DOCUMENTO N. 4

La rivolta imbrigliata

Il susseguirsi di azioni di sabotaggio ai danni dei cantieri dell’Alta velocità in Val Susa pone dunque la magistratura e le forze dell’ordine di fronte a un duplice problema da risolvere. Da una parte devono scovare chi ha materialmente effettuato almeno qualcuno degli attacchi: dopo tutto perseguire i reati è il loro compito istituzionale e dichiarato. Ma non basta. Ancora più importante per loro è riuscire ad arginare questa serie di attacchi che in Val Susa rischiano di allargarsi a macchia d’olio.

«Siamo profondamente allarmati e ora l’esigenza è di dare finalmente un volto agli attentatori»

(Luciano Frigieri, pres. comunità mont.)

DOCUMENTO N. 5

Ciò che più li spaventa — assieme ai loro datori di lavoro, gli stessi padroni dell’Alta velocità — è proprio la possibilità che il metodo del sabotaggio e dell’attacco diretto si generalizzi ulteriormente. Se ciò si dovesse verificare, la situazione valsusina rischierebbe di diventare incontrollabile, al punto da ostacolare in modo determinante il progetto del "treno veloce" in quel territorio. Non solo, ma le conseguenze di una eventuale diffusione della pratica dell’azione diretta non resterebbero circoscritte alla sola questione ambientale. La perdita di fiducia nelle istituzioni, il rifiuto di delegare a qualcuno le proprie decisioni e il proprio agire, lo smascheramento della menzogna politica recuperatrice, la fine di ogni compromesso e di ogni dialogo con le autorità: tutte cose che travalicherebbero ben presto gli angusti limiti posti dal problema specifico del Tav, assumendo un carattere ben più globale e creando una situazione di non facile ritorno alla quotidiana rassegnazione.
«L’impegno dei parlamentari sarà quello di richiamare lo Stato ad uno sforzo ancora maggiore per contrastare questi fenomeni criminosi da cui, almeno da ciò che mi si riferisce, sembra ergersi più di un’ombra inquietante di vecchie deviazioni, che non possono più essere tollerate in un paese che vuole diventare normale».

(Pietro Folena,
dipartim. problemi
dello Stato del Pds)

Certo si tratta di possibilità remote, difficilmente percepibili da un occhio addomesticato, ma che in qualche maniera si stavano facendo spazio in questi ultimi due anni in Val Susa. Già. Non succede tutti i giorni che decine e decine di piccole azioni di sabotaggio, compiute nelle maniere più disparate, suscitino condanna o disapprovazione solo nelle forze politiche, mentre tra la popolazione vengano accolte con indifferenza quando non con tacito assenso. Ancor più raro è che partiti e sindacati indicano una manifestazione di protesta contro il "terrorismo" e si ritrovino poi soli in piazza, abbandonati da una base di militanti sordi ai loro appelli. Non c’è molto da stupirsi — diciamo noi; c’è di che preoccuparsi — pensano loro nei palazzi del potere, dove si arrovellano per trovare il modo di reprimere preventivamente la diffusione del virus della rivolta. Ed ecco la soluzione. Basta separare nettamente gli atti di sabotaggio dalla vita reale della valle: dipingendo gli anonimi sabotatori come corpi estranei di questa realtà rispetto al gran numero di abitanti che pur sono decisamente ostili al passaggio del treno; allestendo un’adeguata scenografia utile a rappresentare gli autori dei sabotaggi, non come semplici sfruttati che iniziano a ribellarsi, ma come una banda più o meno organizzata di loschi figuri pericolosi per tutti. Una volta costruito il proscenio, al pubblico — la popolazione della Val Susa — non rimane che applaudire o fischiare gli attori, in base all’umore del momento: purché non resti spazio alcuno per l’adesione e l’ampliamento della lotta in atto contro la frenesia tecnologica.
«Incredibile che la pista sia soltanto valsusina, c’è l’ombra di vecchi deviazioni nei Servizi».

