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Albania in rivolta


Scritte sul muro delle piramidi

di Fron Nazi

Quando le finanziarie piramidali albanesi hanno cominciato a crollare, i governi occidentali e lo stesso presidente del paese, Sali Berisha, hanno semplicemente rifiutato di affrontare la realtà. L'Occidente considerava le piramidi come una testimoninaza dell'ignoranza degli albanesi in merito al libero mercato e si è premurato di ricordare immediatamente di avere messo in guardia Berisha dalle piramidi già nel 1992. Berisha, da parte sua, ha dato la colpa delle sommosse a quello che ha chiamato il "Fronte Rosso" - gli ex-comunisti. Un tempo, queste due teorie sarebbero state sufficienti per spiegare la situazione e Berisha e il suo Partito Democratico avrebbero continuato a godere dell'appoggio dell'Occidente, nonostante il loro pessimo curriculum nel campo dei diritti umani.
L'Occidente ha appoggiato Berisha basandosi sul presupposto che Tirana controllasse le fazioni politiche albanesi della Macedonia e della regione del Kosovo, in Serbia. Berisha ha sfruttato abilmente questa convinzione, ottenendo in cambio mano libera per garantirsi la propria posizione a casa. Fino al momento in cui avesse tenuto le proprie mani lontane dal Kosovo e dalla Macedonia, l'Occidente sarebbe stato disposto a concedergli il beneficio del dubbio. La sua posizione sempre mutevole su questi due problemi, lo ha aiutato a rinsaldare la convinzione dell'Occidente che egli controllasse le leadership albanesi oltre confine.
L'occidente era disposto a dimenticare i diritti civili in Albania pur di mantenere la stabilità regionale, mentre Berisha era disposto a sacrificarli per mantenere il suo potere. Dopo la vittoria del Partito Democratico (PD) alle elezioni del '92, applaudite dall'Europa Occidentale e fino a poco tempo fa anche dagli Stati Uniti, Berisha ha fatto compiere all'Albania una virata da un sistema totalitario di sinistra a un'"accettabile" dittatura di destra. Nel corso di questo processo, il governo ha falcidiato l'opposizione, soppresso le voci indipendenti e assunto un controllo completo di ogni aspetto della società, ivi incluso ogni settore di mercato esistente. Mentre tutto ciò avveniva, gli Stati Uniti e l'Europa Occidentale guardavano dall'altra parte e lodavano le riforme di mercato dell'Albania, dando all'opinione pubblica la chiara impressione che le politiche di Berisha avessero il supporto occidentale. Gli albanesi avevano in larga misura ragione. Nessuna organizzazione non governativa internazionale presente a Tirana, così come nessun governo occidentale, si è opposto apertamente a Berisha fino alle elezioni generali fraudolente del maggio 1996.
Contrariamente all'opinione prevalente in Occidente riguardo all'ignoranza da parte degli albanesi rispetto a come funziona il mercato libero, la complessità strutturale delle priamidi albanesi ha offerto una solida opportunità di investimento. A differenza delle finanziarie piramidali emerse nel 1991, e crollate nel giro di pochi mesi, quelle nuove avevano il supporto del governo. L'apparizione in pubblico degli sponsor delle piramidi con funzionari del governo è stata un importante incentivo agli investimenti. In realtà, a differenza delle finanziarie piramidali di altri paesi dell'ex-blocco orientale, che si basavano su un continuo afflusso di nuovi investitori, le piramidi albanesi erano legate al monopolio del governo sul contrabbando delle armi, sul commercio della droga, sulla violazione delle sanzioni e su altre attività illegali di tipo simile.
Sebbene molti investitori fossero coscienti di queste attività illegali, essi ritenevano che il sostegno cieco dato dall'Occidente a Berisha fosse una garanzia per il loro investimento. Puntavano sul presupposto che se e quando le piramidi fossero crollate, l'Occidente avrebbe messo sotto cauzione Berisha e il PD e che i loro investimenti sarebbero di conseguenza stati rimborsati. Le ripetute messe in guardia da parte della stampa albanese e di singoli giornalisti occidentali sulle attività illegali del PD sono passate praticamente inosservate.
