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Il fallimento del capitalismo in Albania
di Alan Wood
Riportiamo alcuni passi di un vasto articolo dello studioso britannico Alan Wood sulla rivolta albanese, nella traduzione italiana di José Miguel Suescun, che ringraziamo per avercene consentito la pubblicazione. Il testo originale integrale (più di 120 kb.) può essere consultato presso il sito Albania in Revolt
(...)
Bancarotta del capitalismo
Nel 1990 il regime stalinista crollò come un castello di carte. Condizioni di miseria generalizzata produssero la disperazione. Nel giugno del '90 migliaia di albanesi si recarono alle ambasciate estere per chiedere asilo politico. Dopo di che il parlamento approvò il decreto che permetteva agli albanesi di viaggiare all'estero. Come conseguenza, oltre 20.000 albanesi lasciarono il paese con mezzi di fortuna verso l'Italia. Altri 50.000 attraversarono i confini verso sud, entrando illegalmente in Grecia. Nel 1991 gli ex stalinisti vinsero le prime elezioni, cambiando nome solo quattro mesi dopo in Partito Socialista. Il Partito Democratico guidato da Sali Berisha vinse le elezioni successive nel marzo del '92. Il mese successivo il parlamento lo elesse presidente. Inaugurò il suo governo con, tra le altre azioni, un piano per la totale privatizzazione dell'economia, sostenuto da aiuti esteri. L'Unione Europea, particolarmente Germania e Italia (entrambi con un occhio alla conquista dei Balcani) elargirono 500 milioni di dollari in prestiti, ma nonostante una rapida crescita economica da allora, l'economia albanese rimase impoverita.
Gli aiuti dell'Ue finirono nelle tasche di speculatori, banditi e naturalmente del Partito Democratico al governo, mentre le infrastrutture in condizioni disastrose e l'industria vennero private degli investimenti. Ricchezza per pochi, impoverimento per i più, questo era il quadro in Albania, come negli altri Stati ex stalinisti. Le strade albanesi erano piene di auto occidentali usate e in molte case compariva la parabola satellitare. Nonostante grandiosi piani per lo sviluppo delle infrastrutture del Paese, esso è decaduto rapidamente, mentre la ricchezza è stata concentrata in poche mani disoneste.
I governi occidentali appoggiavano Berisha perché, pur essendo un ex stalinista, era un fervente convertito al "libero mercato". Ancora l'11 marzo il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo in cui elogiava Berisha che ha scandalizzato anche giornalisti occidentali navigati con il suo miscuglio di bugie e ignoranza: "Marted", il Wall Street Journal ha pubblicato un editoriale che lasciava a bocca aperta per la sua totale ignoranza e invettiva ideologica. Asseriva che "non c'erano proteste credibili in materia di brogli elettorali" sulle ultime elezioni di maggio, anche se il rapporto dell'Osce ne parlava chiaramente. E descriveva il signor Berisha come un medico, 'non un apparatchik comunista', anche se è stato un segretario del vecchio partito del lavoro [il partito stalinista] per oltre venti anni ed era il cardiologo della ristretta cricca gelosamente conservato di Enver Hoxha." (The Independent, 14/3/97)
Solo un mese fa, due esperti politici rappresentanti dei conservatori europei, Alois Mock dell'unione democratica europea e Klaus Welle dei cristiani democratici europei, si sono recati alla convention preelettorale del Partito Democratico e hanno lodato Berisha per il mantenimento della pace nel sud dei Balcani. Pochi giorni dopo, Pierre Lelouche, un consigliere del presidente francese Jacques Chirac, lo ha definito la grande speranza per "la democrazia, la libertà e la prosperità". Il presidente dell'assemblea del consiglio d'Europa, Leni Fischer, è arrivato al punto da lodare una legge contestatissima che bandiva gli ex collaboratori dei servizi segreti del periodo comunista da avere incarichi pubblici. La legge è stata ampiamente criticata perché fornisce al Partito Democratico il potere di cacciare i suoi oppositori senza fare nemmeno un processo.