Pietro Folena

In breve, si tratta di far dimenticare lo scontro tra una parte dei valsusini e i padroni dell’Alta velocità, coprendolo con uno scontro fittizio che ha come protagonisti da un lato le forze dell’ordine e dall’altro alcuni individui resi estranei — ma ben riconoscibili, dalla forte identità. E una seppure ambigua identità, un’etichetta che serve a rinchiudere le possibili rivolte della Val Susa, hanno contribuito a fornirla proprio alcuni dei sabotatori: quelli che hanno voluto firmare un paio di attacchi con la sigla di "Lupi Grigi" corredandoli con acconci scritti esplicativi. Autodefinitisi "armata delle tenebre", i "Lupi grigi" sono i personaggi ideali cui far recitare questo scontro spettacolare. Prima della loro apparizione era convinzione abbastanza diffusa che gli ignoti sabotatori fossero tanti, non necessariamente organizzati fra di loro e senza alcun bisogno di sventolare epici proclami per spiegare le proprie gesta. Dopo, ecco che si finisce solo col parlare di "Lupi Grigi" ed a quest’unica sigla vengono attribuite le azioni di sabotaggio avvenute nell’arco di due interi anni.
DOCUMENTO N. 6 Una lotta che poteva diventare di tutti viene così data in esclusiva ai "Lupi Grigi". Circoscritto il fuoco della ribellione in un unico focolare, a poliziotti, carabinieri e magistrati non serve che rintracciare qualcuno da additare come un "Lupo Grigio" più o meno credibile. Naturalmente, come si vedrà, non è di certo essenziale che questi capri espiatori siano effettivamente coinvolti nei sabotaggi avvenuti.
«I lupi grigi hanno un cuore anarchico. Il gruppo terroristico che ha bersagliato la Val Susa negli ultimi due anni non c’è più: uno squatter canavesano, una studentessa argentina ed un allevatore di polli di Bussoleno sono stati fermati dai carabinieri del Reparto Operativo Speciale».

(La Stampa, 7/3/98)

Manca ora un altro tassello per comprendere la portata e il significato degli arresti di Silvano Pellissero, Edoardo Massari e Soledad Rosas: il ruolo specifico degli organi d’informazione. Sono i mass media ad allestire il palcoscenico di tutta l’operazione, sono i giornalisti a prepararne la scenografia. Perché un’operazione come questa senza palcoscenico e priva di adeguata scenografia non potrebbe riscuotere successo. È attraverso i titoli dei giornali che tutti gli attacchi diventeranno opera dei "Lupi Grigi", sono le rotative e le telecamere a scolpire l’identità dei sabotatori, definiti in modo grottesco "ecoterroristi". Va da sé che nessun giornalista si prenderà mai la briga di far notare come ecoterrorismo sia proprio il progetto di distruzione sistematica della natura, non certo il tentativo di ostacolarlo. Ne consegue che ecoterroristi sono solo i padroni dell’Alta velocità e le istituzioni, mentre i fiancheggiatori dell’ecoterrorismo sono le forze dell’ordine e i giornalisti.
«Da un lato l’impegno dello Stato per arrivare a spezzare la spirale criminosa prima che i gesti, da dimostrativi, si trasformino in fatti più pericolosi. Dall’altro lato ci vuole una forte risposta politica che dimostri, se ancora ce ne fosse bisogno, l’estraneità totale delle forze politiche, dei momenti associativi, della gente valsusina, da qualsiasi violenza. Sarà più facile far cadere ogni copertura a chi, oscuramente, trama nella valle di Susa».

(Paolo Corsini, capogruppo Sinistra democratica nella commissioni stragi)

È evidente, a questo punto, che il significato di tutti questi avvenimenti travalica decisamente lo spartiacque della vallata e assume un’importanza ben più generale, che tocca la vita di tutti.

Perché, se magistrati, carabinieri e giornalisti possono riuscire a scippare alcune forme di lotta che appartengono a tutti per assegnarne l’utilizzo esclusivamente ad alcuni, è un problema che riguarda tutti.

Perché, se magistrati, carabinieri e giornalisti riescono a imbrogliare le carte tanto da spacciare come terrorista chi lotta contro un progetto terroristico e a ripulire l’immagine di chi quel progetto l’ha elaborato e imposto, è un problema che riguarda tutti.

I padroni dell’Alta velocità non sono nemici soltanto della popolazione valsusina, o di chi vedrà sventrare la terra che circonda la propria casa ovunque passeranno i binari del "treno veloce". Sono nemici nostri, come di chiunque pensa che la logica del profitto, anziché reggere il mondo, dovrebbe essere debellata; e con loro sono nostri nemici i magistrati, i carabinieri e i giornalisti che stanno difendendo e sostenendo con ogni mezzo il progetto dell’Alta velocità, proprio come la logica di cui questa mostruosità è una delle tante manifestazioni.

«Blitz contro i "Lupi Grigi", un gruppo di ecoterroristi sospettato di numerosi attentati contro impianti e cantieri dell’alta velocità».

(La Repubblica
8/3/98)

«Sono anarchici i "Lupi Grigi", gli ecoterroristi della Val Susa che negli ultimi due anni si sono resi protagonisti di una serie di attentati contro l’alta velocità».

(La Stampa, 7/3/98)