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COME TRUFFARE LA GENTE, RICICLARE IL DENARO SPORCO, VINCERE LE ELEZIONI E VIVERE FELICI

di Giorgio Spada

"Si scuotono le montagne, si scuotono le pianure, ecco che arriva il signor Alimuça; è il nostro vero Presidente che ci ha portato l'8 per cento", recitava il testo di una canzone in onore di Aljmuça, uno dei sette uomini (e donne) d'oro che hanno dominato l'Albania nell'ultimo anno offrendo a chiunque portasse loro danaro percentuali che a partire dall'8% al mese sono arrivate con una escalation vertiginosa al 50% al mese.
E due famiglie su tre, in Albania, hanno cercato scampo in questa roulette russa, investendo tutto quello che avevano: hanno investito le briciole che provenivamo dalle rimesse degli emigranti, hanno venduto la casa o il fazzoletto di terra che demagogicamente era stato loro dato in proprietà. Ed ora che il sogno è finito, che sono cominciati i fallimenti a catena di queste finanziarie, non rimane loro più niente.
Ma chi sono questi protagonisti del capitalismo d'assalto albanese? Alimuça, un ex magazziniere dell'esercito e poi della fabbrica elettrico-tecnica di Tirana; Sudja, una trentaduenne ex operaia nella fabbrica calzaturiera; Rapush Xhaferri, detto il generale di Lushnja, che recentemente ha ingaggiato come trainer della squadra di questa cittadina di 25 mila abitanti l'ex campione del mondo argentino Kempes per 300.000 dollari; Shemsje Kadrine e il marito Gani, proprietari dell'impresa Gjallica, ex funzionari d'ambasciata; Pellumb Sheaj, padrone dell'impresa Silva. Poi ci sono la Compagnia Vefa, la più potente, proprietaria ormai di quasi metà Albania, e Populli, una "società di beneficenza", come si presenta, che sarebbe stata creata con i fondi della lobby albanese negli USA.
Come si vede, una vera e propria corte dei miracoli dietro cui non possono non nascondersi ben maggiori e più solidi padrini, e robuste protezioni.
Era evidente a tutti gli osservatori che questa offerta di interessi folli era un affare dietro cui si nascondevano gli interessi dei capitali finanziari, mafiosi e non, facenti capo all'Italia, alla Germania e agli Stati Uniti. Che si trattasse di una forma di riciclaggio del danaro sporco, che si trattasse di una truffa in grande stile sulla pelle di un paese che le ricette del FMI e la terapia shock, applicata integralmente dal Presidente Sali Berisha, dal suo Partito Democratico e dal suo governo, avevano reso già disastrato, i giornali ed i partiti d'opposizione lo stavano denunciando da un pezzo, ma nessuno aveva voluto intervenire.
Non era intervenuto il corrotto governo albanese, ampiamente coinvolto in questi traffici, né nessuno dei nuovi "amici" occidentali.
Ha mantenuto un rispettoso silenzio la Bundensbank che pure ha in mano i gangli vitali della finanza albanese. Gli gnomi del FMI sono sbarcati in Albania per esaminare il fenomeno, hanno detto che non era bello e se ne sono andati. Sempre pronti a misure e ricatti nei confronti di ogni paese quando si tratta di chiedere tagli sullo stato sociale, in questo caso non hanno preso alcun provvedimento lasciando tutto come era. L'FBI ha organizzato a Tirana un bel seminario sui problemi dei crediti e del riciclaggio del danaro sporco, lanciando un grido d'allarme quando ormai i giochi erano fatti completamente, quando ormai stavano cominciando i primi fallimenti e presumibilmente i capitali razziati in Albania erano già al sicuro all'estero. Lo stesso grido d'allarme tardivo ed ormai inutile ha voluto lanciarlo l'Italia, mandando gli esperti antimafia, ma di fatto continuando a proteggere i responsabili politici di tutto ciò Il quotidiano d'opposizione "Koha Jonë", commentando la mossa dell'ambasciatore italiano Foresti che aveva convocato gli "uomini d'affari" italiani in Albania avvisandoli di stare attenti ad investire i soldi in queste "finanziarie", scriveva il novembre scorso: "L'ambasciatore Foresti innamorato degli albanesi...., quale portavoce dell'occidente in Albania [L'Unione Europea ha stabilito la Puglia come via di arrivo dei fondi comunitari di aiuto per l'Albania] avrebbe avuto il dovere di mettere sull'avviso per primo gli albanesi riguardo la tragedia che li attendeva...invece che profondersi in elogi nei confronti di Berisha e dei buoni rapporti tra Italia ed occidente e il governo dittatoriale del Partito Democratico, sistematicamente presentati al pubblico albanese come panna e miele".
Sì, perché questo dei crediti non rappresenta solo una questione economico-finanziaria, ma è stata anche una grossa questione politica. Non a caso il fenomeno è montato proprio in corrispondenza con la lunga stagione elettorale albanese culminata con le elezioni politiche truffa dello scorso maggio e le elezioni amministrative di ottobre, "vinte" alla grande dal Partito Democratico. Questo enorme giro di soldi, anche se virtuale, ha contribuito a creare in Albania in quel periodo una euforia immotivata. In tanti si illudevano di potersi arricchire, in tanti temevano che, con la vittoria delle opposizioni, le finanziarie avrebbero chiuso i cordoni della borsa. E' con questa carota, sommata al bastone delle leggi elettorali truffa, dei brogli generalizzati, delle violenze sui votanti, che il PD detiene ora il potere quale partito unico in Parlamento e nelle amministrazioni. E l'"occidente", sempre così attento e sensibile a Belgrado o a Sofia, di fatto a Tirana chiude non due ma quattro occhi. Con il risultato che i Balcani sono di nuovo in ebollizione, l'Albania è alla disperazione, i tamburi degli odi etnici ricominciano a rullare. Ma va tutto bene, quando si tratta di combinare utilmente affari finanziari e propaganda ideologica anticomunista.

21/1/1997