La borghesia internazionale che ora si straccia le vesti per i crimini di Berisha, lo ha sostenuto fino in fondo. I politici borghesi di tutti i governi europei, per non parlare degli Usa, facevano la coda per complimentarsi con questo grande democratico. Sembra anche che non siano andati via a mani vuote. E' venuto fuori che alcune figure di primo piano del partito conservatore britannico, sostenitori entusiasti di Berisha, sono stati ricompensati con regali suntuosi, alcuni di essi saccheggiati dai musei albanesi dal "loro uomo di Tirana". Ancora l'8 marzo, quando il regime di Berisha era sull'orlo dell'abisso, The Economist, incredibilmente, continuava a sostenere una cosa simile:
"Da quando Berisha e il suo Partito Democratico di destra hanno preso il potere nel 1992, dopo mezzo secolo della più terribile dittatura dell'Europa orientale, i progressi sono stati veloci anche se inevitabilmente a macchia d'olio. L'isolamento dell'Albania venne eliminato. La terra è stata privatizzata, i dinosauri di Stato svenduti o distrutti, al piccolo commercio è stato permesso di svilupparsi, la politica e la religione rese libere. Dopo un crollo verticale, la crescita, sebbene di pari passo con la criminalità, è stata la più rapida di tutti i Paesi ex comunisti. Sul fronte estero, Berisha ha fatto responsabilmente capire che nonostante le forti e agitate minoranze etniche albanesi in Serbia e Macedonia, l'Albania si sarebbe tenuta fuori dalla polveriera dei Balcani. Gli americani, in particolar modo, hanno sostenuto, l'Albania, e Berisha, come bastione di stabilità"
Solo qualche settimana prima della rivolta al sud, in un popolare programma televisivo italiano si cercava di dipingere un quadro dell'Albania simile a una tigre asiatica! In questo modo i commentatori borghesi imbrogliavano se stessi e tutti gli altri sulla prospettiva rosea per le "economie di nuovo sviluppo", e non solo l'Albania. Ma la realtà era molto diversa dalla visione di salute economica dipinta da The Economist. la vera situazione veniva descritta da un giornalista italiano come segue:
"Una non-economia costituita da un'agricoltura arretratissima, un settore industriale inesistente e un terziario mai decollato. Nel 1991 il 66% della popolazione viveva nelle campagne, pur con un'agricoltura molto arretrata. Tra il 1991 e il '93, gli anni immediatamente seguenti la caduta del regime, vi è stata una profonda recessione che ha fatto scivolare la popolazione ben al di sotto della soglia di sussistenza...
"Nel triennio successivo (1993-95) la crescita è stata vigorosa, vicina al 10% annuo; ma occorre specificare che queste cifre vanno interpretate con grande cautela. Non esiste infatti un sistema di rilevazioni, né un apparato di contabilità nazionale capace di definire la struttura dell'economiaÉ
"Sono state le rimesse degli emigranti - circa 500mila gli albanesi all'estero - e gli aiuti internazionali a dare un certo abbrivio all'economia che però è sempre parsa drogata." (Il Sole-24 Ore, 5.3.97).
L'Albania è probabilmente il paese più povero e meno sviluppato d'Europa. Il 55% della popolazione lavora nel settore agricolo. Paragoniamo questo con la Grecia (uno dei paesi più arretrati dei paesi capitalisti d'Europa) in cui il dato è del 20%. Questa cifra non riflette la situazione prima del crollo dello stalinismo perché molti lavoratori sono stati costretti a tornare in campagna per sopravvivere. La maggior parte della popolazione dunque consiste di contadini poveri, o più precisamente, da proletari agricoli. Il proletariato industriale è stato decimato, sebbene i settori estrattivi rimangano importanti (petrolio e cromo) e c'è un gran numero di piccoli negozi comparsi nell'ultimo periodo, dove si lavora moltissimo per una miseria. L'utilizzo della capacità produttiva è crollato al 10%. Questo significa che interi settori della vecchia industria o sono fermi o sono stati chiusi. Il reddito pro capite annuale è di 360 dollari. Ci sono 400.000 disoccupati in una popolazione di 3,4 milioni. Tuttavia, come dichiara Il Sole 24 Ore, è difficile avere cifre affidabili sull'economia albanese. Apparentemente ci sono 500 nuove aziende aperte da imprenditori italiani che impiegano circa 50.000 lavoratori. Cos" vediamo un crollo generale dell'economia, mentre allo stesso tempo una minoranza si arricchisce, sulla base dei bassi salari.
