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Albania in rivolta


COME UN LEADER ASSEDIATO COMBATTE I GANGSTER CON I GANGSTER

di Lara Santoro

TIRANA - Come si combatte contro una sollevazione popolare che si dirige verso la capitale del proprio paese?

Cresce sempre di più il numero di chi è convinto che il presidente dell'Albania Sali Berisha abbia trovato una risposta a questa domanda architettando una controinsurrezione da parte dei suoi sostenitori a Tirana e nell'Albania settentrionale.

Nel caos dell'insurrezione albanese, i gangster in abiti civili non hanno avuto poi tanti problemi a impossessarsi delle centinaia di migliaia di armi razziate dalle caserme militari.

In un primo tempo, il rifiuto dell'Esercito di impegnarsi in qualsiasi scontro è stato visto come la conseguenza inevitabile di anni di abbandono e di paghe insufficienti. "Questi soldati guadagnano un paio di dollari al mese. Non saranno mai degli eroi," è stato il commento di una fonte diplomatica della capitale, Tirana, di fronte alla conquista della città meridionale di Argirocastro da parte di civili armati.

Sfruttare il caos a proprio vantaggio Ma ora vi sono segni crescenti che l'insurrezione è stata almeno in parte architettata a Tirana dal battagliero signor Berisha.

Nel Sud, i generali dell'Esercito di Saranda e Tepelena hanno con ogni evidenza ricevuto istruzione di lasciare accedere i civili a migliaia di Kalashnikov - la maggior parte dei quali sono in questo momento conservati nelle case di tutta la regione. "So con certezza che le porte delle caserme qui sono state lasciate spalancate", dice Djevat Koucia, un generale dell'Esercito in pensione della città meridionale di Saranda, che ha organizzato la prima fase della rivolta, dopo che i civili avevano saccheggiato i magazzini. "Penso che ciò sia stato in parte organizzato. Berisha voleva che la gente avesse le armi per provocare il caos e precipitare la situazione".

Con il rapido diffondersi della ribellione in direzione di Tirana, con le richieste da parte dei ribelli delle dimissioni di Berisha come condizione irrinunciabile per deporre le armi, Berisha potrebbe avere scelto di opporsi al caos con delle mosse in proprio, utilizzando la polizia segreta Shik per mantenere il controllo della situazione.

Una settimana dopo che Saranda è sfuggita al controllo del governo, una situazione pressoché identica si è verificata nella città settentrionale di Scutari. Civili pronti ad effettuare un vero e proprio assalto al deposito militare, lo hanno trovato privo di ogni sorveglianza.

"Ci è stato detto che i generali hanno ricevuto istruzione di lasciare i depositi aperti", racconta James Magan, un prete britannico che fa parte dei Missionari della Carità, un'organizzazione cattolica, a Bushat, cinque miglia a sud di Scutari. "Quello che sappiamo con certezza," aggiunge, "è che non vi è stata resistenza. La gente non ha fatto altro che entrare e prendere i fucili".

A Lezha, 50 miglia circa a sud di Scutari, Mark, un giovane che ha partecipato al saccheggio del deposito militare nella vicina Manatin, afferma che le porte del deposito erano aperte. "C'erano alcuni soldati in giro, ma se ne sono andati via immediatamente". L'assalto compiuto a Manatin, aggiunge Mark, era organizzato in una maniera curiosa. "Sono andato alla stazione di benzina alle otto meno un quarto della sera," racconta, "Mi è stato detto immediantamente che il saccheggio era previsto per le otto in punto e che avrei fatto meglio a sbrigarmi. Sono arrivato sul posto e, esattamente alle 8, abbiamo cominciato a correre verso la caserma. Sono cose che non accadono spontaneamente. Non ci siamo fermati a pensare, in quel momento, ma ora pensiamo che sia stata opera della Shik".

Secondo alcuni osservatori, potrebbero esserci state due fasi distinte della rivolta albanese, cosa che ha consentito a Berisha di imporre un controllo ancora più autoritario e forse di rimandare le elezioni previste per giugno.

"La prima fase è consistita nel lasciare che una sollevazione civile spontanea seguisse il suo corso, lasciando che tutte queste persone si impossessaro delle armi da fuoco. Probabilmente non vi era nulla di pianificato, in questa fase. E' stato qualcosa di più della sensazione istintiva che il caos convenisse a Berisha," afferma Ilir Kuracuci, giornalista e commentatore del servizio albanese della BBC. "La seconda fase è stata un po' più delicata, perché ha implicato il reperimento e l'armamento dei sostenitori di Berisha".

Armi ai sostenitori di Berisha A Tirana, le armi sono state distribuite in un primo tempo a membri e sostenitori del Partito Democratico di Berisha e in un secondo tempo a chiunque fosse disposto a prendersi un fucile. "Le armi sono state distribuite presso la sede centrale del Partito Democratico di Berisha," racconta una fonte diplomatica occidentale. "Ci sono anche testimonianze secondo le quali sono state distribuite anche in altri punti di Tirana".

Arben Puto, che dirige la sezione albanese dello Helsinki Human Rights Committee racconta di come due settimane se ne stesse seduto quando un uomo ha fatto all'improvviso irruzione nella sede per chiedere di parlare con uno qualsiasi dei responsabili. "Era davvero sconvolto. Gli ho chiesto cosa ci fosse che non andava e lui mi ha detto che delle persone, agenti della Shik o membri del Partito Democratico, erano venuti nel suo quartiere di Tirana e stavano distribuendo armi. Ci ha detto che dovevamo fare qualcosa. Ha rifiutato di dirmi il suo nome, perché aveva paura".

Il fatto che nessun edificio del governo, nessun ufficio o studio dei media controllati dal governo, siano stati assaltati o bruciati, rafforza tra molti osservatori l'opinione che sia Berisha a controllare i civili armati che pattugliano le strade di Tirana. E mentre i ribelli del sud continuano a chiedere le dimissioni di Berisha, nessuna richiesta del genere è ancora provenuta dal nord.

Il caos sembra avere almeno in parte lavorato a vantaggio di Berisha. Quando l'insurrezione si è estesa alla periferia di Tirana, molti di coloro che avevano in precedenza chiesto la testa di Berisha, si sono chiesti ad alta voce se il paese fosse in grado di gestire il vuoto di potere. Anche la leadership del più forte avversario di Berisha, il Partito Socialista all'opposizione, ha affermato che "Berisha era un male necessario", afferma un osservatore occidentale.

Secondo fonti di Roma, è molto improbabile che Berisha sia riuscito ad architettare l'intera insurrezione. "Credo che ci sia stato un deterioramento graduale delle situazione", dice una fonte diplomatica italiana. Ma alla fine Berisha è ancora presidente, e il governo provvisorio guidato dal Primo Ministro Bashkim Fino deve ancora dimostrare di avere un controllo significativo della situazione.

28 marzo 1997 (dal "Christian Science Monitor")