Berisha ha dato la colpa del crollo dele piramidi e delle manifestazioni di protesta che sono cominciate in gennaio ai tentativi del "fronte rosso" e di "agenti stranieri", tesi a destabilizzare il paese. Le sue accuse non hanno incontrato orecchie disposte ad ascoltare e un numero crescente di dimostranti ha cominciato a esigere che il denaro venisse restituito. Di fronte a queste richieste, Berisha è ricorso alla sua polizia segreta, la Shiku. Per scoprire i presunti colpevoli, la Shiku ha intimidato, picchiato e imprigionato i leader dell'opposizione e note voci indipendenti critiche nei confronti del PD. Ma queste tattiche non hanno avuto successo e le agitazioni hanno continuato a crescere, soprattutto al sud. Con il paese sull'orlo dell'anarchia, Berisha ha chiesto aiuto agli ufficiali del suo esercito e ha richiesto l'intervento militare contro i dimostranti. La maggior parte dei funzionari dell'esercito che hanno rifiutato di eseguire gli ordini, è stata licenziata e sostituita da uomini fedeli a Berisha.
La mossa più significativa di Berisha è stata quella di nominare Bashkim Gazeideda, un funzionario estremamente leale del suo partito, come capo della Shiku e del Ministero degli Interni. Gazeideda ha immediatamente posto un blocco su tutti i giornali albanesi di opposizione politica o indipendente e per un breve periodo di tempo anche sulle trasmissioni radio dall'estero. Il 2 marzo, il giorno dopo la proclamazione della legge marziale, gli uffici di Koha Jone, il principale giornale indipendente, sono stati bruciati, con ogni evidenza da agenti della Shiku. Dopo di che, la maggior parte dei giornalisti di Koha Jone ha dovuto nascondersi temendo per la propria vita.
Quando Berisha ha intensificato i suoi attacchi, mostrando allo stesso tempo una completa indisponibilità al compromesso, l'Occidente ha raggiunto un tardivo consenso sul fatto che egli è in realtà un dittatore. In un gesto che ricorda l'epoca del regime comunista, dopo avere dichiarato la legge marziale, Berisha si è fatto rieleggere presidente da un Parlamento-fantoccio eletto illegalmente. Solo gli Stati Uniti hanno assunto una posizione di condanna rispetto a questa azione. I governi dell'Europa Occidentale sono stati ancora una volta insicuri sulla loro reazione.
La tradizionale retorica diplomatica dei governi dell'Europa Occidentale, incitante a un dialogo con l'opposizione e alla moderazione da entrambe le parti è stata simile alla politica da loro adottata nella ex-Jugoslavia. Una volta che la crisi è scoppiata, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e l'Unione Europea hanno mandato delle missioni di emergenza in Albania per tre motivi: perdonare Berisha per avere criticato il rapporto OSCE sulle elezioni fraudolente del maggio 1996, persuaderlo ad avviare un dialogo con l'opposizione e prevenire un esodo di massa degli albanesi in paesi dell'Unione Europea.
Alcuni governi dell'Europa Occidentale hanno continuato a vedere in Berisha un fattore di stabilità sotto molti aspetti. Il loro punto di vista si basa sul presupposto che Berisha, un settentrionale, controlla il relativamente tranquillo nord. In effetti, Berisha ha ripetutamente cercato di presentare gli attuali problemi come un conflitto tra nord e sud.
Quattro fatti, tuttavia, confutano le sue asserzioni. Nel 1994, Berisha ha promosso un referendum sulla costituzione che ha visto una sua schiacciante sconfitta in tutto il paese. Secondo, la VEFA, la maggiore finanziaria piramidale, nella quale hanno investito molti degli abitanti del nord hanno investito i loro soldi, non è ancora ufficialmente crollata, a differenza delle altre finanziarie del sud. Nelle elezioni del maggio 1996 il PD ha perso Scutari, la maggiore città del nord. Infine, il partito politico di destra che governava Scutari ha dichiarato la propria solidarietà con le rivendicazioni dei distretti del sud. In realtà, tute le diffidenze del nord sono direttamente riconducibili alla Shiku, la quale è in larga parte composta da settentrionali fedeli a Berisha.