C'è stato un limitato afflusso di investimenti esteri, che si avvantaggiavano dei salari pietosamente bassi. Italia, Germania e Grecia sono le principali fonte di investimenti in quell'ordine. Il capitale tedesco si è preso le industrie chiave del cromo ed è parzialmente coinvolto nelle infrastrutture. Il capitale italiano e greco si trova in parte nelle piccole fabbriche (tessile ecc.), in parte nel settore delle costruzioni. La maggior parte dell'industria statale che esisteva prima è stata distrutta. La disoccupazione che ne è risultata non può essere assorbita dalle imprese private. Cos", anche se qualcuno ha fatto un sacco di soldi, la maggior parte è stata costretta ad arrangiarsi come può. Il risultato è stato che una parte della popolazione è stata costretta per sopravvivere ad affidarsi all'economia illegale che è fiorita intorno al traffico di droga, al contrabbando (specialmente il commercio di petrolio con la Serbia, contravvenendo all'embargo, durante la guerra in Bosnia) e cos" via.
Anche dove c'è stata una certa crescita, essa è stata a spese della classe operaia. L'atteggiamento dei capitalisti stranieri verso l'Albania è di superiorità nazionale, si potrebbe dire quasi razzista. Abbiamo un esempio interessante di rapporti tra questi capitalisti gangster italiani e la popolazione locale. Una delle industrie che sono state esportate dall'Italia all'Albania e quella calzaturiera e tessile, dove predominano le donne nella forza-lavoro. In Albania migliaia di donne sono impiegate in questo settore, dove lavorando sei giorni alla settimana prendono circa 1200.000 lire nette. Nel complesso i costi di produzione per i capitalisti italiani che investono in Albania sono la metà che in Italia. La Stampa riportava ancora in ottobre (2/10/96) le condizioni in cui lavorano. L'articolo parlava di un capitalista, della Albaco Shoes, che diceva:
"Sa cos'è stato impararle a star sedute sette ore? (...) Ma adesso ti rendono già l'80% delle italiane, a 120mila lire nette al mese." Lo stesso "imprenditore" ha aggiunto: "Mi sento ringiovanito di vent'anni. Sono un maestro per queste ragazze che quando arrivai avevano i peli lunghi cos" sulle gambe e adesso si passano tutte, dico tutte, sulle labbra un rossetto da mille lire come segno di libertà... Quando hai assaggiato la donna albanese non torni più indietro." Un altro capitalista, un certo Cortellino, dell'impresa Cofra di Barletta, ha detto "Parliamoci chiaro, quelle ti saltano addosso anche perché il maschio albanese che mangia pane e cipolla non dà la stessa soddisfazione dell'europeo ben nutrito. Ma sono brutte, sporche. Allora so di un collega che tra 300 ne ha presa una. L'ha sgrassata, lisciata, vestita e se la porta appresso." Pochi giorni dopo queste interviste sono state pubblicate questi stessi lavoratori hanno organizzato uno sciopero di 48 ore. La produzione è stata bloccata e questi padroni italiani improvvisamente si sentivano meno sicuri. Sentivano l'ostilità della popolazione locale. Per questo alcuni dipendenti italiani della fabbrica chiedevano di essere trasferiti.
Questo semplice incidente mostra che il processo si stava già sviluppando. Rivela il vero atteggiamento dei lavoratori albanesi verso i padroni italiani. Se vi aggiungiamo la povertà diffusa e alla fine la perdita dei risparmi subita da un largo strato delle famiglie, possiamo capire le ragioni dell'esplosione.
