DOCUMENTO N. 10 |
Cè a chi serve più da morto che da vivo
Il suicidio in carcere di Edoardo Massari muterà radicalmente la situazione. Da quel momento in poi, sulla scena torinese si affacceranno attori dogni sorta, con una progressione sempre più intricata della trama. La rabbia degli amici e dei compagni di Edoardo si intreccerà con i tentativi di politici di ogni genere di volgere la situazione a proprio vantaggio. Il morto fa gola a tanti, cominciano a volteggiare gli avvoltoi. |
«Il problema se mai è non parlare a
vanvera e cercare invece la strada per un dialogo che non
obblighi nessuno a rinunciare alla sua identità». (Livia Turco ministro per la solidarietà sociale) |
Prima della morte di Edoardo, la strategia dei giornali e degli amministratori pubblici era quella di spacciare tutto il movimento di Torino come un monolitico coacervo di giovani scatenati e pericolosi che hanno dichiarato una guerra, soli contro tutti. Ad un certo punto, le carte in tavola devono per forza cambiare; con il suicidio di Edoardo, non solo la rabbia nel movimento sale ulteriormente, ma cominciano ad emergere con chiarezza una parte delle contraddizioni dellinchiesta sui "Lupi Grigi" e si allarga di conseguenza linteresse per tutta la vicenda. Questi giovani pazzi cominciano ad essere in troppi, troppo arrabbiati, e raccolgono attorno a sé troppe simpatie. Si deve allora recuperare il recuperabile. Entrano in campo i sociologi, alla ricerca di un qualche motivo accettabile che spieghi linsofferenza di questi giovani verso le istituzioni, vengono costruiti parallelismi con i decenni passati. |
«Bisogna anche rispondere alle ragioni
di disagio che evidentemente ci sono tra i giovani». (Walter Veltroni, vicepresidente del Consiglio)
«Vorremmo che quei gruppi di giovani dai nomi diversi e strani si sentissero capiti e amati, resi interlocutori di un dialogo con la società». (cardinale |
Per far scemare la rabbia, si provano a concedere alcune ragioni al movimento, a costruire le basi minime per poter proporre credibilmente un dialogo e per dettarne le condizioni. Questo vuol dire tentare di separare chi nel movimento ha qualche rivendicazione da avanzare da chi invece non ne ha alcuna; chi ha qualcosa da chiedere si tratti di più lavoro, di più spazi occupati, di alleggerire il peso della repressione da chi invece continua a pretendere limpossibile, cioè un cambiamento radicale della propria vita e di tutti i rapporti. I primi potranno dialogare, se lo vogliono, i secondi ovviamente no. I primi dovranno assumersi il ruolo finora inedito di buoni, gli altri continueranno a restare cattivi e pericolosi. E riuscire ad instaurare un dialogo con i buoni, vuol dire potersi permettere dessere ancora più duri con i cattivi, che resteranno sempre più isolati. |
«Credo che sia indispensabile per la
convivenza civile che si isolino i violenti: si prendano
le distanze da una violenza così lucida, voluta. Sono
molto preoccupato che, di fronte a questi fatti gravi,
sinneschi una spirale di criminalizzazione
indistinta di tutti che, peraltro, non ha fondamento in
una particolare intossicazione ideologica: qui siamo al
delirio del disagio». (Valentino Castellani |
Ma questo è un meccanismo difficile da mettere in moto. È vero, è proprio da questo momento che diverse autorità (dai politici ai vescovi) cominceranno ad invitare insistentemente gli "squatter" alla calma, pregandoli di isolare i violenti che si "annidano" fra loro, e che tanti figuri della sinistra più o meno istituzionale si proporranno come mediatori. Daltra parte, peró, manca chi possa dialogare apertamente. Anche chi, allinterno del movimento torinese, ha delle rivendicazioni da porre, almeno fino alla manifestazione del quattro aprile non può permettersi di farlo. La situazione è talmente tesa che bisogna adeguarsi alla rabbia collettiva, se non si vuole correre il rischio di incrinare il proprio peso nel movimento. In più, per poter avanzare delle rivendicazioni in maniera credibile e con buone probabilità di successo, bisogna avere la possibilità di spacciare la propria immagine, costruirsi magari un ruolo da leader, saper disporre delle luci della ribalta. I migliori alleati per una operazione come questa sono i giornalisti. Ma in quelle settimane non si possono mantenere i rapporti con i giornalisti, allinterno di un movimento che li ha individuati quasi unanimemente come nemici e che comincia a trattarli da poliziotti sociali. Sarà forse una situazione momentanea, determinata più che altro dalla stupidità dei lavoratori dellinformazione che hanno calcato troppo la mano per creare un efficace mostro "squatter"? |
«Uniti per un giorno». (Il manifesto 5/4/98)
«Sono come animali feriti, non bisogna farli allontanare per sempre». (Maria Pia Valetto, esponente Ppi) |
A questo punto sono tre le strade che le realtà del movimento torinese potrebbero intraprendere. La prima, accettare le proposte di dialogo isolando pubblicamente gli elementi più intolleranti e radicali, viene rifiutata da tutti oltre ad essere, al momento, impraticabile. La seconda, accettare di fatto lo spettacolo degli "squatter" contro il mondo ridimensionandolo in termini gestibili, sarà quella praticata dai più. La terza, non accettare lo scontro fittizio per ricercare quello reale che ci riguarda tutti, senza cautele ed opportunismi, sarà messa ai margini essendo considerata incerta e dagli esiti imprevedibili. |