Per soddisfare l'OSCE e l'UE, Berisha si è seduto al tavolo delle trattative con l'opposizione e ha offerto un ramo d'ulivo - un governo provvisorio, un cessate il fuoco di 48 ore e un'amnistia per coloro che avessero riconsegnato le armi. Ma non è stato raggiunto alcun accordo su nuove elezioni, sulla cancellazione del coprifuoco imposto dallo stato, sulla libertà di stampa e di riunione, sull'eliminazione del controllo statale sulla TV e la radio, sulle dimissioni di Berisha o sulla cessazione delle vessazioni della Shiku, sui pestaggi e gli arresti di giornalisti e oppositori politici.
Berisha si è presentato alla televisione di stato e ha annunciato l'accordo l'8 di marzo. In risposta, i quattro distretti meridionali dell'Albania, bene armati, hanno ripetuto che avrebbero consegnato le armi solo a condizione che Berisha desse le dimissioni, che venisse formato un governo provvisorio composto dai partiti di opposizione e che venissero indette nuove elezioni in una data da specificarsi. L'opposizione di Tirana ha perso ogni credibilità che aveva al sud, mancando di mettere porre sul tavolo, durante le trattative, le richieste del sud. Gli unici risultati concreti della riunione sono stati la concessione di altro tempo a Berisha per mettere a punto i suoi maneggi, il portare alla luce quanto fosse disorganizzata l'opposizione e la dimostrazione del fatto che essa non aveva alcuna linea diretta con il sud in rivolta. In risposta, i quattro distretti del sud hanno intrapreso misure per organizzarsi meglio sotto il Comitato di Liberazione dell'Albania appena creato. Hanno cominciato a darsi da fare aspettando l'eliminazione di Berisha dalla scena politica.
Berisha ha ripetutamente dichiarato che fino al 2001 non si sarebbe tenuta alcuna elezione politica, ma secondo l'UE e il mediatore americano, aveva ora accettato di tenere nuove elezioni in giugno. Ciò dovrebbe consentire a un'opposizione senza un soldo di organizzarsi, anche se, con l'eccezione di un giornale di governo, la censura sulla stampa continua. Tuttavia, indipendentemente dalle concessioni politiche fatte a Tirana, nessun partito politico ha influenza al sud, sebbene la liberazione dalla prigione del suo leader, Fatos Nano, una settimana fa abbia rafforzato il Partito Socialista. Nano, in occasione della sua prima conferenza stampa, ha chiesto le immediate dimissioni del presidente Berisha.
L'unica richiesta politica dei civili armati è quella delle dimissioni di Berisha. Altrimenti, la carenza di cibo e di medicine, così come il desiderio di un po' di legalità e ordine stanno diventando le maggiori preoccupazioni. L'attuale prezzo di un chilo di pane è di 15 marchi tedeschi; un fucile ne costa solo 12.
Eppure le ripetute richieste del sud per le dimissioni immediate di Berisha si basano su una profonda sfiducia nei suoi confronti e verso i suoi metodi autocratici di risoluzione dei conflitti. Il timore è che Berisha preferisca trascinare con sé nell'abisso l'intero paese piuttosto che dare le dimissioni.
La famiglia di Berisha ed ex-alti membri del PD sono scappati in Italia, ma il presidente è apparso in televisione per ripetere che non si sarebbe dimesso, affermando che le dimissioni forzate avrebbero portato a un'ulteriore instabilità. Molti hanno considerato questa affermazione come un accenno al fatto che lui e i suoi sostenitori non lasceranno la scena politica senza una resistenza armata. E' mentalmente instabile, secondo un diplomatico occidentale che di recente lo ha incontrato, e sta creando un suo piccolo esercito, composto per la maggior parte da ex-agenti della Shiku.
La principale preoccupazione dell'Occidente è quella di impedire un altro esodo di massa dall'Albania. Dato che la maggior parte degli albanesi risiedono nel sud e sono armati fino ai denti, l'Europa Occidentale e gli Stati Uniti si trovano ad affrontare il vecchio dilemma balcanico che hanno essi stessi aiutato ad alimentare. Dovranno decidere se sacrificare quella che un tempo era la loro creatura preferita, Berisha, offrendo a lui e ai suoi compagni asilo all'estero, oppure assistere a un altro teatro di guerra nei Balcani, mentre le ceneri del precedente stanno ancora covando non lontano dai confini dell'Albania. L'Occidente, che ha investito nella "piramide politica" di Berisha, deve ora prendere atto di avere compiuto l'investimento sbagliato.

da "WarReport" n. 50, aprile 1997