Un governo di criminali
La gente ha avuto una lezione molto amara di come funziona il capitalismo. Anche prima, l'Albania era un paese molto povero. Ma i problemi di prima sono niente in confronto al disastro economico conseguente al tentativo di restaurare il capitalismo. In cinque anni, la maggior parte dell'industria è stata distrutta. Ci sono 400.000 disoccupati secondo le stime ufficiali, ma in realtà la situazione è molto peggiore. L'impoverimento è totale. Ancora una volta vediamo la nauseante ipocrisia dei media occidentali, che cercano di presentare gli albanesi come criminali, spacciatori, contrabbandieri ecc. Quello che non spiegano è come la nascente classe capitalista in Albania, con l'appoggio entusiasta dei governi occidentali e dell'Fmi, abbia distrutto la base industriale del Paese, riducendo moltissima gente a elemosinare. In queste condizioni, non sorprende che la gente cerchi di sopravvivere come può. La disperazione delle masse si vede nell'esodo di massa dei profughi dopo il 1990, quando decine di migliaia di poveri hanno rischiato la propria vita a bordo di piccole barche oppure valicando pericolose montagne per cercare un lavoro, da mangiare per le proprie famiglie. Nella misura in cui esiste tale abominio, ne sono totalmente responsabili i capitalisti mafiosi albanesi ed i loro sostenitori europei e americani.
Lo slogan elettorale di Berisha, "con me vinciamo tutti" è stato trasformato nella coscienza popolare in "con me veniamo fregati tutti". La rabbia della popolazione è rivolta verso la nuova classe di miliardari e il governo di ladri. L'espressione più lampante della situazione era il dominio dell'economia da parte delle cosiddette "piramidi". In un atto di disperazione molte famiglie alla fame hanno investito i loro miseri risparmi in quello che si è rivelata una frode mostruosa. é chiaro che il governo e il partito di Berisha erano profondamente coinvolti in questa truffa. Perché cos" tante persone hanno investito in queste strutture? Molte famiglie albanesi dipendono dai soldi che ricevono dai propri familiari che lavorano all'estero. Lavorando, solitamente in condizioni terribili e a ritmi massacranti in Grecia e in Italia, gli albanesi ritagliano qualche soldo dai propri salari da spedire alle proprie famiglie. Perciò, la promessa di tassi d'interesse sui risparmi, garantiti, molto alti era irresistibile per molte famiglie. Questo è in realtà un sintomo di disperazione, come molte persone povere in Gran Bretagna o altrove spendono molti soldi sul Totocalcio, sulle scommesse e sulle lotterie. Negli Usa, nel periodo della depressione, esistevano simili piramidi e attiravano soldi dai piccoli risparmiatori che vennero imbrogliati nello stesso modo.
La scintilla che ha provocato l'incendio è stata la bancarotta delle finanziarie che promettevano tassi d'interesse fino al 100 per cento al mese a chi investiva. Nel dicembre del 1996 le piramidi cominciavano a crollare. Tutti i proprietari di queste finanziarie tranne Alimucaj sono attualmente in prigione. Decine di migliaia di albanesi avevano venduto tutti i propri beni, incluse le case, per mettere i propri risparmi nei conti di questi truffatori. Hanno perso tutto. Le persone responsabili di questa frode appartengono tutte alla cricca attorno al presidente Berisha. Dopo un mese di proteste e manifestazioni di massa nelle principali città albanesi, scavalcando i partiti d'opposizione, che hanno portato a molti morti a causa della polizia, la popolazione alla fine ha perso la pazienza.