DOCUMENTI N. 1 - 2
«Eppure i centri sociali, in altri paesi e in altre città... producono storie, producono spettacolo, musica, sono aperti, arricchiscono la metropoli che li ospita, gettano ponti verso altre persone, altre culture». (LUnità 4/4/98)
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Così il discorso che andrà per la maggiore sarà: siamo diversi ma non pericolosi, siamo antagonisti ma non vogliamo distruggere nulla, siamo rivoluzionari ma convinti che uno spazio per noi in questo mondo ci debba essere e ci sia. Questo sarà il contenuto di fondo rilanciato da volantini, radio, manifestazioni e azioni dimostrative. Complice limmancabile emotività che endemicamente compare nei momenti più scottanti facendo evaporare la lucidità necessaria, la presupposta radicalità del movimento svanisce per far posto ad argomentazioni più populiste: Baleno, Silvano e Soledad sono innocenti al di là di ogni ragionevole dubbio e sono stati incastrati come stratagemma della destra e della sinistra di destra per attaccare i Centri Sociali. In questo modo si lasciano le porte aperte a tutti i partiti e ai gruppuscoli dellultra sinistra che sono ansiosi di poter utilizzare il cadavere ancora caldo di Baleno per portare avanti le proprie rispettive politiche. Dal salario garantito alla riforma universitaria, inizia la sfilata lugubre delle rivendicazioni politiche. Ne approfittano anche i partiti istituzionali. Rifondazione Comunista e Verdi saranno sempre in prima fila nel mostrarsi indignati per gli eccessi della polizia, per la superficialità delle indagini, e si presenteranno come gli unici delegati credibili per calmare gli animi arroventati che agitano il movimento. Il consigliere verde Cavaliere entra ed esce dal carcere dove sono rinchiusi gli arrestati, mentre espone in ogni occasione la sua antica tesi sulla responsabilità dei servizi segreti negli attentati in Val Susa, sostenendo, di conseguenza, linnocenza dei tre. |
«E in questo senso gli stessi centri
sociali saranno al Balon anche con posizioni diverse.
"Murazzi" e "Askatasuna" per esempio
dichiarano di "non essere contrari pregiudizialmente
alle richieste di dialogo"». (Il manifesto 4/4/98)
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Si vede costretta a scendere in campo persino la Federazione Anarchica Italiana, in prima fila soltanto quando cè da difendere il buon nome dellanarchia e da sfruttare la commemorazione di qualche martire. Alcuni anarchici federati plagiano le tesi dei Verdi e si accodano prudentemente ai sostenitori di oscure trame. È lunico ruolo che possano ricoprire decentemente, avendo perso ormai da decenni la fiducia che gli sfruttati possano organizzarsi autonomamente e combattere le strutture del potere: ne consegue che secondo loro qualsiasi attacco realizzato non possa essere altro che una provocazione. |
«Nella sassaiola contro questi due
bersagli virtuali (Le Nuove ospitano ben pochi reclusi,
il Palazzo di giustizia è vuoto monumento allo spreco e
allinsipienza progettuale) si distingue la
gioventù del corteo, i veterani tirano dritto: anzi,
qualcuno, come lanarchico ultraquarantenne Mario
del centro sociale torinese del Barocchio, cerca di
dissuadere dal giochino». (La Stampa, 5/4/98)
'Spegniamo la miccia'. (Il manifesto 3/4/98) |
Tutti
questi personaggi piangono la morte di Massari e tentano
di venderne il cadavere. Non è un caso che nei volantini
e nei documenti di tutti i gruppi che non hanno mai avuto
nulla a che fare né con lui né con le sue lotte, venga
sempre familiarmente chiamato Baleno o addirittura Edo. La fiera dello sciacallaggio culminerà nella grande manifestazione del quattro aprile. Tra gli organizzatori del corteo, qualcuno sostiene che deve essere un attacco ai padroni della città e qualcun altro che si tratta di unimportante occasione per consentire a chiunque di esprimere solidarietà al movimento delle occupazioni torinesi in pericolo. Peccato che tra questi chiunque ci siano un mucchio di avvoltoi, che troveranno pronta una bella ribalta dove esibirsi. Non vengono ammessi gli striscioni dei partiti istituzionali, che si troveranno un po spiazzati, ma per gli altri la porta resta aperta. A questo proposito è significativa la presenza del Leoncavallo di Milano punta di diamante del progetto di legalizzazione dei centri sociali che tanti acerrimi nemici dovrebbe avere a Torino venuto a piangere la morte di chi ieri i suoi mazzieri avevano tentato di sprangare nel corso di una manifestazione, mentre si appresta a partecipare alle prossime elezioni con una propria lista. Assieme a questi necrofili, saranno tanti i rappresentanti di chi la rivoluzione non la vuole certo fare ma è daccordo nel farsi vedere ogni tanto, per controllare di essere ancora vivo. Nonostante questa situazione, la rabbia travalica ancora i buoni propositi di molti: ne fanno le spese il costruendo palazzo di giustizia e il carcere delle Nuove. |