli squatter non sono i soli a rivendicare il primato
nello spettacolo. Sono in buona compagnia, più o meno
ogni gruppetto politico ci tiene a spacciarsi come centro
e "parte migliore" del movimento che ha agitato
Torino. Le possibilità di approfittare
dellimperizia della polizia e dei giudici per
aprire uno scontro reale si perdono definitivamente nel
balletto delle rappresentazioni fittizie. Anche lassoluta indisponibilità a qualsiasi dialogo con i politici di professione comincia timidamente a sgretolarsi. La manifestazione del quattro aprile ha dato, bene o male, limmagine di una compattezza di fondo del movimento nazionale delle occupazioni. Una situazione fittizia ma assolutamente inedita: fuori Torino qualcuno cerca di sfruttarla, e approfitta delloccasione per proporre improbabili vertenze collettive con il governo. Altri proseguiranno il proprio cammino di integrazione presentando liste e candidati per le differenti tornate elettorali che seguiranno. Da Torino nessuno si accoderà a queste proposte ma quattro realtà di movimento torinesi elaborano le proprie rivendicazioni, chiedendo ai politici maggiore serietà 'meno parole e più fatti' per poter cominciare a valutare le possibilità di un confronto. |
DOCUMENTO N. 23 | Finita lemozione del momento, saranno pochissimi gli incontrollabili che romperanno gli schemi della rappresentazione rifiutando dialoghi e confronti equivoci, etichette castranti e monopoli presunti. Scegliendo, ancora una volta, la rivolta. Gli unici segnali visibili in questo senso durante tutto il mese che segna lassestamento della situazione a Torino saranno il lancio di una molotov contro la sede di un settimanale canavesano e una risposta scritta inequivocabile a quei rappresentanti della sinistra che, imperterriti, continuano a cercare la maniera più efficace per spegnere democraticamente e definitivamente linsieme delle tensioni che agitano la città. |