Guarda caso il Fmi, che si è sempre mostrato un critico spietato dei governi che seguono politica di "irresponsabilità finanziaria" (di solito quando usano le risorse per lo stato sociale) ha avuto un attacco improvviso di miopia sugli scandali finanziari in Albania. La citazione seguente è di un articolo della stampa albanese intitolato "Il Fmi un complice nell'usura":
"é stato solo nel settembre dello scorso anno, quando le piramidi albanesi hanno inghiottito tutti i risparmi albanesi, che ammontavano a 1200 milioni di dollari, che il direttore generale del Fmi Michel Camdessus scrisse al presidente Berisha per avvertirlo delle catastrofiche conseguenze che erano allora divenute inevitabili. Le piramidi hanno assorbito almeno tre quarti dei fondi del Paese, annullando ogni possibilità per investimenti seri. Il Fmi sperava che il paese a cui aveva fatto cos" tanta pubblicità avrebbe controllato la situazione, ma forse non prevedeva che Berisha avesse legato le sue fortune politiche a quella degli usurai. Ad ogni costo, il Fmi prefer" non dichiararsi in pubblico, per rispetto dello zelo che Berisha e Meksi, scolari modelli del Fmi, avevano dimostrato." (Tirana Koha Jone 29/1/97)
La complicità di questi rispettabili gentiluomini ben vestiti dell'Fmi sembra essere andata oltre. Un commentatore tedesco, F. MŸnzel, nota che il Fmi, nella sua smania di sostenere Berisha e sostenere il "libero mercato" in Albania, ha di fatto bloccato la legislazione che avrebbe fermato lo scandalo delle piramidi:
"Il successo delle piramidi albanesi", scrive, "è di solito criticato sulla base della stupidità e/o corruzione o totale pazzia degli albanesi in generale e del loro governo in particolare. In altre parole, questa gente deve dare la colpa a se stessa e basta. Davvero? Nel 1992, il parlamento albanese ha approvato una legge bancaria, preparata probabilmente da una squadra di esperti dell'Fmi presso la banca centrale albanese, la Banka e Shqip'ris' (BS). Con questa legge, la BS vigilava sulle banche commerciali ('banche' che includevano tutte le imprese del settore, senza distinguere se si definivano o meno banche oppure altro, ad esempio le 'fondazioni'). L'articolo 28 della legge dichiarava che la BS poteva imporre certi tassi alle banche commerciali in base alle loro 'circostanze', come i loro tassi di interesse o altri tassi, ed in particolare la BS poteva chiedere alle banche di stabilire un fondo-riserva presso la BS per garantire che la banca potesse soddisfare i propri creditori. Detto chiaramente, quando una banca pagava tassi d'interesse pericolosamente alti, la BS, come autorità di vigilanza delle banche commerciali, doveva chiedere alla banca di versare fondi come salvaguardia dei depositanti. Alla fine del 1994, un disegno di legge sulla bancarotta venne discusso in parlamento. Esso includeva un articolo speciale sulle banche (anche qui intendendo tutte le imprese del settore, senza considerazioni sulla loro denominazione) che stabiliva che le banche avrebbero dovuto creare un fondo di tutela dei depositi controllato dalla BS. Il team dell'Fmi presso la BS chiese di eliminare questo articolo perché era "in quel momento incoerente con i consigli degli esperti dell'Fmi". (Non vennero fornite altre spiegazioni). Inoltre, gli esperti dell'Fmi consigliarono che la normale procedura di bancarotta non si dovessero applicare alle banche perché avrebbe significato che i creditori di una banca insolvente potevano chiedere alla banca di cessare le proprie operazioni. Questo non era consigliabile, dichiarò un esperto dell'Fmi, perché 'in Albania, che ha cos" poche banche, questo forse è un problema solo per le autorità di vigilanza bancaria', ovvero la BS.
"L'esperto estero che aveva scritto la bozza della legge sull'insolvenza protestò. La protezione dei depositanti dovrebbe essere il centro di un sistema bancario in Albania, diceva, e avvert" nel giugno del 1995 che l'insufficiente protezione dei depositanti poteva finire in manifestazioni dei 'piccoli creditori' davanti alle banche chiuse, con bandiere rosse e manifesti che accusavano i funzionari della banca nazionale di cospirazione con il capitale occidentale o la mafia, per sfruttare e distruggere il popolo'.
