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![]() LA RAPINA D'ALBANIAQuella che segue e' la traduzione di una intervista a Wolfgang Pohrt, collaboratore della rivista di politica e cultura di Amburgo KONKRET ed autore del libro "Brothers in crime" sulle bande criminali oggi al potere nella gran parte dei paesi dell'Europa orientale. Il testo appare sull'ultimo numero della stessa rivista (4/'97), a pag. 3.D: "Da quando il blocco orientale non esiste piu'" - ha scritto lei nel suo libro appena uscito - "al suo posto e' sorto un laboratorio di sperimentazione sociale in una terra di nessuno". Quali conclusioni si possono trarre dai nuovi sviluppi in Albania?
R: Non c'e' niente di particolarmente nuovo, ma solo la riscoperta di
qualcosa di gia' noto. Adorno aveva ammonito di non scambiare gli uomini
con le condizioni sociali in cui essi vivono. Che i primi non siano poi
tanto terribili quanto le seconde lo si puo' vedere oggi di nuovo in
Albania. D: Cosa puo' esserci di "simpatico" in una creatura che e' stata interamente costruita dalla Fondazione Konrad Adenauer e dalla CIA? R: (...) Gli americani sono di nuovo arrivati al punto che devono far intervenire gli elicotteri, come un tempo a Saigon. Sono giorni e giorni che si preoccupano di evacuare persone che vengono indicate come "cittadini americani". Questi devono essere stati proprio un bel po', nonostante che per l'americano medio l'Albania non fosse proprio una meta turistica cosi' ambita!... Anche la mafia italiana pare avere avuto interi reggimenti in Albania, come si evince dalle grandi "azioni di salvataggio" che sono state organizzate. I gangster di tutto il mondo avevano trovato un ottimo posto da saccheggiare, ora pero' tutta la canaglia e' in fuga. D: Eppure ci viene detto che gli stranieri fuggono dall'anarchia e dal caos in cui sta precipitando l'Albania. R: Questo e' cio' che scrivono da noi quelli che vogliono suscitare intenzionalmente un clima di un certo tipo, ma i reporter (...) sottolineano in tutte le maniere che il tutto avviene in maniera pacifica. Laggiu', anche nella stessa Tirana, sta avendo luogo una vera e propria insurrezione popolare, e scorre meno sangue che a Washington o a Rio in una notte qualsiasi. Pare che fino ad ora il numero dei morti si aggiri tra i 50 ed i 100. E' stato solo per un caso fortuito che a Rostock durante il pogrom [1] non siano morte decine di persone tra le fiamme. Allora pero' nessun elicottero dell'esercito federale e' intervenuto a salvare le persone che cercavano scampo dal fuoco e dalle fiamme rifugiandosi sul tetto. D: Quello che succede ora in Albania potrebbe ripetersi piu' avanti in Occidente?
R: Opinionisti e uomini politici sembrano proprio temere questo. Guardiamo
ai fatti, per come ci sono noti qui da noi: la gente in Albania si
rifornisce di armi e di farina nei depositi governativi. Ognuno prende
cio' di cui ha bisogno, senza risse ed in modo pacifico. I nuovi
giocattoli scatenano l'euforia, e si spara molto con i fucili. Quattro, o
sette morti sono causati dai proiettili vaganti in una notte, si scrive.
Se la gente avesse motociclette a disposizione, piuttosto che fucili,
forse il conto delle vittime sarebbe stato molto piu' pesante. E' questo
che si sarebbe dovuto enfatizzare, in Occidente: il processo di
privatizzazione finalmente incomincia per davvero! Macche': al contrario,
Sabine Christiansen urla come un bambino piagnone: "L'Albania sprofonda
nel caos, assassinii, saccheggi, guerra civile", scrive, ed il reporter da
Tirana deve correggerla: nessun assassinio, solo qualche incidente, ed in
effetti neppure una guerra civile. (...) D: Ed e' di questo che si ha paura in Occidente? R: Cosi' mi spiego io il tono catastrofale ed aggressivo con cui vengono commentati gli sviluppi in Albania. I piani per un intervento militare vengono messi a punto, la stampa gia' lo richiede (...). Si parla di assassinii, ruberie - mancano solo gli stupri etnici -, e si presta fede a tutto questo perche' si vuole credere che la gigantesca macchina oppressiva dello Stato puo' impedire alle persone di ammazzarsi a vicenda. Le vicende albanesi tuttavia - ed e' proprio qui il sensazionale - dimostrano il contrario. D: Eppure il governo federale dichiara di non voler inviare truppe...
R: Questo era quello che dichiarava anche all'inizio del conflitto
jugoslavo... Ma se prestiamo piu' attenzione: Kohl non dice "No", bensi'
chiede: "E cosa gli diciamo ai soldati?"
Ovvero: Ragazzi della stampa e della TV, datevi da fare! Gli eventi
albanesi devono essere rappresentati in modo tale che un povero cristiano
semplicemente non si possa tirare indietro.
Prima servono i vari "Medicins sans frontieres", con i reporter che
li accompagnano. Poi viene la campagna per i diritti umani... Qualche
Verde mette in scena uno "spogliarello dell'anima" in parlamento e
racconta del suo difficile e doloroso percorso individuale, che lo ha
condotto alfine a riconoscere la necessita' di un intervento della
Bundeswehr, con un occhio ad Auschwitz ed anzi proprio in considerazione
del passato non proprio onorevole della Wehrmacht [3]. I tedeschi hanno
fatto tanti errori, adesso e' ora di riparare... (...) Alla fine,
controvoglia e sotto la forte pressione dell'opinione pubblica, il governo
si adegua...
E percio' i disoccupati devono sparire dai titoli di prima pagina. L'unico
fattore di incertezza in tutto cio' sono i soldati stessi. "Intervento
militare tedesco a Tirana", ha strillato con giubilo la radio bavarese.
Eppure gli eroi [4] non sembrano piu' tali ad uno sguardo successivo,
quando ad esempio se ne vogliono andare via (...)
[1] Tre anni fa nella citta' tedesca di Rostock decine di persone
attaccavano un ostello per stranieri, distruggendolo con sassi e molotov.
Il tutto veniva ripreso da telecamere, mentre la polizia interveniva con
un ritardo inspiegabile di varie decine di minuti. |