"I consiglieri dell'Fmi non hanno ascoltato. Su loro consiglio, il fondo tutela depositi e l'applicazione completa della legge sull'insolvenza alle banche vennero cancellati. La vigilanza da parte della BS rimaneva l'unica salvaguardia dei depositanti contro le banche disoneste. E presto qualcosa venne fatto anche per questo.
"Nel febbraio del 1996, il parlamento albanese approvò una nuova legge bancaria. Era scritta in un albanese talmente brutto che i poveri deputati potevano a fatica comprenderla; questa poteva essere la ragione per cui venne votata, certamente impressionavano molto i suoi tecnicismi arcani. Era evidentemente una traduzione parola per parola da un originale inglese, cos" che si poteva senz'altro presumere che questo, ancora una volta, era il lavoro di qualche esperto dell'Fmi a cui tutti alla BS credevano ciecamente in quel periodo, proprio come tutti credevano in quelle piramidi. Con questa nuova legge la BS rimaneva il controllore delle banche commerciali (e 'fondazioni' ecc.) ma le vecchie regole sulle riserve che la BS avrebbe dovuto imporre alle banche che offrivano prestiti a interessi pericolosamente alti venne eliminata.
"In breve: la squadra dell'Fmi presso la banca centrale albanese ostacolò la legislazione in corso di approvazione sulla salvaguardia dei depositanti. Inoltre consigliò di abolire la legislazione esistente sullo stesso argomento, nel febbraio del 1996, quando la minaccia rappresentata dalle banche fraudolenti avrebbe dovuto essere evidente a chiunque avesse un minimo di esperienza in materia bancaria di qualsiasi paese, per non dire dell'est europeo. Sembra anche evidente che la squadra dell'Fmi presso la BS non ha usato la sua influenza per costringere la banca centrale a portare avanti i propri compiti di vigilanza e fermare in tempo le piramidi, forse perché questi esperti credevano che l'Albania avesse bisogno di tutte le banche che poteva ottenere, oneste o fraudolenti. Solo nell'autunno del 1996, quando le piramidi operavano da 2-3 anni, l'Fmi chiese al presidente Berisha di agire. In quel momento era troppo tardi, e ogni soluzione morbida era impossibile.
"Se gli albanesi inesperti erano dei matti a credere nelle piramidi, come possiamo definire lo stato mentale di questi esperti dell'Fmi? Chi si deve prendere la colpa per il danno e chi deve pagare?"
Gli investitori rovinati non dubitavano di dove stava la colpa per la propria tragedia personale e chi dovesse pagare. Disperata, le gente scese in piazza. Ma invece di ottenere una risposta di comprensione da parte dei propri rappresentanti eletti, ottennero una risposta che di solito si associa con Maria Antonietta ("se non hanno pane che mangino brioches"). Berisha informò l'Fmi che il denaro albanese è "il più pulito del mondo" e che i tassi d'interesse offerti dalle piramidi era garantito (c'era chi offriva il 170%). Ancora meglio, dopo che venne annunciata la prima bancarotta, il ministro delle finanze Riouan Bode disse che: "Questo è il capitalismo; le imprese possono fallire". Quando gli fu chiesto se avrebbe preso qualche misura, rispose che, dato che le piramidi erano "istituzioni di carità", non aveva controllo su di esse.
Queste "istituzioni di carità" hanno rubato agli albanesi almeno 2 miliardi di dollari e nel contempo hanno arricchito favolosamente qualcuno. Non solo il presidente e il suo partito non riuscirono a controllare queste piramidi, in cui decine di migliaia di persone (oltre il 33% della popolazione, secondo alcune stime) hanno perso tutti i propri risparmi. Il governo è accusato non solo di negligenza rispetto a queste piramidi, ma anche di averci guadagnato. Una delle maggiori finanziarie, la Vefa, diretta da Vebia Alimucaj, contribu" finanziariamente alla campagna elettorale del 1996 del Partito Democratico. Alimucaj, uno degli uomini più ricchi dell'Albania, è anche uno dei rappresentanti albanesi alla Nato, a Bruxelles.
(...)
Londra, 16 marzo 1997
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